
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ascoltiamo il presidente iraniano Hassan Rouhani: «L’Iran è il Paese più sicuro e stabile della regione. L’Iran non attaccherà nessun Paese e non entrerà nelle decisioni di altri Paesi. L’Iran si difende con forza, ha regolamenti affidabili e non mancherà ai propri impegni nei confronti di altri Paesi, sia a livello pubblico che privato. Perché abbiamo sempre rispettato i nostri impegni internazionali. Siamo un popolo di grande cultura e civiltà, come gli italiani».
• Una bella differenza con le sparate del suo predecessore Ahmadinejad, che ogni cinque minuti voleva distruggere Israele.
Rouhani, sempre ieri, ha anche detto: «La chiesa, la sinagoga e la moschea devono stare una accanto all’altra. Anzi, dobbiamo preservare prima la chiesa, poi la sinagoga, poi la moschea. Questa è la cultura della tolleranza che ci insegna il Corano».
• A chi il presidente iraniano ha detto queste belle parole?
Al Papa. Rouhani sta viaggiando in Occidente poche settimane dopo l’intesa sul nuleare con gli Stati Uniti, con la Germania e con gli altri quattro membri del consiglio di sicurezza dell’Onu. Si dà un grande significato al fatto che il primo paese di questo tour sia l’Italia. E forse è vero. Prima delle sanzioni, nove anni fa, l’Italia era il primo partner commerciale dell’Iran. Le sanzioni, provocate allora dalla notizia che Teheran arricchiva l’uranio per fabbricarsi la bomba atomica, hanno ridotto drasticamente l’interscambio tra noi e loro. Ma immagini un po’ chi è diventato il primo partner di Teheran nel frattempo?
• La Germania.
Bravissimo. E, naturalmente, appena finite le sanzioni si sono precipitati tutti a stringere accordi o a mandare messi laggiù per fare affari. Mentre tutto il mondo sembra sazio, annoiato e privo di voglia di comprare, l’Iran è un paese di 90 milioni di abitanti, con il 28 per cento di diciottenni, cioè con una massa giovanile da fare invidia soprattutto a noi, tutta gente affamata di modernità e di occidente. Rouhani, l’altro giorno, mentre firmava in Campidoglio un bel pacco di contratti commerciali (c’era Renzi, che ricambierà la visita prima della fine dell’anno), ha ancora detto: «Considerateci un ponte verso l’Asia, aperto al vostro made in Italy. I nostri porti, la nostra rete ferroviaria, sono a vostra disposizione. Possiamo diventare una base commerciale della vostra produzione per molte destinazioni internazionali. E vi assicuro che l’Iran si aprirà anche dal punto di vista finanziario, un’occasione per molte vostre banche e assicurazioni, che speriamo venga accolta con favore». L’Iran - il presidente lo ha detto apertamente - vuole recuperare il tempo perduto con le sanzioni. La cosa per noi è molto ghiotta. Quando Bush venne a Roma nel 2007 e le sanzioni erano appena state decise, Prodi, in quel momento capo del governo, disse al presidente americano (a cui Prodi non piaceva): «Caro amico, sappia almeno che queste sanzioni contro l’Iran all’Italia costano un sacco di soldi».
• Di che cifre stiamo parlando?
A quel tempo l’export italiano verso l’Iran si aggirava sui quattro miliardi. Le intese che si stanno stringendo adesso riguardano una quantità di comparti: minerali, macchine per produrre acciaio e alluminio, navi, binari e vagoni, elettronica, un gasdotto lungo quanto l’Italia, gli Atr di Finmeccanica, metropolitane, alcune migliaia di chilometri di rete ferroviaria, strade, porti, 70 locomotori, 600 propulsori marini, tre ospedali, la ristrutturazione di alcune raffinerie. Il totale fa 17 miliardi, numero che secondo l’opinione generale è destinato ad allargarsi. Stanno facendo buoni affari anche i francesi, che hanno venduto a Teheran 114 airbus («ormai vendono solo gli airbus», dicono i nostri), e i tedeschi della Daimler che, appena finite le sanzioni, hanno piazzato i loro veicoli industriali.
• Durante questo viaggio non si è parlato di politica?
Col Papa, Rouhani ha parlato soprattutto di pace e di religione. Francesco ha detto di sperare nella pace e ha esortato gli iraniani a un’iniziativa politica che faccia cessare i conflitti in Medio Oriente. Rouhani ha risposto con un bel «Santità, preghi per me». Nei giorni preedenti, cioè con Mattarella e Renzi, la politica aveva avuto un ruolo maggiore. Rouhani aveva esaltato il ruolo del negoziato, partendo proprio dall’accordo sul nucleare, e aveva lasciato senza reagire che Renzi gli parlasse «degli amici sauditi, degli amici israeliani». Sui sauditi, davanti a Mattarella, Rouhani, poco prima, era stato meno tenero: «Chi arma tanti terroristi in Siria? Chi compra il petrolio del Daesh? Chi paga tutti questi miliziani? Noi vogliamo risolvere i problemi col dialogo, ma basta ambiguità nella lotta al terrorismo», frase che può riferirsi anche ai turchi. Il nostro ministro Gentiloni ha riassunto: «L’Iran per ora non parla apertamente di uscita di scena di Assad (che sarebbe un loro alleato - ndr
), ma penso sia pronto a sostenere una transizione».
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