Gabriella Greison, Dove nasce la nuova fisica, Milano, Hoepli, 2015, pp. 160, euro 12,90., 27 gennaio 2016
Notizie tratte da: Gabriella Greison, Dove nasce la nuova fisica, Milano, Hoepli, 2015, pp. 160, euro 12,90
Notizie tratte da: Gabriella Greison, Dove nasce la nuova fisica, Milano, Hoepli, 2015, pp. 160, euro 12,90.
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Einstein arrivava sempre in ritardo alle cene con gli amici.
Durante i pranzi Einstein selezionava accuratamente il cibo e lo divideva per colori nel piatto.
Amava le salite, detestava le discese.
I Congressi Solvay, da Einstein soprannominati il luogo del «riposo delle streghe».
Ai Congressi Solvay si ritrovavano le grandi menti. I presenti raccontavano i loro studi, come se li stessero leggendo a voce alta nella propria stanza di casa.
Dopo ogni Congresso Solvay gli atti erano stampati , inviate ai singoli o archiviate nell’Istituto. Mentre oggi sono consultabili, in quegli anni per gli esterni era vietato visionarli.
Si racconta che l’obiezione di Meitner a Joliot-Curies durante una cena («Non riesco a vedere il positrone che la vostra ipotesi implica») fece calare il silenzio più profondo. Tutti finirono di mangiare, si ritirarono nelle stanze e si rividero il giorno seguente, all’apparenza come se nulla fosse stato.
Dal 30 ottobre al 3 novembre 1911 diciotto scienziati parteciparono al primo Congresso Solvay, incontro internazionale di fisica. Tra gli argomenti, la natura della luce. Mecenate: Ernest Gaston Joseph Solvay, chimico e industriale belga. Aveva invitato a sue spese i più famosi fisici del tempo, ospitandoli per cinque giorni all’Hotel Metropole di Bruxelles.
«La fisica è una scienza che merita il rango più alto possibile, al punto da poter essere trattata con filosofia, tanto da poter diventare un giorno “la” filosofia» (Ernest Solvay).
Tra i presenti al primo Congresso Solvay: Marie Curie, Henri Poincaré, Max Planck, Ernest Rutherford, Albert Einstein. Presiedeva la conferenza Hendrik Lorentz.
In una lettera spedita a Heinrich Zangger pochi giorni dopo la conclusione del primo Congresso, il 7 novembre 1911, Einstein scriveva: «H.A.Lorenz è una meraviglia di intelligenza e tatto. È un’opera d’arte vivente! A mio avviso era il più intelligente fra i teorici presenti». Su Poincaré: «Era in generale del tutto ostile e, nonostante la sua acutezza, dimostrava scarsa comprensione della situazione». In seguito, però, lo apprezzò molto, tanto da arrivare a dire: «Io non copio Poincaré, io sono Poincaré».
Solvay impiegava un anno per elaborare il resoconto finale dei congressi.
Ernest Solvay nacque in Belgio nel 1838.
Ernest Solvay sintetizzò la soda. Capì come creare industrialmente il carbonato di sodio a partire dal sale marino, dall’ammoniaca e dall’acido carbonico. A Rosignano Marittimo e a San Carlo si installarono le cave per l’estrazione del calcare, a Ponteginori quelle per l’estrazione del sale. Lo scalo ferroviario venne utilizzato per il trasporto e la commercializzazione dell’acqua marina impiegata per il raffreddamento durante la produzione. Il Comune, il 4 ottobre 1914, decise di ringraziare Ernest Solvay conferendogli la cittadinanza onoraria di Rosignano.
Karol Wojtyla durante la Seconda guerra mondiale lavorò per la Solvay.
Una delle frasi preferite di Solvay: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te».
Al primo Congresso, dal 29 ottobre al 4 novembre 1911, fu dato il titolo «Le domande correnti nella teoria cinetica e molecolare». Chairman avrebbe dovuto essere Max Planck. Invece fu H.A. Lorentz.
Lettera spedita da Édouard Herzen a Solvay dopo aver ricevuto l’invito al primo Congresso: «Io non ho nessuna intenzione di partecipare al vostro ritrovo, perché le mie argomentazioni sono molto alte e con nessuno posso condividere il mio lavoro. Solo Mr Planck può capire la questione, e con lui già parlo. Non sono d’accordo sulla sua “material gravity”, perché è una visione molto lontana dalla realtà, fin dal 1858 era possibile confutarla. Il concetto di base è che questo argomento implica una variazione di energia non nel continuo ma sotto forma di salti o gradi successivi, così come racconta anche Mr Planck».
Differenza tra premio Nobel e Congresso Solvay: il primo riguarda lavori già fatti, conclusi e approvati da tutti, mentre a Bruxelles si parla di lavori in corso, di studi in fase di realizzazione.
Quando Louis Pasteur a Parigi fu chiamato a parlare di microbiologia e batteri durante un festival, accorsero ad ascoltarlo più di cinquecento persone.
Per W. Whewell i fisici erano «coloro che conoscono le linee di forza che governano il mondo, e le sanno seguire» (1840).
Il laboratorio scientifico Cavendish, il più antico. Inaugurato nel 1874, è il dipartimento di Fisica dell’università di Cambridge. Era situato inizialmente nel New Museum Site, in Free School Lane, nel centro di Cambridge. Poi spostato nell’attuale West Cambridge all’inizio degli anni Settanta. Prende nome da Henry Cavendish, fisico del XIX secolo. Hanno vinto il Nobel 29 ricercatori del Cavendish.
«Nella scienza esiste solo la Fisica; tutto il resto è collezione di francobolli» (il chimico e fisico neozelandese Ernest Rutherford).
Tra gli apporti di Rutherford, il tempo di dimezzamento. Gli esperimenti lo avevano portato a concludere: un campione di materiale radioattivo utilizzava lo stesso tempo di metà del campione stesso per decadere. Ideò quindi un’applicazione pratica del fenomeno che aveva osservato: sfruttando questa costante, questo tasso costante di decadimento, era possibile determinare l’età effettiva della Terra. Ed è così che la Terra si rivelò essere molto più vecchia di quanto la maggior parte degli scienziati dell’epoca credesse.
Quando Napoleone chiese al fisico Pierre Simon Laplace: «Se ci fosse Dio, cosa penserebbe della sua esposizione sul sistema solare?», quello rispose: «Non considero questa ipotesi iniziale, signore».
Ludwig Boltzmann, che riportava ogni discussione alla matematica, fu soprannominato «terrorista algebrico».
Nel 1895 Marie Skłodowska sposò Pierre Curie. Partirono per il viaggio di nozze in bicicletta, nelle campagne francesi. In quel periodo la donna cercava un soggetto per la tesi di dottorato: aveva già scritto una lunga dissertazione sul magnetismo, ma doveva pensare a qualcosa di più grande. Chiese consiglio al marito che le suggerì: «Perché non lavoriamo sulle ultime scoperte di Becquerel?». Al ritorno, come prima cosa Marie replicò le esperienze di Becquerel, poi cercò se c’erano altre sostanze oltre all’uranio che emettessero raggi Becquerel o fossero radioattive. Trovò che la radioattività era una proprietà atomica, e da lì a scrivere il soggetto della tesi ci volle poco.
Per i loro esperimenti presero talmente tante radiazioni che si ammalarono presto. Pierre Curie morì giovane in un incidente stradale, invece Marie Curie arrivò a 67 anni, ma fu malata per tantissimo tempo. Morì per anemia plastica, uno dei disturbi che possono essere provocate da eccessiva esposizione alla radioattività.
Quando Frédéric Joliot, cognato di Marie Curie, esaminò i quaderni dei due scienziati li trovò fortemente contaminati.
Marie Curie, nominata professore alla Sorbona al posto del marito, appena scomparso. Il primo giorno in cattedra riprese la spiegazione al punto esatto in cui l’aveva lasciata il coniuge.
L’organizzazione mentale di Poincaré era particolare. Lavorava sempre per brevi periodi, nelle stesse ore. Si dedicava alle ricerche matematiche per quattro ore al giorno, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Leggeva gli articoli scientifici in serata. Quando affrontava un problema, lo risolveva prima mentalmente, e poi lo metteva su carta. Non amava mai tornare su quello che aveva fatto, per cambiarlo o correggerlo. Non dedicava mai tanto tempo a uno stesso problema, perché era convinto che il suo subconscio avrebbe continuato a elaborarlo anche mentre lui si dedicava a un altro concetto.
Poincaré, ambidestro e molto miope.
Poincaré divideva nel piatto i cibi a seconda dei colori. Faceva in modo, inoltre, che non si toccassero tra loro.
«Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso» (Albert Einstein in una lettera scritta nel 1952 a Carl Seelig).
«In Germania io sono considerato un tedesco, in Inghilterra io sono considerato un ebreo svizzero. Se divento impopolare per qualche mia affermazione, divento improvvisamente un ebreo svizzero in Germania, e un tedesco per gli inglesi» (Albert Einstein).
Nel 1905, nel giro di sette mesi, Einstein pubblicò sei lavori di livello assoluto. Primo, un articolo sull’effetto fotoelettrico, concernente l’estrazione di elettroni da un metallo colpito da quanti di luce, che nel 1926 prenderanno il nome di fotoni, ossia la radiazione elettromagnetica. Questo studio gli sarebbe valso il premio Nobel per la fisica nel 1921. Poi la sua tesi di dottorato sul tema Nuova determinazione delle dimensioni molecolari, che sarebbe diventato lo scritto di Einstein più citato nella letteratura scientifica degli anni Settanta. Quindi un articolo sul moto browniano, che costituiva uno sviluppo della sua tesi di dottorato. Poi una memoria dal titolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper che aveva come oggetto l’interazione fra corpi carichi in movimento e il campo elettromagnetico (che sarebbe diventata la teoria della relatività ristretta). Infine, un’altra memoria sulla relatività speciale, che conteneva la formula E=mc². Ultimissimo, un altro articolo sul moto browniano, che rielaborava quanto aveva già discusso in precedenza.
La teoria della relatività generale venne accolta con scetticismo da parte degli scienziati, perché derivava da ragionamenti matematici e analisi razionali, non da esperimenti o osservazioni. Ma nel 1919 le sue predizioni furono confermate dalle misurazioni effettuate dell’astrofisico Arthur Eddington durante un’eclissi solare: la luce emanata da una stella era deviata dalla gravità del Sole quando passava vicino a esso. Le osservazioni ebbero luogo il 29 maggio 1919 a Sobral, in Brasile, e nell’isola di Príncipe, nello Stato di São Tomé e Príncipe. Einstein scrisse su Planck, uno dei suoi detrattori di allora: «Non capiva nulla di fisica, perché durante l’eclissi del 1919 è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito la teoria, avrebbe fatto come me, e sarebbe andato a letto».
Il resoconto del primo Congresso Solvay (1911), scritto dai due segretari Paul Langevin e Maurice De Broglie, è lungo 450 pagine. Scritto in francese e pubblicato nel 1912.
La discussione più accesa al primo Congresso Solvay: sulla radiazione del corpo nero, cioè un corpo che assorbe tutta la radiazione.
I sovrani del Belgio invitavano gli scienziati a una cena d’apertura del Congresso. Einstein strinse amicizia con la regina Elisabetta del Belgio, con cui rimase in corrispondenza per anni.
Tra i primi ammiratori di Einstein, Marie Curie e Henry Poincaré. Furono loro a firmare una lettera di raccomandazione perché fosse assunto come professore ordinario al Politecnico di Zurigo. Ottenne la cattedra grazie alle insistenze di Poincaré, che addirittura andò di persona a raccontare la grandezza di Einstein.
Einstein, assunto a Zurigo nel 1912, ricevette la visita di Nernst e Planck che gli chiedevano di tornare in Germania, al Kaiser Wilhelm Institut o all’Accademia Prussiana, a sua scelta. Einstein si prese un giorno per pensare e disse che sarebbe tornato con una rosa: rossa se avesse accettato, bianca in caso contrario. Tornò con una rosa rossa (ma poi in Germania non si trovò bene).
Il Congresso più importante nella storia della fisica fu quello Solvay dell’ottobre 1927. Titolo: Elettroni e fotoni. Parteciparono 29 scienziati, 17 dei quali Nobel (premiati prima o dopo quella data). Born e Heisenberg dichiararono che la meccanica quantistica poteva essere la sola versione completa e irrevocabile delle teorie raccontate da tutti fin a quel periodo. Einstein non era del tutto convinto: è compito del fisico scoprire le leggi della natura che governano i movimenti delle particelle, che non richiedono teorie statistiche o probabilistiche. Il fatto che la meccanica quantistica sembrasse essere coerente solo con risultati statistici, e non potesse descrivere completamente ogni movimento, era per Einstein un’indicazione che era ancora una teoria incompleta. Einstein riconosceva il grande valore della teoria, ma suggeriva: «Non ci racconta tutta la storia!», perché, pur fornendo una descrizione appropriata a un certo livello, non dà informazioni sul livello sottostante, quello fondamentale.
«I nuovi ritrovi scientifici sono altri, e dislocati in vari punti del mondo: dall’università di Berkeley in California all’École Polytechnique di Parigi, dal Massachusetts Institute of Technology di Boston ai laboratori di Stanford, all’INFN in Italia, ai laboratori del Gran Sasso, al CERN di Ginevra (questi ultimi tre nati grazie alla spinta di Amaldi, del gruppo di via Panisperna). I nuovi ritrovi sono i luoghi dove si fanno grandi esperimenti. E tutto si muove intorno ai grandi acceleratori di particelle».
I primi acceleratori di particelle con apparecchi da laboratorio a partire dal 1925. Breit e Tuve in America costruirono un grosso trasformatore e cercarono di alimentarlo con un tubo di scarica. Lauritsen e Crane al California Institute of Technology fabbricarono dei trasformatori di cascata alimentati da grossi tubi a raggi X. Van de Graaf a Princeton costruì un tipo nuovo di macchina elettrostatica. Nel 1931 avvenne il fenomeno messo in piedi da Lawrence della accelerazione multipla, e la creazione del primo ciclotrone che aveva dimensioni di una mano. Col tempo diventarono più grandi. A Berkeley si costruì un sincrocilotrone da 184 pollici, che permise di formare coppie di protoni e antiprotoni.
Gli acceleratori più grandi si trovano al Fermi Lab di Batavia, Illinois, a Serpukhov in Russia, e a Brookhaven, N.Y., infine c’è quello lineare, lo SLAC lungo 3 km, a Palo Alto, in California.
All’Hotel Metropole di Bruxelles, in un qualsiasi giorno infrasettimanale estivo, può capitare d’incontrare Stephen Hawking. Dicono che sia il suo soggiorno preferito.