la Repubblica, 27 gennaio 2016
Gli altri Higuain d’Europa. Ecco quelli che segnano sempre (anche se spesso non sono famosi)
Non si può prevedere tutto, tranne il gol di questo pugno di uomini, gli Higuaín sparsi nel resto d’Europa, immarcabili quanto lui. Una certezza. Si comincia e le loro squadre partono come dall’uno a zero, giacché un pallone in porta quelli lo piazzano ogni volta. Noiosi sono, scontati, banali. Il brasiliano Alex Teixeira più di tutti gli altri. La Juve se lo ricorderà. Tre anni fa segnò in Champions allo Stadium, lui gioiello fra i gioielli dello Shakhtar di Lucescu. Nel frattempo Fernandinho se n’è andato al City, Mkhitaryan a Dortmund, Willian al Chelsea, mentre Teixeira è ancora là. Aspettando che qualcuno vada a liberarlo dal campionato ucraino, ha segnato 22 gol in 15 partite, più altri tre nel girone di Champions. Come sia possibile che in classifica la Dinamo Kiev abbia gli stessi punti dello Shakhtar, rimane da un lato un mistero e dall’altro una consolazione. Ci rassicura: il calcio resta uno sport di squadra. Lo stesso vale per Fernando Cavenaghi, argentino che una dozzina d’anni fa il mondo aspettava come l’erede di Batistuta e Crespo, meno enfaticamente definito «un culo grosso» da Ramón Díaz; oggi si gode la vista sul suo tramonto dai campi dell’isola di Cipro: 16 partite con l’Apoel, 17 gol, eppure la squadra è al terzo posto. Ai tempi in cui vinceva con la maglia del River, da avversario del Boca di Tévez, lo tenevano d’occhio Roma, Inter e soprattutto Juve, attraverso l’agente Nestor Sivori, figlio di Omar. Il passaporto non sarebbe stato un problema: Cavenaghi aveva un bisnonno lombardo, di Concorezzo.
Chi invece l’Italia l’ha conosciuta è Eran Zahavi, che a Tel Aviv giudicano il miglior calciatore israeliano della storia, mentre a Palermo ha resistito diciotto mesi, in quel costante via-vai di speranze e delusioni che diventano i mercati di Zamparini. Zahavi arrivò per il dopo-Pastore, si sistemò nel modulo di Mangia da esterno, come per i fantasisti prevede il 4-4-2, e al primo pallone toccato da titolare fece gol al Cagliari, venti secondi dopo la palla al centro. Da agosto, col numero 7 del Maccabi, guadagna meno che in Italia ma ha segnato 22 gol in 20 partite. Quelli in Champions al Basilea e al Porto li hanno visti con qualche rimpianto pure alla Samp, dove in estate Zahavi era un’idea alternativa a Cassano. C’è solo un problema: nonostante lui neppure il Maccabi è primo. L’Hapoel Beer Sheva ha un punto in più. Come non è capolista in Polonia il Legia Varsavia, staccato di 5 punti dalla testa pur con un Nemanja Nikolics da 21 reti in 21 partite. Aubameyang segna in Germania alla stessa media, ma il Borussia è otto punti dietro il Bayern. In Lituania i 20 gol su 20 di Panyukov non hanno fatto vincere lo scudetto all’Atlantas, né i 17 in 16 gare di Benzema servono al Real per tener dietro il Barcellona, e neppure l’Atlético. In Norvegia, gli 11 in 10 gare (dopo un crociato rotto) di Marcus Pedersen non hanno portato lo Strømsgodset più su del secondo posto. Sarà per questo allora che Allegri dice di non voler scambiare Dybala con Higuaín. Va a finire che il Napoli chiederà al suo Pipita di darsi una calmata.