la Repubblica, 27 gennaio 2016
Cronaca della guerriglia urbana dei tassisti francesi contro Uber
Una colonna di fumo annuncia di primo mattino la nuova protesta dei tassisti contro Uber. Blocchi stradali in tutta la città, falò di pneumatici in mezzo al traffico, barricate con molotov all’ingresso dell’aeroporto di Orly, momenti di tensione: due feriti e una ventina di arresti alla fine di un’altra giornata di passione. Parigi diventa capitale europea della protesta contro il gigante californiano che ha infranto l’antico monopolio delle licenze. Nelle vie della Ville Lumière va in scena lo scontro simbolico tra vecchia e nuova economia, tra un mercato regolamentato e chiuso per decenni, e l’applicazione che mette in relazione domanda e offerta senza più intermediazione dello Stato.
«Vogliamo riavere il mercato che ci è stato rubato» urla al megafono Ibrahima Sylla, presidente di Taxis de France davanti a oltre duemila conducenti, tra cui alcuni venuti anche da altri Paesi dell’Ue, inclusa l’Italia, mentre in diverse città della penisola, come Roma, Milano,Torino, Napoli e Firenze, ci sono state azioni di protesta e scioperi. «Dobbiamo essere protetti da questo terrorismo economico» aggiunge Sylla, poi ricevuto dal governo insieme ad altri sindacalisti.
Il premier Manuel Valls ha definito «inaccettabili» le violenze, ma ha deciso di nominare un mediatore per discutere con i tassisti. «I noleggi con conducenti devono essere vietati oppure dobbiamo essere risarciti» ha risposto il rappresentante di Taxis de France, che nonostante gli appelli del prefetto fino a tarda sera non ha voluto disperdere la manifestazione a Porte Maillot, vicino all’Arco di Trionfo.
A giugno i tassisti francesi avevano già paralizzato la città per protestare contro UberPop che permette a privati cittadini di improvvisarsi autisti a pagamento. Il governo aveva dato ragione alla corporazione e alla fine il gruppo americano aveva dovuto rinunciare al servizio. Adesso però i tassisti contestano l’esistenza dell’applicazione e delle tante altre società locali che offrono servizi di noleggio con conducente. Il governo ha già approvato, l’anno scorso, una legge per cercare di mettere delle regole a Uber e alle altre applicazioni. Ma alcuni limiti, come un’attesa minima di 15 minuti per avere un autista a noleggio, sono stati annullati dal Consiglio costituzionale.
Il governo deve muoversi tra lo scontento della categoria e un nuovo servizio che risponde alla carenza di taxi più volte lamentata dagli utenti. A Parigi il mercato è rimasto a lungo protetto: ci sono 17.600 licenze di taxi, solo 3mila in più dal Dopoguerra, mentre la popolazione è triplicata e ogni anno arrivano 30 milioni di turisti. L’arrivo di Uber ha sconvolto il servizio pubblico. «Nell’ultimo anno abbiamo perso un terzo del giro d’affari» spiega Karim Asnoun, del sindacato Cgt che denuncia il «far west» in cui i titolari di licenze devono muoversi. Uber e le altre applicazioni godono di un minor carico fiscale e contributivo, non devono rispettare una serie di obblighi formativi. Nell’arco di pochi mesi i tassisti hanno visto il valore delle loro licenze (fino a 200 mila euro) calare a picco. Il governo francese ha cominciato a discutere di un eventuale indennizzo per la corporazione. «Ma se lo Stato volesse ricomprare le licenze dovrebbe pagare almeno 4 miliardi di euro» spiega l’economista Guillaume Allègre. L’altra soluzione sarebbe caricare Uber e le nuove app di una tassa che serva a risarcire i tassisti. Il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, ne ha parlato al forum di Davos con il fondatore di Uber, Travis Kalanick. La risposta dell’imprenditore americano è stata ironica: «I produttori di automobili hanno dovuto pagare per la scomparsa delle carrozze a cavallo?». Uber ha invece proposto di aprire la sua applicazione ai tassisti tradizionali. Un’idea che difficilmente potrà essere accettata.