La Stampa, 27 gennaio 2016
Mario Greco lascia le Generali per la Zurich perché veniva trattato come un cameriere. Conseguenze
Francesco Spini per La Stampa
Fine di un’era, breve ma intensa. A soli tre anni e mezzo dall’arrivo alle Generali, l’amministratore delegato Mario Greco ha deciso di lasciare la guida della compagnia assicurativa: dal primo maggio sarà il numero uno della svizzera Zurich. Il manager ha comunicato al presidente del Leone, Gabriele Galateri, la propria «indisponibilità a un altro mandato», come si legge in una nota diffusa da Trieste. Greco ha nel contempo manifestato invece «piena disponibilità» a restare fino al termine di questo mandato che scadrà con l’approvazione del bilancio 2015 da parte dell’assemblea dei soci del 28 aprile. Della cosa, certamente, se ne parlerà a stretto giro, visto che Galateri «a breve», probabilmente già entro la settimana, convocherà una riunione del consiglio, che potrebbe anche decidere di conferire l’interim delle deleghe di capoazienda allo stesso presidente e dare più potere al direttore finanziario Alberto Minali.
Non è un fulmine a ciel sereno. Da settimane si rincorrevano voci di trattative in salita tra i soci del Leone e Greco sul rinnovo del contratto. Ha pesato un logorato rapporto con Mediobanca, primo azionista di Trieste col 13,3%, ma non solo. Anche con altri soci – peraltro sempre prodighi di pubbliche lodi per il manager – le incomprensioni non sono mancate. Greco nel frattempo è stato allettato da un’offerta si dice assai generosa della elvetica Zurich, gruppo assicurativo che a dicembre aveva perso il capoazienda Martin Senn, dimissionario, e che ora è guidata, ad interim, da Tom de Swaan. Per Greco sarà un ritorno, visto che, dopo Ras ed Eurizon, era restato in Zurich per 5 anni come ceo del «general insurance». Alla Zurich non sembra vero: «Mario offre una combinazione rara di spirito imprenditoriale, una profonda conoscenza dell’industria e una comprovata esperienza come ceo», esultano. E Greco pare non veda l’ora di varcare il confine: il manager con la passione della bicicletta si dice «onorato» della richiamata alle armi «in un momento critico come l’attuale per il settore assicurativo». E si dichiara fin d’ora certo del «nostro futuro successo», parlando già da svizzero. Più o meno le stesse parole che utilizzò il giugno del 2012, quando i soci lo designarono per subentrare a Giovanni Perissinotto, sfiduciato dal cda del Leone. Entrato in carica dal primo agosto del 2012, la sua è stata una rincorsa per recuperare la redditività perduta della compagnia che oggi dispone di circa 500 miliardi di euro di asset. Un’opera di ricostruzione che gli inglesi chiamano «turnaround». Non solo Greco, appena arrivato, aveva messo a punto un piano industriale triennale ambizioso, ma ne aveva centrato gli obiettivi con un anno di anticipo, nel 2014, riportando l’indice di solvibilità Solvency I sopra quota 160%, mandando il Roe operativo oltre il 13% e realizzando dismissioni per 4 miliardi. Già a maggio dello scorso anno con il nuovo piano aveva alzato l’asticella per lo sviluppo, promettendo ai soci un monte dividendi al 2018 superiore ai 5 miliardi. Il mercato, durante questo tragitto, l’ha sempre seguito. Dal suo insediamento a lunedì il titolo ha segnato un rialzo del 72% contro il 45% del Ftse Mib. Ieri alle prime indiscrezioni su un suo imminente addio il titolo è piombato, chiudendo in ribasso del 3,15% contro un listino positivo dell’1,5%. Segno tangibile che ora occorre fare in fretta e nominare un successore credibile. Circolano già i primi «papabili», come il direttore finanziario di Generali, Alberto Minali, l’ad di Generali Italia Philippe Donnet, ma anche un’esterna come Monica Mondardini, ad di Cir e del gruppo l’Espresso.
Francesco Manacorda per la Stampa
Il divorzio è stato annunciato ieri, ma già da sei mesi Mario Greco e i suoi azionisti dormivano – finanziariamente parlando – in camere separate. È lo scorso maggio quando Lorenzo Pellicioli, consigliere di Generali espressione della famiglia De Agostini e membro del comitato nomine della compagnia, avvicina Greco per proporgli un rinnovo triennale del contratto, prima ancora della scadenza dell’aprile 2016. I grandi soci del Leone, che hanno portato alla guida l’assicuratore di origini napoletane nel giugno del 2012, dopo la defenestrazione del presidente Cesare Geronzi e poi dell’amministratore delegato Giovanni Perissinotto sono soddisfatti dei risultati finanziari raggiunti e dell’opera di ristrutturazione del gruppo fatta da Greco. Unico neo, dal loro punto di vista, è proprio la difficoltà di rapporti con il nuovo ad che – lamentano – non pare apprezzare un consiglio d’amministrazione «tosto». Anche Greco, uomo di norma molto controllato e assai lontano dall’immagine classica dell’italiano ha qualcosa che non gli va giù: teme in particolare che Mediobanca, primo azionista delle Generali, possa usare la potenza di fuoco finanziaria della compagnia per seguire i suoi obiettivi, come ha fatto più di una volta in passato. Da piazzetta Cuccia lo rassicurano: non è certo per questo che è stato scelto un manager come lui. Ma la diffidenza resta.
I colloqui tra Greco e Pellicioli si susseguono, ma continuano a incagliarsi su un punto: l’amministratore delegato chiede un premio legato ai suoi risultati di lungo periodo e le proposte che gli vengono fatte dai soci non gli sembrano convincenti. Secondo alcune fonti gli viene offerto un pacchetto triennale che può arrivare a 29 milioni. In ottobre la pazienza di Pellicioli è esaurita e lo chiarisce a Greco in un colloquio teso. L’ad si dice sempre più convinto che i grandi soci non lo vogliano davvero alla guida per un altro triennio. La delicata pratica passa a Clemente Rebecchini, uomo di Mediobanca e vicepresidente di Generali, che non ha però miglior fortuna del suo predecessore. Il primo dicembre il gruppo svizzero Zurich annuncia che il suo amministratore delegato Martin Senn lascia: Greco è un candidato naturale alla successione. A quel punto, accusano i soci, è lui che sfugge al rinnovo del contratto per giocare fino in fondo la sua partita; che forse aveva cominciato già molto prima. Del resto Zurich capitalizza una volta e mezzo le Generali (30 miliardi di euro contro 22) e ha una maggiore proiezione internazionale. Mercoledì scorso Greco sbarca come di consueto a Davos. Ancora più riservato del solito, Greco è un ectoplasma che non si vedrà mai nei corridoi del World Economic Forum, dove pure circola il suo principale azionista, l’ad di Mediobanca Alberto Nagel. È in quelle ore di Davos, probabilmente, che si chiude il ritorno in casa Zurich.
Ultima scena lunedì scorso, l’altroieri, alla presentazione torinese di un libro di Fabio Corsico, manager del gruppo Caltagirone che a sua volta è grande azionista di Generali. Tra i presenti anche il presidente del Leone Gabriele Galateri, che discute con qualcuno la difficoltà di prevedere il comportamento di Greco. Ci sono presentimenti che le cose si stiano mettendo al peggio, ma ancora nessuna certezza. Lo stesso Galateri, del resto, ha in programma per il giorno successivo un colloquio con Greco. Eccolo, il colloquio, ieri pomeriggio, dopo le telefonate mattutine di preavviso ai grandi soci. Galateri si dice «rammaricato».
Tra i soci il clima non è certo di festa. Il braccio di ferro con l’ad – sostengono in molti – è stato quasi tutto legato alle sue difficoltà di rapporto. Inutile dire che lui la pensa in modo diametralmente opposto e se ne va sbattendo la porta: «Mi hanno trattato come un cameriere», ha detto ieri a chi lo ha sentito. Adesso Greco torna in Zurich, dove pure ha qualche conto da regolare: subito dopo la sua uscita Senn fece una svalutazione da oltre mezzo miliardo di dollari lasciando intendere che i conti non fossero a posto. Ma i problemi sembrano essere più che altro tra Milano e Trieste, dove trovare il successore di Greco non sarà facile: la partita per l’incarico si lega a quella della Telecom dove Vincent Bolloré – che è anche grande azionista del Leone – ha ormai preso il potere. E se Telecom con guida francese humanum est – pensano in molti – Generali sarebbe diabolicum.