ItaliaOggi, 27 gennaio 2016
Il giornalismo gonzo di Hunter S. Thompson, quello efficace di Ferrara e il futuro di Renzi nel privato
Sono un convinto, rigoroso seguace del gonzo journalism di Hunter S. Thompson (i miei Camei sono costruiti secondo i suoi principi, riducendone però la lunghezza da 10-15 mila battute alle mie 2.200-4.000: per questo ho molto apprezzato un pezzo di Giuliano Ferrara sul Foglio del 22 gennaio, «Un Renzi da leccarsi i baffi». Con grande ironia Giuliano si è spogliato di fronte ai lettori, raccontando frammenti della sua vita e delle sue sensibilità (proprio come chiede HST per entrare maggiormente in sintonia con i lettori), spiegando a noi foglianti come lui abbia apprezzato l’esplosiva efficacia, il tono, la sicurezza di tratto, del Matteo Renzi dell’ultima conferenza stampa.
A differenza di Giuliano, io non ho alcun interesse verso la politica politicante dei nostri leader, oggi vale per Renzi, ieri per Monti e Letta, ma varrebbe anche se al potere ci fossero Di Maio o Salvini: da individui di tal fatta (nulla di offensivo) non mi sono sentito e mai mi sentirei comunque rappresentato. Sono tutti personaggi televisivi inseriti nel grande palinsesto dell’Establishment occidentale. Il linguaggio di Renzi, tanto più si fa tecnicamente perfetto, tanto più lo rende alle mie orecchie meno credibile, sempre più simile a quello di Obama o di Draghi. Mi affascinano invece le sue strategie personali, i suoi comportamenti organizzativi, in quest’ottica mi ha colpito una frase di Ferrara, immagino marginale nell’economia del suo ragionamento, quando scrive: «...rivolto a un suo lieto futuro nel settore del privato...».
Non so perché Giuliano l’abbia lasciata cadere con tanta nonchalance, ma mi ha fatto molto piacere che veda Renzi nel Privato. Per me è la conferma di una teoria che studio da tempo, da parvenu, sia chiaro. Da oltre un secolo, al vertice del potere in Occidente c’è sempre stato, per definizione, un Politico che sovraintende al «Pubblico» e al «Privato». Costui, specie se eletto dal popolo, era il Sovrano (a tempo). Dopo la caduta del Muro, secondo un processo prima lento poi impetuoso, il mondo occidentale, a insaputa anche di noi della stampa, è cambiato. Il «Pubblico» si sta facendo sempre più «Privato» mentre il «Privato», attraverso una strategia di «consolidamento», diventa «Oligarchia». Così il capitalismo classico, sta lasciando il posto, e lo fa vigliaccamente, senza combattere, al ceo-capitalism. In altri termini, al vertice del potere si sono assisi nuovi sacerdoti, dagli inusuali paramenti sacri (tre varianti: felpe, golfini, simil Lebole), mentre i politici sono retrocessi al livello che, nella terminologia del management, si chiama «Executive vice president», cioè, lo dice la parola, quelli che sono «Vice», e hanno deleghe solo operative.
Renzi è l’unico dei politici (pardon degli EVP) che ha capito come il ceo-capitalisn stia vincendo, stia diventando il piatto ricco del potere e lui, giustamente, ci si ficca. Chi glielo fa fare, di continuare a combattere con la minoranza Dem, con la Sinistra parolaia, con una parte della Destra che non accetta di essere rappresentata da Verdini e tutto il resto delle comari del mercato politico, stampa compresa? Sai che noia andare in parlamento, sottoporsi a un corpo elettorale che nel suo caso si fa sempre più vecchio, e ? bla bla bla, ma siamo matti?
Meglio buttarsi nel privato. Le competenze necessarie per questo ruolo (costoro non sono manager ma deal maker) le ha tutte: a) “intelligenza ad ampio spettro orizzontale senza alcuna profondità”; b) padronanza assoluta del linguaggio e della comunicazione; c) scaltrezza naturale. Insomma, un vero uomo dell’Establishment, si è accorto di poter diventare un Tim Cook, un Larry Page, un Sergio Marchionne, per ora senza un patrimonio, ma il tempo sarà generoso con lui. Leggerò le parole e gli atti di Renzi secondo questa teoria, poi ne riparleremo.