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 2016  gennaio 27 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - L’ACCORDO SULLE BANCHE


L’incontro programmato da una settimana tra il ministro e la commissaria alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, è stato un lungo faccia a faccia che si è prolungato per ore in modo imprevisto, tanto da stravolgere l’agenda del ministro impegnato in una trattativa fiume per portare a casa un risultato che rassicuri gli investitori sulla salute del sistema bancario italiano.

REPUBBLICA.IT
MILANO - Dopo la lunga notte di trattative con l’Unione europea, il governo si prepara a varare le norme che definiscono un meccanismo di garanzia utile a smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari: le garanzia saranno fornite direttamente dallo Stato a condizioni di mercato in modo tale da non essere considerati aiuti di Stato da parte della Commissione europea. La manovra - spiega alla Camera il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan - non avrà alcun impatto su deficit e debito pubblico.
In attesa delle norme, il ministero dell’Economia in una nota ha spiegato i dettagli dell’operazione, che prevede appunto la concessione di garanzie dello Stato nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione di crediti in sofferenza (si tratta in sostanza della cessione di crediti attraverso l’emissioni di nuovi titoli obbligazionari nei quali gli stessi crediti verranno "impacchettati). Lo Stato garantirà soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni, quelle cioè più sicure: le in caso di eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese, infatti, non si può procedere al rimborso dei titoli più rischiosi (junior e mezzanini), se non saranno prima state integralmente rimborsate le tranche senior garantite dallo Stato.
Le garanzie, inoltre, possono essere richieste dalle banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull’ammontare garantito e - come detto - a un prezzo di mercato che sarà calcolato prendendo come riferimento quello dei Cds (credit default swap, ovvero assicurazioni contro il mancato pagamento dei titoli) degli emittenti italiani con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti.
Inoltre, il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata delle note, sia per introdurre nello schema un forte incentivo a recuperare velocemente i crediti. Il prezzo previsto per i primi tre anni è calcolato come media del mid price dei Cds a tre anni per gli emittenti con rating corrispondente a quello delle tranche garantite. Al quarto e quinto anno il prezzo aumenterà in conseguenza dell’applicazione di un primo step up (Cds a 5 anni) e del pagamento di una maggiorazione incentivante, a compensazione del minore tasso pagato per i primi 3 anni. Dal sesto anno in avanti il prezzo della garanzia sarà pieno (Cds a 7 anni). Per il sesto e settimo anno sarà anche dovuta una ulteriore maggiorazione incentivante, a compensazione del minore tasso pagato per i primi 5 anni. Il ministero dell’Economia sottolinea che l’operazione "non genererà oneri per il bilancio dello Stato" e "al contrario, si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva".

DAGOSPIA
1.BANCHE:MEF, DA GARANZIE CREDITI ATTESE ENTRATE ERARIO

(ANSA) - La concessione di garanzie dello Stato nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza delle banche definito dall’accordo di questa notte con la Ue "non genererà oneri per il bilancio dello Stato. Al contrario, si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva". Lo rende noto il Ministero dell’economia in una nota.



2.BANCHE: MEF, GARANZIA STATO SOLO SU TITOLI RATING ALTO

RENZI E PADOAN
RENZI E PADOAN

(ANSA) - "Lo Stato rilascerà la garanzia solo se i titoli" oggetto di cartolarizzazione "avranno preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all’Investment Grade, da un’agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla Bce". E’ quanto si legge nella nota del Tesoro sui dettagli dell’accordo fra Italia ed Ue sulle sofferenze bancarie, che quindi esclude i junk bond (titoli spazzatura) dal sistema di garanzie.



3.BANCHE: MEF, GARANZIE A PAGAMENTO CRESCENTI NEL TEMPO

antonio patuelli
antonio patuelli

(ANSA) - Le garanzie concesse dallo Stato "possono essere richieste dalle banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull’ammontare garantito". Lo rende noto il Mef dopo l’accordo di questa notte con la Ue. "Il prezzo della garanzia è di mercato, come riconosciuto anche dalla Commissione europea, che concorda sul fatto che lo schema non contempli aiuti di Stato.



Il prezzo sarà calcolato prendendo come riferimento i prezzi dei CDS (credit default swap, ndr) degli emittenti italiani con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti. Il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata delle note, sia per introdurre nello schema un forte incentivo a recuperare velocemente i crediti".





4.INTESA SULLE BANCHE TRA ITALIA E BRUXELLES PADOAN: “SARÀ UTILE”

Alberto D’Argenio per “la Repubblica”



Una maratona negoziale che termina alle dieci di sera. Ma alla fine sui crediti deteriorati delle banche italiane arriva il sospirato accordo tra governo e Commissione europea. L’intesa ruota intorno alla Cartolarizzazione delle sofferenze (Gacs). «Abbiamo raggiunto un accordo su un meccanismo di garanzia che rappresenta uno strumento molto utile per la gestione delle sofferenze » del sistema bancario, afferma Padoan lasciando il Berlaymont, il palazzo della Commissione europea dove era entrato intorno alle quattro e mezza del pomeriggio per incontrare la responsabile alla Concorrenza, Margrethe Vestager.

PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI
PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI



Si tratta del veicolo per scaricare i 200 miliardi di crediti deteriorati dalle banche che Bruxelles, per evitare ogni forma di illecito aiuto di Stato, ha smontato al punto che ormai alla vigilia dell’incontro veniva chiamata “bad bank light”. Non in grado da sola di risolvere tutti i problemi degli istituti, ma ormai quasi un feticcio da ottenere a ogni costo per evitare nuovi scossoni sui mercati dopo i crolli della scorsa settimana. Un insuccesso non sarebbe stato perdonato dagli investitori.



DRAGHI MERKEL
DRAGHI MERKEL

L’Italia già da tempo aveva rinunciato alla “bad bank grande”, quella classica di sistema, un unico veicolo che compra dalla banche a prezzo scontato i non performing loans e li gestisce al loro posto. Dopo le picconate della Commissione al progetto iniziale, due settimane fa il Tesoro aveva presentato l’ultima proposta secondo la quale ogni banca può creare una propria mini bad bank alla quale vendere i crediti scadenti. Con la facoltà di ottenere una garanzia pubblica a pagamento per assicurarsi contro eventuali perdite: se i crediti alla fine dovessero fruttare alla bad bank meno di quanto li ha pagati - ad esempio perché gli immobili del pacchetto acquistato non sono stati venduti - allora verrebbe indennizzato dalla garanzia pubblica.



Il nodo che ha inchiodato il negoziato per mesi e sul quale ieri Padoan e Vestager hanno discusso per cinque ore e mezzo, è il prezzo da pagare per ottenere la garanzia. Al prezzo di mercato, la richiesta della Commissione per evitare una condanna per aiuti di Stato.

Uscendo dalla riunione, Padoan ha spiegato che l’accordo sui Gacs «accompagna e si rafforza con le misure per la velocizzazione dei processi che sono state introdotte qualche mese fa». Uno strumento «che completa la scatola per gli attrezzi per gestire i crediti in sofferenza». Il meccanismo, ha aggiunto, «è un po’ più complicato di una garanzia statale, ma ha un sistema di incentivazione per accelerare i tempi».



MARGRETHE VESTAGER
MARGRETHE VESTAGER

Di fatto si tratta della possibilità per le banche di vendere alla propria bad bank titoli che contengono i crediti deteriorati. La garanzia arriva direttamente dal Tesoro, che mette a disposizione 40 miliardi (che impatteranno sul debito pubblico) per assicurarli. Il costo della garanzia aumenta nel corso del tempo, in modo da rendere più rapida la dismissione dei crediti tossici in pancia alle banche. I diversi livelli del prezzo - sempre di mercato - sono stati limati nella notte dai tecnici di Tesoro e Commissione. Bruxelles, con l’aiuto di un monitoring trustee controllerà l’attuazione dello schema per assicurare che non contenga aiuti di Stato.



Dombrovskis
Dombrovskis

La Vestager ha messo il sigillo sull’accordo assicurando che le garanzie per i crediti deteriorati «avranno un prezzo di mercato e quindi non costituiscono aiuto di Stato. È un passo importante per sostenere le banche italiane nella gestione dei loro crediti non esigibili e assieme alle altre riforme avviate e pianificate dovrebbe ulteriormente migliorare l’abilità delle banche a finanziare l’economia». Brinda anche il vicepresidente della Commissione, Vladis Dombrovskis: «Sono incoraggiato dall’intesa ».




Fabrizio Goria per corriere.it

Sono sempre di più, ma pochi li sanno gestire con profitto. Si tratta dei crediti dubbi, in gergo non performing loan (Npl). Con un ammontare complessivo di quasi 180 miliardi di euro a fine agosto, questa classe di asset in pancia alle banche italiane è diventata una delle più appetitose per gli investitori internazionali. Da Londra a Los Angeles, passando per New York, sono sempre di più i fondi che vogliono comprare i non performing loan degli istituti di credito italiani.

Il motivo per cui un fondo hedge, ad esempio, può trovare conveniente acquistare grandi pacchetti di crediti deteriorati è perché ritiene che il ciclo economico sia arrivato al punto più basso. Compra a poco e attende che il vento cambi. Nel frattempo, sostiene le banche tradizionali tramite liquidità immediata e la possibilità di ripulire i bilanci dai crediti incagliati. Del resto, la gestione di un incaglio o di una sofferenza, anche sotto il profilo legale, è costosa per l’istituto di credito. Meglio sbarazzarsene, migliorando anche i coefficienti patrimoniali in vista degli standard contabili di Basilea III.

In movimento

Davide Serra, fondatore Algebris
Davide Serra, fondatore Algebris

Uno degli ultimi ad avere messo gli occhi sui crediti dubbi degli istituti di credito italiani è Algebris, fondata da Davide Serra. La società finanziaria ha deciso di lanciare il fondo Algebris Npl Fund 1, il quale ha capitali per 400 milioni di euro ed è indicato agli investitori istituzionali. Dopo un’analisi del mercato italiano dei non performing loan, nel quale il 40% è rappresentato da crediti immobiliari residenziali ed è quello in cui opererà il fondo, Algebris ha stimato un rendimento annuo compreso fra il 15% e il 18%.

Come il fondo londinese, anche Ares Management, hedge fund basato a Los Ange les e creato da Antony Ressler, sta guardando con interesse sempre maggiore all’Italia. Come stanno facendo il fondo californiano, anche le newyorkesi Apollo Global Management, Cerberus Capital Management e Fortress, rispettivamente guidate da Leon Black, Steve Feinberg e Randal A. Nardone. Proprio Fortress, insieme a Prelios, è in discussione con UniCredit per l’acquisto di UniCredit credit management bank (Uccmb), la bad bank interna che gestisce circa 40 miliardi di euro di non performing loan. I grandi fondi , come BlackRock e Blackstone, non sono da meno.
Leon Black, alla guida di Apollo
Leon Black, alla guida di Apollo

Monitorano da mesi l’andamento e l’impressione degli addetti ai lavori è che proprio ora, terminati gli esami della Bce, ci saranno le prime aperture di posizioni. In casa Ci sono anche società italiane fra i protagonisti di questo mercato. La maggiore è Banca Ifis, nata nel 1983 grazie a Sebastien Egon Fürstenberg e capace, negli ultimi quattro anni, di entrare con sempre più forza nel settore dei crediti dubbi e delle sofferenze. A oggi il totale delle posizioni è di oltre 740.000 per un portafoglio totale di 5,4 miliardi di euro. E in luglio ha completato la più grande operazione del genere della sua storia: 1,263 miliardi di euro in crediti deteriorati comprati da Fiditalia, società del gruppo Société Générale, attraverso il veicolo Iustitia futura.

Come spiega a CorrierEconomia Giovanni Bossi, amministratore delegato di Banca Ifis, l’obiettivo di chi entra in questo segmento di mercato è ambizioso. «Se riuscissimo a smaltire, a liberare i bilanci dai crediti deteriorati, le banche potrebbero fare posto ad impieghi erogati a imprese e famiglie, incidendo in modo rilevante sul Pil», afferma Bossi. In pratica, si darebbe una grossa mano alla Bce.

L’istituzione guidata da Mario Draghi ha infatti lanciato diverse iniziative in grado di ripristinare i canali del credito nell’area euro. Come le operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine, con cui è pronta a prestare agli istituti di credito fino a 1.000 miliardi di euro. Inoltre, col programma di acquisti di covered bond e di titoli cartolarizzati. Tuttavia, spiega il numero uno di Ifis, «le limitazioni sul fronte del capitale delle banche continuano a rimanere la ragione per cui gli istituti non riescono ad erogare credito e accelerare sugli impieghi». La liquidità che non arriva dove dovrebbe arrivare è il problema maggiore per gli istituti creditizi della periferia dell’area euro. Una mano potrebbe arrivare da quelli che sono già stati ribattezzati nell’ambiente come «gli spazzini delle banche».

Dago darling,

davide serra matteo renzi maria elena boschi
davide serra matteo renzi maria elena boschi

domani il Sole riporterà ila notizia che Davidino Serra con la sua Algebris ha acquistato un portafoglio di crediti deteriorati (NPL) di Deutsche Bank. La battaglia sugli NPL comincia a farsi calda in Italia. Ce ne sono tanti (200 miliardi circa di sofferenze bancarie nel nostro sistema ) e tante società estere a Partire da Fortress sono molto interessate. Fortress ha da poco stretto un accordo con Prelios (che ha trovato il proprio capo ufficio stampa che cercava da luglio) per acquistare UCCMB la banca di UniCredit che ha in pancia gli NPL. Prelios conta di fare molti soldi dagli NPL ma non è sola. Algebris è un temibilissimo concorrente.

davide serra alla leopolda
davide serra alla leopolda

Happy new NPL!



Best

Comunicator Cortese


ILGIORNALE DEL 15/12


Le buone, la cattiva e i furbetti. Nel crac delle quattro popolari non sono solo le nuove (good) banche, ripulite dalle perdite e dai crediti deteriorati grazie al decreto del Governo, che possono far gola a chi nel mondo della finanza fiuta i buoni affari.

Sono i crediti «marci» della bad bank, i prestiti incagliati o in sofferenza difficili da riscuotere, la vera, potenziale miniera d’oro di chi saprà accaparrarseli. Quel tesoretto ha visto il valore nominale dei crediti difficili da esigere - chiamati npl, ossia «non performing loans» - venire svalutato al 17,6 per cento del totale. Una sforbiciata fenomenale: si è fissato il prezzo degli 8,5 miliardi di euro di crediti in appena 1,5 miliardi. Una cifra decisamente prudente. Il margine di guadagno, per chi volesse cimentarsi nell’operazione di recupero crediti, è probabilmente ben superiore: alcune stime parlano, al netto del prezzo del pacchetto npl, di un guadagno di almeno 2 miliardi di euro.Sull’appetibilità della bad bank, si è espresso anche l’ex presidente Giuseppe Fornasari. Nel suo sfogo con il Corriere della Sera, il penultimo boss di Bpel ha lasciato il veleno nella coda: «Il valore dei crediti deteriorati, i cosiddetti npl, è stato abbattuto dell’85 per cento. Per qualcuno sarà l’affare della vita...». Già, ma per chi? Non per i poveri ex azionisti, che hanno visto i loro titoli azzerati col fallimento de facto delle quattro vecchie banche. Né gli obbligazionisti subordinati, sul piede di guerra perché mollati pure loro con il cerino in mano e i risparmi in fumo, nonostante fossero spesso stati tenuto all’oscuro dei rischi che correvano. Quei crediti «marci» erano in fondo soldi loro, e invece il decreto del governo non destina nulla del prezzo di realizzo degli npl ai rispamiatori rimasti fregati, ma solo alle banche che hanno contribuito al salvataggio. Mentre l’«affare della vita», per dirla con Fornasari, è una questione riservata alle società specializzate nel recupero crediti problematici. Sono loro che attendono la costituzione della bad bank, che sarà gestita da Bankitalia, per accaparrarsene una fetta (o tutta intera) e mettersi al lavoro, cercando certosinamente di rientrare in possesso di tutti gli euro che possono. I soggetti potenzialmente in gioco sono tanti, tra questi Cerved Group, Fortress, Active Capital, Az Holding. Alcuni avrebbero già manifestato il proprio interesse con Bankitalia, allettati dalla possibilità di lucrare percentuali notevoli.

Ma tra gli operatori specializzati nel recupero degli npl c’è anche un nome noto, quello di Davide Serra, il finanziere renziano doc, sostenitore da sempre del premier fiorentino. Che in tempi meno sospetti si era già fatto avanti. A febbraio scorso, Milano Finanza raccontò come Algebris Npl Fund 1 (il fondo di Serra specializzato nei Non performing loans) aveva già proposto a Bankitalia - prima del commissariamento di Bpel - di «acquisire crediti deteriorati del valore nominale di 750 milioni di euro». Rilanciando la proposta dopo l’ormai celebre cdm che ha commissariato la banca popolare aretina. Se il fondo Npl di Serra ha già bussato due volte alle porte di Bankitalia, è legittimo considerare il finanziere renziano tra quanti puntano al pacchetto della bad bank. Tra l’altro, come ha scritto il sito d’informazione Linkiesta, una mano a chi si occupa di recupero crediti l’ha data una legge firmata dal governo Renzi ad agosto scorso. Che accelera i tempi di pignoramento degli immobili dei debitori. Rendendo più rapido, e di conseguenza più remunerativo, anche il lavoro degli esperti del credit management.
Massimo Malpica

FEDERICO FUBINI SU CORRIERE.IT
Il meccanismo, ha avvertito lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, è «un po’ più complicato» di una semplice garanzia statale o probabilmente anche di quanto il governo sperasse all’inizio. Ma ora c’è. L’accordo fra la Commissione europea e l’Italia su un metodo per aiutare le banche a vendere i propri crediti inesigibili è stato trovato solo martedì sera, al termine di un negoziato partito all’inizio di febbraio del 2015.

In un comunicato di mercole di mattina il ministero dell’Economia ha chiarito i contorni dell’accordo. «Lo Stato garantirà soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni, cioè quelle più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese», si legge. In sostanza, la garanzia sarà riservata solo ai segmenti di maggiore valore e affidabilità dei pacchetti di prestiti deteriorati che le banche cercheranno di cedere agli investitori. Questi ultimi poi potrebbero rilavorarli in modo da metterli sul mercato come titoli strutturati (composti da tanti piccoli crediti), che offriranno un flusso di cassa in base ai pagamenti residui da parte dei debitori o dalla vendita dei beni che questi avevano posto a garanzia dei prestiti stessi.

La garanzia – spiega il Tesoro - sarà condizionata al fatto che questi pacchetti di prestiti abbiano un rating (giudizio di affidabilità) di livello accettabile. E potrà essere richiesta sia dall’operatore che compra questi pacchetti dalle banche, che dalle banche stesse se intendono rilavorare e mettere sul mercato direttamente i propri crediti in difficoltà. Nel comunicato di questa mattina, il ministero dell’Economia spiega che il prezzo della garanzia sarà calcolato sulla base del prezzo delle assicurazioni in derivati (credit default swaps) a favore di titoli obbligazionari di livello di rischio comparabile a quello di quei crediti malati. In sostanza, ci saranno riferimenti di mercato automatici che determinano il valore delle garanzie. Ma più passano gli anni, più il prezzo della garanzia salirà per ogni singolo pacchetto di crediti cartolarizzati e messi sul mercato.

L’obiettivo ultimo dell’operazione è dunque chiaro: creare pacchetti di titoli composti da crediti deteriorati, ma di buona qualità. Questi ultimi poi potranno essere comprati dalla Banca centrale europea nelle sue operazioni di “quantitative easing”, acquisto di obbligazioni con moneta appena creata. Il solo dubbio è che sia troppo ridotto il volume di titoli di questa qualità elevata nella montagna di credito malato delle banche italiane.

È dunque un accordo limitato, ma è almeno un punto dal quale ripartire. A bocce ferme, sia il governo che la Commissione dovranno chiedersi cos’è che non ha funzionato. C’è voluto troppo tempo per arrivare a una decisione così importante per voltare pagina dopo la recessione. L’Italia paga senz’altro la lentezza con la quale ha maturato la scelta di un intervento a favore delle banche, a partire dall’ormai lontano 2011; ma paga probabilmente anche un negoziato che nell’ultimo anno non sempre è stato svolto con tutta l’efficacia necessaria da parte dei massimi vertici amministrativi del ministero dell’Economia.

La Commissione Ue per parte propria ha rivelato, accanto a una grande attenzione alle regole che limitano gli aiuti di Stato, alcuni atteggiamenti di una intransigenza a tratti irragionevole. Di certo il quadro di regole che obbligano a colpire i risparmiatori se anche un solo euro di intervento pubblico viene concesso alle banche, si sono dimostrate per quello che era prevedibile fossero: talmente rigide da rischiare di creare l’opposto di ciò per cui sono state disegnate, il contagio finanziario e l’insicurezza del risparmiatori, anziché la stabilità necessaria alla ripresa. Ma questo è il passato, e in politica come in finanza conta soprattutto il futuro. Quando i contorni dell’accordo di martedì sera diverranno chiari nei dettagli, a partire dai prossimi giorni, ci si renderà conto probabilmente che il meccanismo emerso dal negoziato di Padoan a Bruxelles è piuttosto minimalista. Non poteva essere altrimenti, a questo punto. Ma certo non rappresenterà di per sé il grande colpo di spugna che permette alle banche italiane di liberarsi di crediti inesigibili per 200 miliardi di euro senza registrare forti perdite in bilancio.

C’è però un lato positivo da non sottovalutare: comunque sia, ora la lunga incertezza è finita. Per quanto di minima, il meccanismo di garanzie per la gestione di quella montagna di prestiti cattivi adesso c’è e presto tutti lo conosceranno e ne misureranno esattamente l’efficacia. Avanzato o meno, questo è il punto dal quale l’Italia e le sue banche da oggi in poi potranno finalmente ripartire per mettersi alle spalle i postumi di una lunghissima recessione.

Quel patto Roma-Bruxelles se non altro aiuta a stabilire con più chiarezza le forze in campo e i valori intrinseci di ciascuna banca italiana, soprattutto di quelle più cariche di crediti in sofferenza come Montepaschi di Siena o il Banco Popolare di Verona. Il mercato detesta l’incertezza e almeno questo fattore destabilizzante sarà meno pericoloso da stamattina. A partire da qui, sarà più facile per tutti accelerare nel processo che da ora in poi dovrà portare a nuove aggregazioni fra banche medie e medio grandi in Italia. Le protagoniste saranno inevitabilmente Ubi di Bergamo, la Banca popolare di Milano, fra le banche più solide, e le stesso Montepaschi, il Banco Popolare e altre fra quelle meno in grado di condurre le danze.

Quello delle aggregazioni bancarie è il nuovo capitolo che si sta aprendo nell’economia italiana. Grazie anche all’accordo di ieri sera fra Padoan e Vestager. Forse non è abbastanza, ma non è poco.