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 2015  luglio 14 Martedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Gli europei, ancora in guerra tra loro sul documento di cui abbiamo parlato ieri, hanno infine raggiunto l’unanimità su un papello di richieste partorito dopo un vertice di 17 ore - record nella storia della Ue - con intervalli durante i quali hanno discusso da soli Merkel, Hollande, Tsipras e Tusk. In uno di questi quartetti, Tsipras a un certo punto s’è tolto la giacca e l’ha offerta agli avversari: «Volete anche questa?». La sostanza della proposta finale non è troppo dissimile dalla bozza precedente. I due punti essenziali restano: il Parlamento di Atene dovrà approvare entro domani un numero impressionante di riforme e con questo renderà possibile l’avvio di una trattativa per concordare un terzo piano d’aiuti; saranno poi conferiti a un fondo collocato ad Atene beni patrimoniali greci per un valore di 50 miliardi, il fondo sarà governato da personale greco ma subirà la supervisione di tecnici europei, e servirà a rimborsare i denari che saranno messi subito a disposizione per la ricapitalizzazione delle banche (25 miliardi). La Grecia è dilaniata dalle polemiche, dato che il pacchetto europeo è infinitamente più amaro di tutti quelli proposti finora e di sicuro più amaro di quello che con il referendum i greci hanno rifiutato. E Syriza è quasi di sicuro alla vigilia di una scissione, con l’ex ministro Varoufakis schierato dall’altra parte («io avevo un’altra idea»). Eppure le Borse sono convinte che a questo punto l’accordo sia cosa fatta e ieri hanno salutato l’avvio della settimana con bei rialzi.

Quante riforme dovranno approvare sotto il Partenone?
La lista precisa ancora non si sa. Si parla di sei capitoli incentrati sulle modifiche dell’Iva senza sconti per le isole (che sono già in rivolta), abolizione delle baby-pensioni, tagli di spesa, tasse per gli armatori, un autorità indipendente alla guida dell’Istituto di statistica, richiesta quest’ultima che dice a che punto sia arrivata la sfiducia nei confronti di Atene: in pratica la loro Istat non è affidabile - pensano a Bruxelles - trucca i dati. I creditori vogliono anche che siano abrogate tutte le leggi approvate in contrasto con gli accordi sottoscritti il 20 febbraio e che nessuna nuova legge sia presentata in Parlamento o comunicata all’opinione pubblica senza l’approvazione preventiva della Troika, che si accinge a tornare prepotentemente in campo. In pratica, Tsipras e Syriza devono rimangiarsi tutte le prove di forza esibite in questi mesi.  

E in che cambio di questo che cosa otterrà Atene?
L’approvazione di questo megapacchetto permetterà a Tsipras o a chi per lui (perché non è detto che il capo di Syriza non sia costretto a dimettersi) di sedersi al tavolo e cominciare a discutere del terzo piano di salvataggio. Vale a dire: il sì col fiato in gola del Parlamento ateniese non basterà ancora per ottenere gli aiuti, i quali saranno erogati con un controllo severissimo sulla parte successiva del programma di sacrifici: ampie riforme che risanino il sistema economico e i saldi di finanza pubblica, privatizzazione della rete elettrica, riforma del mercato del lavoro con abrogazione della contrattazione collettiva, riforma del sistema pensionistico, revisione della governance delle banche, e chi sa che altro. In cambio di questo ci sono subito 35 miliardi di investimenti Ue e 86 miliardi dell’Esm da erogare in tre anni, man mano che i creditori saranno certi del fatto che i greci tengono fede agli impegni sottoscritti, cosa mai avvenuta in passato. Un prestito-ponte permetterebbe ai greci di pagare i 3,5 miliardi di euro dovuti alla Bce e in scadenza il 20 luglio e gli altri impegni fino alla fine di agosto.  

Può un governo comunista come quello di Tsipras, che ha vinto le elezioni su un programma opposto a quello che Bruxelles sta imponendo alla Grecia, che s’è fatto autorizzare da un referendum a dire no a una piattaforme di richieste all’acqua di rose se confrontata a questa, far suo un memorandum come questo?
A logica no. E infatti il vero mistero è quello che succederà sulla scena politica di Atene. A Bruxelles amerebbero l’uscita di scena di Tsipras e la formazione di un governo di unità nazionale guidato da Yanis Stournaras, attuale governatore della Banca di Grecia, o dal suo predecessore Giorgios Provopoulos. L’evento in Grecia sarebbe vissuto come un colpo di stato. L’alternativa più probabile è che Syriza si spacchi e che Tsipras riesca a far passare entro domani le riforme grazie ai voti di una parte dei suoi e dei tre partiti di opposizione, To Potami, Nea Demokratia e Pasok. Sarebbe il preludio alla formazione di un nuovo governo sostenuto da questi tre partiti, forse guidato da Tsipras e forse no. In poco tempo arriveremmo alle elezioni anticipate.  

La stella di Tsipras, dopo tutto questo, non è in declino?
Anzi, i sondaggi lo fanno più forte di prima, con consensi che toccano il 40%. (leggi)

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