Corriere della Sera, 14 luglio 2015
Tutti contro la Corrida. Sono oltre 16.000 le feste popolari che si celebrano in Spagna, in cui il maltrattamento degli animali – anzitutto tori, ma anche galli, cavalli, topi, colombi o porci – provoca la morte di 60.000 animali l’anno. Ma ora i comuni del centrosinistra hanno deciso di darci un taglio e dimezzano (o azzerano) i fondi per queste manifestazioni: «Non abbiamo imposto nessun divieto: semplicemente, gli 11.000 euro per le feste taurine saranno destinati all’Area di benessere sociale. E chi voglia celebrarle lo stesso, lo faccia col proprio denaro»
«Tutte le cose che sono capaci di suscitare passione in loro difesa suscitano, allo stesso modo, passione contraria», scriveva Hemingway in Morte nel pomeriggio. Nel suo libro, pubblicato nel 1932 sulla cerimonia e le tradizioni delle corride spagnole, lo scrittore dell’Illinois rifletteva sulla natura della paura e la virtù del coraggio, elargiti simbolicamente nell’arena dal torero nei gesti rituali con i quali sfida corpo a corpo la morte. Hemingway era rimasto sedotto dalla tauromachia dopo aver partecipato alle corse dei tori di San Fermin, a Pamplona, che ispirarono il suo celebre Fiesta, best seller riuscito a dare dignità letteraria a “los encierros”, che dividono oggi più che mai quanti fanno il tifo per i corridori dai difensori dei tori, condannati alla mattanza. Questi ultimi sono passati all’aperta controffensiva nei comuni e regioni governati dalle liste popolari di sinistra.
LA SITUAZIONE
“Indignados” contro le corride e “i festejos”, le oltre 16.000 feste popolari che si celebrano in Spagna, in cui il maltrattamento degli animali – anzitutto tori, ma anche galli, cavalli, topi, colombi o porci – provoca la morte di 60.000 animali l’anno. Una realtà denunciata nel documentario Santa Fiesta, di Miguel Angel Rolland, realizzato con una campagna di crowfunding internazionale, girato clandestinamente durante 12 mesi, su iniziativa della piattaforma “Tortura non è cultura”, per arrivare alla soppressione delle feste. Da Bildu a Pamplona, a Podemos a Cadice, passando per il neo-sindaco di Madrid, Manuela Carmena, che ha disertato e rinunciato al palco nella Plaza de Toros di Las Ventas, riservato al Comune: il popolo della tauromachia teme l’abolizione delle corride, che pure il governo conservatore del Partido Pupular ha tentato di blindare, dichiarandole bene di interesse culturale nazionale. E lo teme al punto che il settore taurino ha tenuto ad apertura di stagione una riunione segreta fra toreri, picadores, allevatori e imprenditori, sulle strategie da affrontare nella nuova mappa politica, dove i governi popolari di sinistra potrebbero estendere il divieto delle corride, già esistente a Barcellona e in Catalogna, al resto del Paese.
Stop alla crudeltà sui tori, aveva promesso Podemos nel programma elettorale alle ultime amministrative, salvo poi far prevalere la ricerca di un più ampio consenso sulle rivendicazioni degli animalisti. Ma ci sono molti modi di dire addio alla Fiesta. E così, mentre a Pamplona si celebra oggi l’ottavo “encierro” di San Fermin della “semana grande” della Fiesta, con gli incornati di rito durante il pericoloso jogging davanti ai tori, fuori l’arena, nei bar de tapas e nelle sidrerie, non si parla d’altro: delle ostilità aperte non solo per sopprimere i combattimenti con i tori, ma per chiudere i rubinetti dei finanziamenti, vitali per la sopravvivenza della tradizione.
L’esempio più evidente, quello di Valencia, ex feudo del Pp, dove il cambio di governo nella maggioranza dei municipi della regione, ha comportato lo stop ai finanziamenti di 50.000 euro e la fine delle corride a Gandia; mentre gli abitanti di Xativa dovranno esprimersi in referendum sul divieto.
GLI ESEMPI
Ma anche il comune di Paiporta, governato dalla lista popolare di sinistra Compromis, o quelli della Coruña e di Sarria, nella Galizia del lontano nordovest, nuove roccaforti delle Maree Atlantiche e di Podemos, hanno cancellato gli aiuti ai festeggiamenti taurini, come i “bous a carrer”, i tori in strada. «Non abbiamo imposto nessun divieto: semplicemente, gli 11.000 euro per le feste taurine saranno destinati all’Area di benessere sociale. E chi voglia celebrarle lo stesso, lo faccia col proprio denaro e i permessi richiesti», taglia corto la nuova sindaco di Paiporta, Isabel Martin. Anche a Madrid, il governo di Podemos è stato chiaro: «Se vogliono sopravvivere, le corride dovranno autosostenersi». Un cambio di rotta che «è sintomo di una nuova tendenza, di un cambio di valori nella difesa degli animali», secondo il presidente dell’Associazione di Veterinari abolizionisti della Tauromachia, José Enrique Zaldivar. «I mammiferi e la maggioranza degli uccelli sono capaci di sentire emozioni», assicura il veterinario nel citare la Dichiarazione di Cambridge, del 2012, in cui noti esperti in neuroscienza assicurano che «i mammiferi hanno coscienza e possono sentire paura, frustrazione, piacere, dolore o stress, come gli esseri umani». Il municipio di Algemesí, sempre in provincia di Valencia, ha eliminato la fiesta che ha come protagonista un vitello di meno di un anno, che terminava linciato nella piazza, dopo essere stato infilzato con lance, spade e altri strumenti di tortura.
Al popolo taurino non basta più esibire i dati di un settore robusto, che muove 2 miliardi di euro l’anno e genera diecimila posti di lavoro. E non serve invocare l’interesse turistico per arginare la crescente opinione pubblica sempre meno disposta allo spettacolo di tori accoltellati o strangolati, vitelli infilzati, oche tirate al suolo dai campanari e galli squartati.