Cristiana Pulcinelli, l’Unità 14/7/2015, 14 luglio 2015
GLI SCIENZIATI: CINQUE ANNI PER AZZERARE IL CONTAGIO
Il 19 luglio a Vancouver si aprirà il meeting della International Aids Society. Nella stessa città nel 1996 si tenne la famosa conferenza internazionale in cui venne presentata per la prima volta la terapia combinata. Un momento storico perché, da allora, l’infezione da Hiv non è più stata una condanna a morte, ma una condizione con cui si può convivere, sia pure a prezzo di una terapia lunga tutta la vita.
A quasi vent’anni da quel momento, qual è la situazione che si trovano oggi ad affrontare gli scienziati che si sono dati appuntamento nella città canadese? La sfida, ricorda un articolo uscito sulla rivista Nature, è enorme: potremmo addirittura pensare alla fine dell’epidemia. Ma bisogna fare in fretta.
L’ottimismo è dovuto al fatto che il trattamento come prevenzione sembra avere successo. Trattare le persone con i farmaci antiretrovirali appena possibile dopo la diagnosi non solo sembra prevenire l’insorgere della malattia, ma impedisce anche la trasmissione del virus ad altre persone e quindi può bloccare l’epidemia. L’Unaids si è basata su questi successi per darsi un obiettivo ambizioso: il 90-90-90. Vuol dire che nel 2020 il 90% delle persone con l’Hiv conosceranno la loro condizione, il 90% delle persone a cui è stata diagnosticata un’infezione da Hiv riceveranno la terapia antiretrovirale e il 90% di quelli in terapia, raggiungeranno la soppressione virale.
Tuttavia, una commissione creata dalla stessa Unaids insieme alla rivista medica The Lancet, ha calcolato che la finestra di opportunità perché l’obiettivo 90-90-90 possa essere raggiunto è di soli 5 anni.
I membri della commissione fanno notare che il numero delle nuove infezioni sta diminuendo anno dopo anno via via che nuovi pazienti hanno accesso ai farmaci antiretrovirali e che si rafforzano i programmi di prevenzione e le politiche di lotta alla discriminazione. Nel 2013 il numero di nuove infezioni da Hiv è diminuito del 38% rispetto al 2001, giungendo a 2,1 milioni nel mondo. Allo stesso modo, il numero dei morti rimane elevato (1,5 milioni di persone), ma è comunque diminuito del 35% rispetto al 2005.
Tutto questo è avvenuto grazie agli investimenti fatti per l’allargamento dell’accesso alla terapia e per gli interventi di prevenzione. Nel 2013, circa 13 milioni di persone hanno ricevuto il trattamento, un aumento deciso rispetto ai dieci anni precedenti. Se questo trend continuasse, l’obiettivo di sviluppo del millennio fissato nel 2011, ovvero 15 milioni di persone in trattamento entro la fine del 2015, potrebbe addirittura essere superato. Ma – è questo il punto – questo trend continuerà? Oggi ci sono 35 milioni di persone che vivono con l’infezione da Hiv e ognuna di esse prima o poi dovrebbe avere accesso ai farmaci antiretrovirali.
Gli scenari elaborati dalla commissione mostrano che se tra il 2015 e il 2020 non aumenterà il tasso di espansione degli interventi, il numero delle nuove infezioni e delle morti per Aids potrebbe tornare a crescere. Invece, un maggiore investimento nei prossimi cinque anni potrebbe creare le condizioni per fermare l’epidemia nel 2030. Ma servono soldi: si calcola un investimento di circa 36 miliardi di dollari l’anno, quasi il doppio di quanto si spende oggi. Tuttavia, è un investimento che porterà risultati positivi non solo in termini di salute, ma anche per le economie dei Paesi più colpiti.