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 2015  luglio 15 Mercoledì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Un sacco di gente è felice perché americani e iraniani hanno raggiunto, dopo 13 anni, un accordo sul nucleare. Per esempio, la ministra degli Esteri europea Federica Mogherini («si apre un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali»), il suo omologo persiano Mohammad Javad Zarif («accordo non perfetto ma storico»), il presidente Obama («grazie all’accordo la comunità internazionale potrà verificare che l’Iran non sviluppi l’arma atomica») e il presidente iraniano Rohani («l’Iran non cercherà mai di dotarsi dell’arma atomica»). Ma un sacco di gente, per questo è accordo, è pure infelice: per esempio Israele, il cui premier Netanyahu ha definito l’intesa «un errore di proporzioni storiche», e che considera quella sottoscritta a Vienna «una licenza di uccidere» garantita a Teheran. Oppure i sauditi e, con loro, il mondo sunnita in genere, che hanno negli ayatollah sciiti il loro nemico principale. Ma questa è una delle ragioni che ha spinto Obama a lavorare per l’intesa: la sua idea di combattere l’Isis semplicemente aiutando le forze locali e non coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti sta in piedi solo se alla testa della ipotetica coalizione ci sono gli iraniani, principale potenza militare della regione. Con la complicazione, tutta levantina, che gli ayatollah, nel macello siriano, tengono per Assad, che a Washington considerano un nemico. Ma, d’altra parte, quale sarebbe l’amico dell’America in Siria?

Non ho capito se noi, di questo accordo, dobbiamo essere contenti o no.
Tendo a essere contento, perché vedo una causa di tensione mondiale affievolirsi. Però tutto dipende in fondo da Teheran. La questione, in termini semplificatissimi, riguarda l’uso dell’uranio, e cioè se l’Iran intenda adoperarlo per fornire l’energia  necessaria ad accendere la luce nelle case oppure se voglia arricchirlo in modo da potersi costruire la bomba atomica. È troppo presto per escludere che questa seconda strada, magari in futuro, magari di nascosto, sia intrapresa, dato che nell’intesa sottoscritta è assente una garanzia su Israele. Anche se non c’è più Ahmadinejad, non mancano iraniani con responsabilità politiche secondo i quali l’annientamento di Israele non è negoziabile. D’altra parte fino a poco tempo fa anche l’America era il regno del demonio, e tra i due paesi non ci sono relazioni diplomatiche fin dal 1979, dunque è difficile non ammettere che qualche passo avanti è stato fatto.  

Può Israele boicottare l’intesa?
Netanyahu ha aperto un sito in farsi (la lingua che si parla in Iran) per avvertire gli iraniani che questa intesa darà più forza alla repressione interna. E sta facendo campagna negli Stati Uniti, dove trova un terreno piuttosto fertile, dato che a livello di sondaggi agli americani questa apertura verso l’Iran non sembra piacere troppo. Sono in genere schierati con Tel Aviv i repubblicani, che hanno la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Una loro bocciatura dell’intesa, pressoché certa, può essere rintuzzata dal diritto di veto del presidente, che può a sua volta essere vanificato se la bocciatura è appoggiata da due terzi del Parlamento. Due terzi è tanto, ma da questa fissazione di Obama ha preso le distanze anche Hillary.  

In che consiste l’accordo?
È un testo molto complesso, sottoscritto non solo dall’Iran e dagli Stati Uniti, ma anche dagli altri membri membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cioè Francia, Russia, Cina, Regno Unito. In poche parole, Teheran si impegna a smantellare la gran parte dei siti dove si arricchisce l’uranio e accetta il principio che il suo impegno venga periodicamente verificato dagli ispettori dell’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica). In cambio saranno progressivamente tolte le sanzioni internazionali, vale a dire, principalmente, che l’Iran potrà ricominciare a vendere petrolio alla luce del sole e che le sue banche potranno riprendere il loro posto nel consesso della finanza mondiale. I capitali iraniani bloccati in Europa, in Cina e in India per le sanzioni ammonterebbero a un centinaio di miliardi.  

Basterà che questi capitali siano rimessi in circolo per far respirare un po’ anche la nostra economia?
Dovrebbe esserci qualcosa di più, e infatti le aziende e gli stati di tutto il mondo hanno da molte settimane i loro agenti a Teheran per stringere accordi vantaggiosi. Gli italiani, a quanto si sa, sono in prima fila e contendono ai tedeschi la posizione di primo partner europeo dell’Iran. Descalzi, ad dell’Eni, ha incontrato varie volte, tra maggio e giugno, il ministro del petrolio Bijan Zangeneh.  

Già, il petrolio. Che effetto avrà il ritorno degli ayatollah sul mercato?
Un guaio per i paesi produttori, e in particolare per i sauditi finora padroni incontrastati dell’Opec. Il ministero iraniano del petrolio s’aspetta cento miliardi di proventi dai nuovi contratti petroliferi e progetta di esportare 2,3 milioni di barili al giorno, contro gli attuali 1,2. Gli effetti di questa invasione sul prezzo del greggio sono ovvi. E forse addirittura drammatici per certe economie come quella russa se si pensa che da un anno in qua il petrolio già costa il 45% in meno. (leggi)

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