varie, 15 luglio 2015
APPUNTI SU PLUTONE E LA SONDA HORIZONS PER GAZZETTA
TULLIO AVOLEDO, CORRIERE DELLA SERA 15/7 –
Dopo un viaggio di nove anni e mezzo nello spazio, alle 13.49 di ieri la sonda spaziale New Horizons della Nasa ha compiuto un passaggio ravvicinato a 12.500 chilometri da Plutone. Il passaggio è durato mezz’ora, durante la quale la sonda, che volava a più di 50.000 km/h, dovrebbe aver scattato centinaia di fotografie a ritmo serrato, approfittando di quei pochi, preziosissimi minuti.
Il condizionale è d’obbligo, perché quando la sonda troverà il tempo di mandare un breve messaggio a casa per farci sapere che è sopravvissuta e sta bene, quel messaggio impiegherà 4 ore, 25 minuti e 37 secondi per coprire la distanza di 4,77 miliardi di chilometri che ci separa. Le foto, che hanno una risoluzione massima di 25 megapixel (sufficiente a distinguere oggetti delle dimensioni di un campo di calcio), impiegheranno più di un anno e mezzo per essere completamente «scaricate» sulla Terra. Le immagini verranno infatti trasmesse dalla sonda a una velocità ridicolmente bassa, da modem degli albori di internet: 1 o al massimo 2 kilobit per secondo. Ma quelle immagini stanno già rivoluzionando i manuali di astronomia. Per la prima volta, dopo 80 anni di dibattiti, è stato accertato il diametro di Plutone (2.370 km) e sono stati fotografati i canyon e i crateri della sua principale luna, Caronte.
New Horizons aveva già dato prova del suo talento fotografico durante il passaggio accanto a Giove, nel 2007, inviandoci immagini fantastiche del pianeta, dei suoi anelli e delle lune. È difficile aspettarsi foto altrettanto colorate da Plutone e dai suoi satelliti che portano nomi lugubri come Caronte, Kerberos, Styx. Ma saranno comunque immagini che faranno la felicità degli astronomi. Poi New Horizons proseguirà verso la Fascia di Kuiper, zona del sistema solare ricca di oggetti celesti composti principalmente da sostanze volatili congelate come ammoniaca, metano e acqua, che potrebbero diventare asset preziosi nel futuro dell’umanità, ammesso che l’esplorazione spaziale prosegua. Lo fa sperare il progetto in cui il viaggio della sonda s’inserisce: il programma dal nome tipicamente americano New Frontiers. Quelle lande neglette del sistema solare potrebbero ospitare le miniere del futuro, riconducendo Plutone al suo etimo greco Ploutos, ricco.
Plutone è sempre stata una meta trascurata dalle esplorazioni spaziali. Le missioni programmate per raggiungerlo finivano per essere cancellate. Finché nel ‘91 le poste statunitensi emisero una serie di francobolli che mostravano i diversi pianeti del sistema solare e le sonde che li avevano esplorati: solo Plutone era raffigurato come una sfera senza dettagli e invece del nome di una missione aveva le parole «Not Yet Explored», inesplorato. Due scienziati, Robert Staehle e Stacy Weinstein, partirono da quel francobollo che giudicavano vergognoso per rilanciare l’idea di quella che, dopo svariate cancellazioni e rinvii, divenne la prima missione verso Plutone.
Nel frattempo, nel 2006 Plutone è stato declassato da pianeta a pianeta nano e poi a «plutoide» con la sigla 134340, non soddisfacendo uno dei tre criteri che l’Unione astronomica internazionale ha fissato perché un corpo celeste possa essere considerato pianeta. E la missione New Horizons è stata studiata lesinando persino sul peso del carburante a bordo, sull’onda dello slogan faster, better, cheaper. La forma della sonda, piuttosto brutta ma pratica, è stata descritta come «un’antenna parabolica incollata su un pianoforte a coda», strumento con cui la New Horizons ha in comune anche le dimensioni. Il costo della missione, dal lancio al 2016, sonda compresa, è di 650 milioni di dollari (la portaerei italiana Cavour, senza aerei, è costata 1,5 miliardi di euro, e 300 milioni di dollari fu il costo di produzione del film «Pirati dei caraibi: ai confini del mondo»). In compenso trasporta un «passeggero» d’eccezione: parte delle ceneri dell’astronomo Clyde Tombaugh, che nel 1930 scoprì Plutone. In suo onore il congresso dell’Illinois, suo stato natale, il 26 febbraio 2009 ha votato una legge che restituisce a Plutone lo status di pianeta.
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ANDREA CHATRIAN, LA STAMPA 15/7 –
«Quanto è stato difficile? Più o meno come colpire una pallina da golf a Washington e fare buca in un colpo solo a Pebble Beach, in California», dice Charlie Bolden, ex astronauta e ora capo della Nasa. Alle 13,49 di ieri ora italiana la sonda New Horizons ha accarezzato Plutone, l’ultimo grande corpo celeste del Sistema Solare ancora inesplorato, e chiuso un’era. «È un grande giorno per l’esplorazione e per l’America – ha aggiunto Bolden –. Siamo l’unico Paese ad aver visitato tutti i pianeti». E pazienza se Plutone sia stato declassato a pianeta nano nel 2006.
Puntualità
«New Horizons» – partita il 19 gennaio 2006 – ha rispettato la tabella di marcia, sfiorando Plutone a una quota di 12.500 km e a una velocità di 14 km al secondo dopo un viaggio di 5 miliardi di km. Tutto perfetto, missione compiuta. O quasi. La sonda ha interrotto – come previsto – le comunicazioni con il centro di controllo a Laurel (Maryland) alle 5,15 di ieri per concentrarsi nella raccolta dati durante il passaggio ravvicinato. I sette strumenti di cui è dotata hanno dovuto lavorare sodo per mappare la superficie di Plutone, analizzarne la composizione, «annusare» l’atmosfera più esterna e scattare tante foto. Una montagna di foto.
La telefonata a casa
Se tutto sarà filato liscio, la sonda americana avrà telefonato a casa nella notte intorno alle 3. Un beep per dire «sono viva, sto bene». Le probabilità di insuccesso, secondo il responsabile del progetto Alan Stern, sono minime: «Due su 10 mila di perdere la sonda a causa dell’impatto con detriti spaziali». Certo, se per disgrazia avvenisse, svanirebbe il 99,9% del lavoro. Dopo aver comunicato la sua posizione, la sonda comincerà a distillare immagini e dati del suo «bacio» a Plutone. I primi scatti arriveranno sulla Terra alle 16 – e saranno centinaia di volte più belli rispetto al migliore visto finora – ma per scaricare tutto il raccolto di New Horizons serviranno due anni: per comunicare con la sonda ci vogliono quattro ore e mezza e la connessione è migliaia di volte più lenta di un’Adsl (111’ per scaricare un megabyte). Finora la missione – costata 720 milioni di dollari, 20 cent all’anno per ogni americano – ha mostrato un corpo celeste poco più grande del previsto (no, non abbastanza per «promuoverlo» di nuovo), di un rosso più chiaro di Marte e marchiato con un grande cuore: una regione ghiacciata che, secondo l’astronomo Mike Brown, si sta consumando. «Non dobbiamo focalizzarci solo sulle immagini - dice Bolden - ma sulla grande quantità di dati che arriveranno». E New Horizons non ha ancora finito il suo lavoro: continuerà a correre verso la Fascia di Kuiper, la porta ghiacciata sullo spazio profondo.
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ANTONIO LO CAMPO, LA STAMPA 15/7 –
È al momento l’oggetto «made in Italy» più distante dalla Terra. A oltre 5 miliardi di km, dove la sonda «New Horizons» sta transitando, a un soffio da Plutone. Ed è un oggetto fondamentale, senza il quale la missione della Nasa non si sarebbe potuta effettuare. È il sensore stellare di bordo, chiamato «Star Camera»: un vero e proprio sestante come quelli che, riconoscendo le posizioni stellari, guidano una nave in mare.
In questo caso si tratta di un prezioso componente tecnologico realizzato a Campi Bisenzio, vicino a Firenze, dalla Selex-ES di Finmeccanica: ha guidato «New Horizons» fino a Plutone e continuerà a farlo fino al termine della missione verso la Fascia di Kuiper. Simile ad altri già ideati dall’azienda italiana e che hanno guidato molti satelliti scientifici e sonde robotiche, è stato messo a punto tra il 2002 e il 2004 e poi consegnato alla Nasa nel 2006.
È costituito - spiegano i tecnici di Selex-ES - da un doppio sensore, che ha la capacità di mantenere nel giusto assetto la sonda americana, sia quando ruota su se stessa sia quando è stabilizzata. Grazie al software di bordo, che dispone di una sorta di «intelligenza» in grado di effettuare il processamento continuo di grandi masse di dati, il sensore stellare italiano comunica al computer di bordo l’assetto del veicolo per raccogliere segnali e informazioni da Plutone e poi inviarle, nella direzione opposta, verso la Terra.
Questo sensore stellare è soltanto l’ultimo di una lunga serie di strumenti simili. Un altro che ha fatto notizia è quello che ha viaggiato per molti anni nello spazio, montato a bordo di «Rosetta», la sonda che attualmente orbita attorno alla cometa 67-P. E intanto altri esemplari sono in preparazione. Per esempio quelli che guideranno, puntando con precisione assoluta le stelle, le due sonde «ExoMars»: nel 2016 e nel 2018 l’Europa, in collaborazione con l’agenzia spaziale russa, le invierà su Marte. Aprendo una nuova era di esplorazione del Pianeta Rosso.
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LEOPOLDO BENACCHIO, IO SOLE 24 ORE 15/7 –
New Horizons, la sonda Nasa su cui sono puntati occhi e riflettori di tutto il pianeta da vari giorni, è passata alla minima distanza da Plutone, 12.500 chilometri alle 13.50 di oggi, meno qualche secondo, con una precisione impressionante, pochi secondi di differenza, meno di 10, rispetto all’orario calcolato ancora settimane fa. Sembra poco, ma se pensiamo che la sonda ha viaggiato nove anni e per quasi 4 miliardi di chilometri allora l’evento ha dello sbalorditivo.
In effetti, solo la notte passata, alle 2.53 ora italiana, un segnale dalla sonda ha detto che tutto, veramente tutto, è andato per il meglio. Ieri tutte le comunicazioni con la Terra sono state interrotte perché la piccola sonda era impegnatissima a non perdere un secondo inutilmente e a scattare quante più immagini poteva del pianeta. Infatti non gli orbita attorno ma, come un proiettile, sta passandogli vicino alla bella velocità di 50.400 chilometri all’ora. Altro non si poteva fare, per andare in soli 9 anni fino a lì a riprendere Plutone, l’ultimo dei pianeti conosciuti, almeno fino a una ventina di anni fa, la sonda è stata costruita piccola, è grande come una lavapiatti, leggerissima, e poco costosa, si fa per dire, 670 milioni di dollari, comunque pochissimi per una missione del genere. È la sonda più veloce comunque mai spedita dall’uomo nello spazio. Grazie alle sue dimensioni e massa al lancio ha potuto avere una spinta notevole già dal razzo vettore poi, per una fortunata coincidenza, Giove , con effetto fionda, prima la ha attirata a sé e poi, invece di inghiottirla, all’ultimo momento l’ha rilanciata verso la sua meta finale. Plutone, o meglio Plutone e Caronte, il satellite che è quasi un secondo Plutone come dimensioni, 1.200 chilometri di diametro contro i 2.400 del pianeta principale, e gli altri 3 satellitini, questi invece minuscoli asteroidi catturati chissà come dal sistema Plutone + Caronte che ha agito su di loro come una doppia potente calamita.
New Horizons, che porta con sé un bel bagaglio di strumenti, ci ha già detto parecchie cose dell’ultimo pianeta, ora declassato a pianeta nano dagli astronomi. Le sue dimensioni sono state definitivamente accertate così come il colore, rosso mattone, per la presenza di idrocarburi e metano alla superficie. Particolare curioso. Una grande macchia più chiara, siamo sui 1.000 chilometri di estensione, a forma di cuore che nelle scorse ore ha prodotto simpatia e allentato un po’ la tensione con vari tweet tipo “I <3 Pluto”, io amo Plutone nel linguaggio giovanile degli sms.
Nelle immagini scattate ieri, le ultime quando la sonda era a un milione di chilometri si vedono chiaramente colline e probabili avvallamenti oltre a grandi parti della crosta del pianeta solcate da segni di una attività geologica notevole in passato. Cosa è quindi Plutone? Un pianeta come gli altri o un corpo di quelli che stanno a miliardi e miliardi di chilometri dal Sole, nella cosiddetta Fascia di Kuiper dove di corpi solidi e grandi come Plutone ne abbiamo già scoperti una decina, ma gli scienziati sono certi di scovarne a centinaia con la prossima generazione di telescopi.
Per tornare alla sonda, ieri non comunicava con la Terra perché doveva ruotare su se stessa e perdere quindi la ben più preziosa vista sul Pianeta nano. Come abbiamo detto ha incamerato dati e immagini che svelerà addirittura nei prossimi 18-24 mesi. Ma niente paura, se tutto andrà bene già oggi avremo un primo assaggio. Insomma abbiamo aspettato nove anni per vedere quel mondo ghiacciato, siamo oltre i 150 gradi e lontanissimo, che potrebbe, come sempre riservarci soprese, e soprattutto dirci qualcosa che non sappiamo delle nostre più lontane origini. A bordo anche le ceneri di Clyde Tombaugh, lo scopritore di Plutone che nel 1930 diede anche il nome al pianeta , dopo un concorso internazionale di idee vinto da una bambina inglese di 12 anni. Pluto d’altronde, il cagnone combinanguai di Topolino che molti, se non tutti, abbiamo amato, da quel lontano mondo ha preso il nome. Walt Disney era un grande amante della scienza e delle stelle. Oggi, 15 luglio, alle 16, le prime immagini. L’emozione è tanta.
Leopoldo Benacchio
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LEOPOLDO BENACCHIO, IL SOLE 24 ORE 15/7 –
La missione su Plutone della piccola sonda New Horizons ha riportato al massimo l’interesse per l’esplorazione del sistema solare e anche rinvigorito l’orgoglio americano. Quando nel 2006 l’Unione astronomica internazionale, delegata da Onu per tenere ordine nell’universo con nomi, classificazione e altro, aveva introdotto la nuova categoria dei “pianeti nani” mettendoci per primo Plutone, negli Usa era scoppiato un putiferio, sembrava in tante dichiarazioni anche ufficiali, un affronto, un vero e proprio declassamento. In questi ultimissimi anni è risultato molto più chiaro perché questa scelta fu corretta e opportuna. Grazie ai nuovi telescopi sempre più efficienti si sono scoperti una decina di corpi celesti molto simili a Plutone e ancora più distanti, e se tutto va come deve andare si pensa di trovarne almeno un centinaio nei prossimi 20 anni entro cento volte la distanza Terra Sole, Plutone sta sulle 40 volte. In sostanza lui è stato il primo, scoperto ancora nel 1930 e onore al merito a Clyde Tombaugh che lo stanò e le cui ceneri sono passate vicino al pianeta poche ore fa entro la piccola sonda spaziale, ma il sistema solare che conosciamo oggi prevede centinaia e centinaia di questi corpi, grandi sui 2000 chilometri di diametro, e oltre questi, ancora più distanti migliaia di volte la distanza Terra-Sole, ci sarebbero letteralmente miliardi di comete, quasi ferme in animazione sospesa. Altro che nove pianeti quindi, ma un’enorme sfera di comete con al centro una ciambella di corpi come Plutone e nel buco della ciambella i nostri piccolissimi pianeti, compreso quel piccolo puntino blu che si chiama Terra. Per questo siamo andati a cacciare il naso negli affari di Plutone, per capire come è andata, per capire come si è formato il sistema solare, e noi con lui, dalla nube cosmica di gas e polveri da cui, in milioni e milioni di anni, è venuto a formarsi il Sole, i pianeti e tutto il resto. Come mai dopo i giganteschi pianeti gassosi, Giove, Urano, Nettuno, troviamo un pianetino di soli 2400 chilometri di diametro con una luna enorme in proporzione, larga 1200 chilometri, e con un’orbita molto diversa da tutti gli altri pianeti noti? È curiosità scientifica allo stato puro, ma è importante capire come stanno le cose se, per esempio, Plutone come sembra potrebbe essere ricco di metano e idrocarburi, la cui esistenza è favorita dalla bassissima temperatura che c’è da quelle parti, dai 170 gradi sotto lo zero in giù. Qualcuno ha azzardato che Plutone potrebbe essere molto simile al corpo più interessante, in questo momento, del sistema solare: quella Europa che Galileo Galilei scoprì da Padova col suo modesto ma rivoluzionario cannocchiale nelle notti del gennaio 1610. Potrebbe avere, come Europa, sotto la crosta uno strato liquido. Per Europa è chiarissimo, vediamo infatti dei pennacchi di liquido e vapore ad alto contenuto di acqua continuamente spruzzati dall’interno, per Plutone bisognerà aspettare i prossimi giorni per confermare un fenomeno che molti scienziati sospettano esistere.
La sonda New Horizons è anche il secondo record che gli Usa raggiungono, dopo i due satelliti Voyager lanciati nel secolo scorso e persi oramai oltre i limiti del sistema solare, quelli sono i due oggetti umani, con tanto di messaggio per gli alieni inciso in una placca d’oro. Questa sonda, piccola come una lavatrice, poco costosa e alleggerita all’impossibile è invece l’oggetto costruito dall’uomo più veloce mai sparato nel cosmo, mentre leggiamo queste righe sta un po’ oltre Plutone alla spaventosa velocità di 50.000 chilometri ora. Ma il vero record è portare sempre più avanti la conoscenza, e di sicuro questo da oggi è un po’ più vero.
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CHE straordinario viaggio: sei miliardi di chilometri tutti d’un fiato, grazie a un primo poderoso impulso impresso da un razzo AtlasVe ad una provvidenziale spintarella raccolta lungo la via a spese di Giove, che però non se n’è nemmeno accorto. La sonda New Horizons della NASA ha centrato perfettamente il suo primo minuscolo bersaglio, Plutone, un gelido inquilino del Sistema Solare a spasso ai confini del mondo governato dalla forza gravitazionale della nostra stella. Plutone non appartiene al gruppo dei pianeti storici, noti da sempre all’umanità. Vennscopertappen85 anni fa da un giovane americano alle prime armi, arruolato a questo scopo da un ricco e visionario compatriota, Percival Lowell. Dopo una fortunata carriera nel commercio, Lowell aveva fatto irruzione nel mondo della scienza come animatore di una caccia senza quartiere ai marziani.
LE RICERCHE
Ma, deluso dalla mancanza di risultati, aveva indirizzato la sua sconfinata ambizione a cercare il misterioso pianeta che a suo avviso stava per turbando il cammino celeste del neo scoperto Nettuno. Voleva calcare le orme di Le Verrier, che a metà dell’Ottocento aveva sbalordito l’umanità dimostrando le straordinarie possibilità del ragionamentfisico-matematico. Il francese aveva detto dove trovare Nettuno avendone calcolato la posizione in base all’ipotesi che le bizzarrie orbitali di Urano fossero provocate da un anonimo e massiccio sobillatore. Come dicono e fanno gli incalliti giocatori di poker, “piatto ricco mi ci ficco”. Lowell si immerse completamente nella nuova avventura, ma morì prima di potersi compiacere della scoperta di Plutone, effettuata proprio nell’Osservatorio che egli stesso aveva realizzato all’uopo in Arizona.
Se fosse vissuto, però, avrebbe dovuto prendere atto che il risultato era stato un puro frutto del caso. Plutone è infatti troppo minuto per poter molestare un gigante come Nettuno.Battezzato con il nome del signore dell’Averno per far onore alle gelide praterie celesti ove è confinato, immensamente lontano dalla luce e dal calore del Sole, Plutone ha occupato abusivamente per quasi 80 anni un posto nella categoria dei pianeti “di ruolo”;unclub cuinonera stato invece ammesso Cerere, il corpo celeste scopertodalnostro Piazziesubitoappellato con un qualche disprezzo “pianetino”. Potenza della scienza a stelle e strisce – e non solo – rispetto alle deboli rivendicazioni nostrane. Ma il tempo è galantuomo. Nel 2006 l’Unione Astronomica Internazionale ha degradato l’intruso nono pianetaalrangodi“ nano”perfaregiustizia di innumerevoli altri corpi della sua stessataglia scopertiagalleggiare sornioninello spaziosideraleoltre l’orbitadiNettuno. Piccolo, freddissimo e scapestrato, Plutonepercorrelentopede–sifaper dire – un’orbita inusualmente allungata e inclinata rispetto a quelle dei fratelli maggiori, circondato da una pugnodiminuscolisatelliti. LA MISSIONE Una remota processione la cui origine è oggetto di dibattito e che finora abbiamo potuto spiare da lontano, aguzzando gli occhi di vetro dei telescopi. E invece ieri uno scatolone di congegni elettronici fabbricato e scaraventato nello spazio dall’uomo gli hatagliato la strada arrivando alla distanza minima di appena 12mila km. Unincrocio avelocità folle, sorvegliatodai tecnicidellaNASA,chehageneratounflussodifotografieedimisure diognitipo:materialechelasondaha prontamenteinviatoaterraperlafelicitàdegliscienziati. PassatoPlutone, lasondaNewHorizons continuerà celere il suo viaggio verso le stelle, per incontrare almeno un altro esemplare della razza deipianeti nani.Conpazienza i tecnici della NASA la stanno mettendo a nanna per salvaguardare le preziose apparecchiature, in attesa di risvegliarlaalprossimoflyby. Staytuned. MassimoCapaccioli
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ELENA DUSI, LA REPUBBLICA 14/7 –
La prima sonda per Plutone è stata accolta da un cuore. Le foto ancora sfocate di New Horizons — la navicella esploratrice della Nasa arrivata ai confini del sistema solare — hanno mostrato le forme di un cuore e una balena sulla superficie del pianeta nano più lontano che ci sia. Un benvenuto gradito per una sonda che ha viaggiato nove anni e mezzo per raggiungere il più remoto fra i protagonisti del sistema solare, un ex pianeta spogliato del suo titolo nel 2006 per mancanza del physique du rôle. Plutone è semplicemente il più grande fra gli asteroidi ghiacciati della cosiddetta fascia di Kuiper, con dimensioni inferiori alla Luna. E con grande scorno della Nasa il declassamento fu votato dall’Unione astronomica internazionale proprio ad agosto del 2006, sette mesi dopo il lancio di New Horizons.
Il culmine dell’incontro fra la sonda e Plutone è previsto per martedì 14 luglio. Il “bacio” sarà però fugace. La navicella passerà a 12mila chilometri dal pianetino viaggiando alla velocità record di 43mila chilometri all’ora (rallentare ed entrare in orbita le costerebbe un’energia che non ha). In trenta minuti dovrà scattare foto a ritmo furioso, dopo aver viaggiato quasi sempre in stato di ibernazione per 5 miliardi di chilometri.
Per la Nasa — e per noi curiosi della Terra — il gioco vale comunque la candela. Plutone era l’ultimo elemento del sistema solare senza un volto. «Sono passati 50 anni da quando ricevemmo le prime foto di un altro pianeta, Marte. In mezzo secolo siamo riusciti a completare l’esplorazione del sistema solare. Homo sapiens può essere soddisfatto» commenta Giovanni Bignami, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica.
Gli strumenti a bordo di New Horizons — grande come un pia-noforte, ma costata 720 milioni di dollari — di Plutone mostreranno la superficie, cercheranno tracce della geologia e ricostruiranno le orbite bizzarre delle cinque lune, tutte dai nomi funerei ( Caronte, Notte, Idra, Cerbero e Stige). Misureranno la temperatura e ricostruiranno i dettagli dell’atmosfera, «dove si trovano metano e azoto, sostanze potenzialmente organiche » spiega Bignami. «Il fatto che Plutone rifletta la luce come una banchina polare indica poi la possibile presenza di acqua ghiacciata».
Le prime immagini di Plutone e Caronte, ancora poco definite, sono arrivate alla Nasa nei giorni scorsi. Ma martedì la sonda sarà capace di osservare sulla superficie oggetti grandi come un campo di calcio, se non si ripeterà un black out come quello che il 6 luglio ha mandato in tilt per 81 minuti gli strumenti di bordo, rischiando di far fallire l’intera missione proprio alla vigilia del momento clou.
Viaggiando quasi alla velocità della luce, i segnali radio della sonda impiegano 4 ore e mezzo per raggiungere la Nasa. Ma le 500 foto che New Horizons scatterà nel suo appuntamento con Plutone impiegheranno qualche anno per arrivare tutte sulla Terra. Poi il “pianoforte spaziale” continuerà il suo viaggio ai confini del sistema solare alla ricerca di altri oggetti interessanti tra le comete ghiacciate della fascia di Kuiper. Più lontano di New Horizons, nello spazio interstellare, sono arrivate finora solo le due sonde Voyager, lanciate nel 1977, e le due Pioneer, lanciate nel 1972 e 1973. Le seconde hanno a bordo una placca con l’indirizzo di origine e il disegno di un uomo e una donna nudi. Le prime stanno portando a zonzo per il cosmo un disco d’oro con incisi suoni e immagini della Terra.
New Horizons, più sobriamente, farà viaggiare nello spazio le immagini dei nostri confini di casa e di quell’ex pianeta che fu scoperto nel 1930 e tanto colpì l’immaginazione da spingere Walt Disney a chiamare Pluto (l’inglese per Plutone) il cane di Topolino. Per un altro miliardo di chilometri ancora la sonda osserverà gli asteroidi e i pianeti nani che rappresentano gli “avanzi” della formazione del sistema solare, avvenuta circa 4,6 miliardi di anni fa. «Dopo aver studiato Marte e i giganti gassosi — spiega Bignami — con questa missione — completeremo finalmente l’esplorazione della cosiddetta “terza zona” del sistema solare».
La crociera lungo il punto più prossimo durerà circa mezz’ora a 43 mila km orari
Elena Dusi, la Repubblica 12/7/2015
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ANDREA CHATRIAN, LA STAMPA 13/7 –
Nell’immensità dello Spazio è solo una carezza, per il genere umano una rivoluzione che apre gli occhi su mondi sconosciuti. Domani alle 13,49 (e 57”) ora italiana la sonda New Horizons della Nasa sfiorerà Plutone – sorvolandolo a un’altezza di appena 12 mila 500 chilometri – e Caronte, la più grande delle sue lune.
Sarà il culmine di un viaggio cominciato il 19 gennaio 2006, quando da Cape Canaveral partì per i confini del Sistema Solare lanciata da un razzo Atlas V. Per coprire l’enorme distanza – 4,9 miliardi di chilometri – in un tempo accettabile gli ingegneri hanno dovuto progettare una sonda essenziale, leggera e dunque in grado di convertire in velocità tutta o quasi la spinta del razzo. Nel Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University a Laurel (Maryland), nacque così New Horizons, grande quanto un pianoforte e pesante 478 chilogrammi. Nello Spazio, velocissima: per raggiungere la Luna gli astronauti dell’Apollo impiegavano tre giorni, New Horizons se l’è lasciata alle spalle in nove ore. E grazie all’effetto fionda ottenuto da Giove (nel 2007) adesso viaggia a 52 mila chilometri all’ora. Troppo per tirare il freno ed entrare in orbita.
«One shot»
«Abbiamo una sola possibilità» dice Alan Stern, a capo del progetto. Al momento del passaggio, tutti e 7 gli strumenti di cui è dotata la sonda saranno in funzione – li alimenta un generatore che trasforma in elettricità il calore del decadimento del Plutonio 238 – impegnati a scrutare un mondo mai visto. Quello che per decenni è stato solo un puntino luminoso nella notte o un grumo di pixel sugli schermi prenderà forma e colore. «Se New Horizons sorvolasse New York alla stessa altezza – dice Stern – nelle foto potremmo osservare ogni singolo laghetto di Central Park». La sonda scatterà foto, mapperà la superficie, cercherà di capirne la composizione chimica. Tutto questo consumando come un paio di lampadine. Poi, quando avrà oltrepassato Plutone, osserverà un’eclisse di Sole e cercherà di analizzare gli strati più esterni dell’atmosfera. Solo allora comincerà a trasmettere tutto al Centro di controllo: per “parlare” con la Terra servono 4 ore e mezza, le prime immagini arriveranno mercoledì e per scaricare tutti i dati raccolti ci vorranno circa due anni. Quindi New Horizons correrà verso la Cintura di Kuiper. Il fatto che manchino così poche ore all’incontro con Plutone – e che siano già arrivate foto incredibili – non vuol dire che ormai sia fatta. «A questa velocità basterebbe l’impatto con un chicco di riso – dice Stern – per rendere inutilizzabile la sonda».
I tesori nascosti
A bordo gli americani hanno “nascosto” nove oggetti: due bandiere, un pezzo della SpaceShip One, due cd con le foto del team e 434 mila firme raccolte nell’iniziativa “Spedisci il tuo nome su Plutone”, due quarti di dollaro, un francobollo e una scatolina. Contiene le ceneri di Clyde Tombaugh, che nel 1930 scoprì l’esistenza di Plutone e che – in un certo senso – sarà il primo uomo a raggiungerlo.
Andrea Chatrian, La Stampa 13/7/2015
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GIOVANNI BIGNAMI, LA STAMPA 13/7 –
Giovanni Bignami
Le immagini dell’incontro ravvicinato con Plutone arrivano esattamente mezzo secolo dopo la prima foto da Marte, presa dal Mariner 4, nel luglio 1965. Mezzo secolo per passare vicino a (o toccare) tutti i pianeti, più un assortimento di corpi minori: satelliti, asteroidi e comete. L’Homo sapiens planetarius ha completato l’esplorazione «in situ» del sistema solare in poco più di una generazione.
E’ un successo incredibile, al quale prestiamo troppo poca attenzione. Per ottenerlo, la Nasa e le altre agenzie spaziali hanno usato un capitale umano paragonabile a quello per le grandi Piramidi d’Egitto, su un tempo scala probabilmente simile. Ma con una grande differenza: alla fine della costruzione delle piramidi (e per molti secoli dopo), la tecnologia era sempre la stessa: pala, picco e ruota. Invece, le foto di New Horizons da Plutone contengono 5000 volte più dati di quelli nelle foto del Mariner 4, pur mandate da Marte, la cui orbita è cento volte più vicina alla Terra.
Un enorme balzo tecnologico, in mezzo secolo, direttamente ricaduto nell’avanzamento ormai irreversibile della qualità della nostra vita di tutti i giorni: se facciamo le foto con uno smartphone, se le spediamo e gestiamo senza pensarci, ma anche se il computer di oggi batte il campione mondiale di scacchi, molto deriva dalla tecnologia e dalle sfide spaziali.
In più, per fortuna, siamo sempre meno ignoranti sull’Universo che ci circonda. Nel nostro sistema solare, Plutone era l’ultimo grande problema, un oggetto praticamente sconosciuto. Grazie a New Horizons, già sappiamo che è fatto di due terzi di sasso e un terzo di ghiaccio, che ha una sottile atmosfera di metano e di azoto, dove ogni tanto cadono fiocchi di neve di metano (o altro, vedremo).
Prima di capire meglio Plutone, Caronte e gli altri quattro satelliti (tutti con nomi da mitologia funebre) passerà un po’ di tempo. Dopo dieci anni di viaggio, il bello della missione di New Horizons è concentrato in due ore e mezzo: la durata del fly-by. Verranno prese immagini e dati in quantità maggiori di quanto la sonda possa inviare in tempo reale. Memorizzata, l’informazione ci arriverà ai ritmi imposti dalla potenza di bordo e dalla distanza. Continueremo a ricevere immagini sempre nuove, per noi, per più di un anno e mezzo.
E dopo il fly-by? la sonda passa e non può fermarsi, non avrebbe abbastanza carburante per frenare. Al di là di Plutone si apre la grande, sconosciuta «terza zona» del sistema solare, che viene dopo la zona interna dei quattro pianeti rocciosi e la successiva dei quattro gassosi. Quello che era il nono pianeta, e che adesso è un nanopianeta, sta sulla soglia della grande fascia esterna, una specie di freezer pieno di ziliardi di oggetti strani, rimasti lì, uguali a loro stessi dalla nascita del sistema solare, quasi cinque miliardi di anni fa. New Horizons sarà il quinto oggetto fatto dall’uomo a uscire dal sistema solare, ma prima dovrà passare per la sua misteriosa e antica periferia e sarà anche l’unico a poterla studiare.
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ENZO VITALE, IL MESSAGGERO 12/7 –
Plutone, il signore dell’Ade: dagli inferi al cielo. Rapì Proserpina mentre era intenta a cogliere fiori sulle rive di un lago. La sposò, ma sollevò le ire della di lei madre, Cerere. Per liberarla dal regno infernale intervenne nientedimeno che Giove, ma ad un patto: sei mesi col marito, nel buio, e gli altri sei sulla Terra. E quindi freddo e gelo durante il periodo in cui era assente dalla dimora materna, e poi, al ritorno di Proserpina, il risveglio della natura. E fin qui la mitologia romana.
Dal punto di vista astronomico, invece, Plutone resta l’ultimo oggetto del sistema solare ancora inesplorato. L’ultimo avamposto sconosciuto e misterioso. Di lui si conoscono solo gli elementi canonici. Per fare un giro completo intorno alla nostra stella, ad esempio, impiega quasi 250 dei nostri anni.
Attualmente la sua distanza dalla Terra è di circa 4.500 milioni di chilometri, ma tra 140 anni sarà acora più lontano. È un corpo, o meglio un blocco di ghiaccio, freddo e inospitale con temperature medie alla superficie che arrivano a meno 223 gradi. Fino a qualche anno fa era considerato un pianeta a tutti gli effetti, ma nel 2006 l’Unione astronomica internazionale lo ha retrocesso a pianeta nano. Plutone però ora chiede il riscatto, nano o non nano, vuole la rivincita e in questo mese di luglio riserverà delle grosse novità.
LA TERZA ZONA
Dopo decenni, finalmente, l’umanità potrà coronare il sogno a lungo accarezzato: la conquista di tutti i pianeti del sistema solare. All’appello mancava solo lui, il signore degli inferi. Martedì 14 luglio sarà una data storica. Sarà il giorno in cui la sonda della Nasa, New Horizons, entrerà nell’orbita dell’ultimo pianeta, o meglio del planetoide, più sconosciuto di sempre che, suo malgrado, ha due caratteristiche: è l’ultima frontiera ma anche il primo di una vastissima popolazione di oggetti della cosiddetta terza zona, la Fascia di Kuiper, un’area ai confini del Sistema Solare in cui giacciono centinaia di corpi di ghiaccio oltre l’orbita di Nettuno. Il primo a presumere la sua esistenza fu l’astronomo olandese Gerard Kuiper che nel 1951 ipotizzò la nascita delle comete proprio da questa remotissima zona.
New Horizons ha intrapreso il suo viaggio proprio nove anni fa, nel gennaio del 2006 (pochi mesi prima della sua declassificazione) e ora si trova a “poca” distanza dalla sua meta, circa 15 milioni di chilometri e a oltre 4,8 miliardi di km dalla sua base di partenza. Nel suo lunghissimo percorso a tappe, la sonda Nasa, che viaggia ad una velocità di 50 mila chilometri all’ora, ha svelato le caratteristiche del planetoide e ha confermato alcune certezze. «Non abbiamo trovato nuove lune o anelli tipo quelli di Saturno, Urano e Nettuno. Per molti di noi scienziati è stata una sorpresa scientifica - ha detto Alan Stern, principal investigator della missione il giorno in cui è stata corretta la rotta-. Di conseguenza, non è necessario alcun aggiustamento della traiettoria per evitare potenziali pericoli».
CINQUE LUNE
Plutone non è quel solitario corpo ai confini del sistema solare, possiede ben cinque satelliti conosciuti: Caronte, Stige, Notte, Cerbero e Idra. Il primo, Caronte, grande la metà del planetoide, è un altro cosiddetto pianeta nano e va nella stessa categoria di Cerere e Xena, grandi asteroidi promossi a un rango più alto.
Mano a mano che New Horizons gli si avvicina, Plutone e la sua area diventano ancora più definiti. Le nuove immagini inviate sulla terra mostrano due facce piuttosto differenti. Una presenta alcune singolari macchie scure, del diametro di circa 500 chilometri distribuite lungo la linea equatoriale. Il pianeta fu scoperto presso il Lowell Observatory, in Arizona, il 18 febbraio 1930, da Clyde Tombaugh e battezzato in onore di Plutone, divinità dell’Oltretomba secondo la mitologia romana; le prime lettere del nome, PL, sono anche le iniziali dell’astronomo Percival Lowell, che per primo ne ipotizzò l’esistenza.
IL METANO
«E finalmente è possibile anche vedere i suoi colori. Come Marte, ma per motivi diversi, è rosso - ha spiegato Simon Porter della Nasa - i colori e le caratteristiche dei suoi variegati terreni si stanno definendo nelle immagini. Già da ora possiamo dire che Plutone non assomiglia a nessun altro corpo nel sistema solare».
Nel frattempo le scoperte di New Horizons si moltiplicano. L’ultima in ordine di tempo la presenza di metano. «Una mistura primordiale - hanno ipotizzato gli scienziati - contenuto nella nube di gas e polveri che ha dato origine al sistema solare 4,5 miliardi anni fa». Al count down mancano solo nove giorni, poi i segreti del dio degli inferi saranno svelati.