Laura Laurenzi, Oggi 15/7/2015, 15 luglio 2015
ROSSELLINI MAGNANI BERGMAN
Uno dei registi più osannati del suo tempo, padre del neorealismo, e due fra le attrici più intense del secolo. Temperamenti al calor bianco, un quasi triangolo con un amore che viene tumultuosamente rottamato e uno nuovo che prende il suo posto in poche ore, mentre l’America ribolle di moralismo e censura i peccatori, li condanna all’inferno.
Che fascino e che personalità Anna Magnani, protagonista indimenticabile e commovente di Roma città aperta, nello sguardo di fuoco l’amarezza di un amore finito male, quello con Massimo Serato, che l’ha abbandonata non appena è restata incinta. «Come attrice non vi era ruolo che non fosse capace di illuminare e penetrare con carattere», scriverà il regista, che si innamorò di lei proprio sul set di Roma città aperta. «Come donna era dubbiosa, tenebrosa, estrosa, non agevole, ombrosa: ma certamente la più importante delle donne italiane. Pochi momenti sono stati più intensi di quelli vissuti con lei».
Intense furono certamente le scenate di gelosia - teatrali, selvagge, telluriche - che la grande attrice, una tigre, gli riservò, soprattutto quando all’orizzonte comparve la Bergman. La scenata madre che entrò nella leggenda e diventò addirittura materia di sketch nei teatri d’avanspettacolo fu quella della pastasciutta. Furibonda perché lui aveva ricevuto un telegramma sospetto, l’attrice gli rovesciò in testa una zuppiera intera stracolma di spaghetti; accompagnò il lancio dicendogli a voce alta, affinché tutti i clienti della trattoria potessero sentire: «A Robertino mio piacciono tanto gli spaghetti, con tanto sugo! Tiè, te ce metto pure il formaggio, e tiè, eccoteli gli spaghetti!».
Il regista aveva già ricevuto quella lettera maliziosamente sfrontata, destinata a entrare nella storia del cinema, ma anche in quella dei grandi amori romantici, con cui Ingrid Bergman presentava se stessa: «Caro signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati tantissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla molto bene l’inglese, non ha dimenticato il tedesco, si fa a stento capire in francese e in italiano sa dire soltanto “Ti amo”, sono pronta a venire in Italia a lavorare con lei». Ben più di una dichiarazione d’amore, e anche ben più di un amo gettato con femminile seduttività, cui peraltro il regista, ben noto tombeur de femmes, abboccò lusingato senza por tempo in mezzo.
Chissà se è vero che, una tersa mattina del gennaio 1949, il grande regista piantò la Magnani nella loro stanza all’hotel Excelsior dicendole che scendeva a portare giù i cani. Quel «torno subito» non poteva essere più bugiardo. I cani li lasciò al portiere e lui corse a Parigi a conoscere la Bergman e a offrirle il ruolo che era già della Magnani, perfetto per la Magnani, cucito sulla Magnani, a tinte forti come la Magnani: il ruolo di protagonista del suo prossimo film, Stromboli, terra di Dio.
Lei tremava, lui accese la sigaretta
Molto si è ricamato sul primo incontro fra il regista e la diva svedese. Raccontano che lei era così emozionata che prese una sigaretta, ma non riuscì ad accenderla tanto le tremava la mano. Rossellini gliela sfilò dalle dita e l’accese per lei e poi gliela rimise fra le labbra. Anche lui era soggiogato. Non è facile stabilire cosa di Ingrid Bergman gli piacesse di più, cosa più lo intrigasse: la fama internazionale - era una delle attrici più pagate di Hollywood, considerata l’erede di Greta Garbo, aveva già girato Casablanca e Notorius e aveva già vinto un Oscar - oppure la sua bellezza incontaminata e siderale, così esotica, così poco latina. Un bellezza «così irresistibile e allo stesso tempo così irreale che un giorno a Parigi una zingara le chiese se fosse un angelo».
Gli insulti del del senatore
Si può tranquillamente affermare che si innamorarono perdutamente uno dell’altra – o meglio, si innamorarono dell’idea di diventare la coppia che diventarono – ancora prima di incontrarsi. Pochi amori hanno fatto scandalo più del loro. Lei era sposata e aveva una figlia, lui era l’uomo di Anna Magnani, e comunque a ben guardare risultava ancora sposato con la prima moglie, che, sia pure molti passi indietro, gli restò sempre accanto, perennemente nell’ombra. Rossellini & la Bergman: lei subì, perlomeno verbalmente, la lapidazione dell’adultera; lui fu tacciato di essere un rovinafamiglie totalmente privo di scrupoli, infido e di dubbi orientamenti politici. Un senatore degli Stati Uniti arrivò a definirlo «una vipera insidiosa che si insinua nel letto altrui»; un altro senatore Usa bollò la Bergman come «vestale della degradazione, potente distillatrice del male e cultrice del libero amore».
Non era più una santa
Una campagna denigratoria senza precedenti: a quei tempi l’America ribolliva di rigurgiti moralistici e puritani ben più dell’Italia. Ingrid Bergman, prima considerata una santa, fu fatta scendere dal piedistallo e insultata rozzamente mentre Hollywood la ripudiava. Con il divorzio il marito dentista ottenne l’affidamento della figlia Pia, 6 anni, che più tardi dichiarerà gelidamente alla stampa: «Io non ho mai voluto bene a mia madre».
Esplosa una notte ad Amalfi, tappa del viaggio verso le Eolie, la passione fra il regista di Paisà e la star di Per chi suona la campana era rapidamente divampata sul più fiammeggiante dei set naturali: l’isola di Stromboli dove la troupe si trasferì e dove l’attrice svedese restò incinta. E la Magnani? Messa alla porta, pubblicamente cornificata nonché orba del suo ruolo di protagonista, ansiosa di vendicarsi mise in piedi con incredibile rapidità un film gemello, girato in contemporanea a Vulcano, a un braccio di mare da dove Roberto & Ingrid stavano vivendo la loro tellurica fiaba d’amore. Quanta retorica attorno alle “amanti dei vulcani” che si contendevano lo stesso uomo fra i lapilli di lava e i tuoni delle nuove eruzioni, quanti retroscena dietro quell’incandescente triangolo amoroso. Un triangolo che non portò fortuna a nessuno dei due film, quello di Rossellini girato in 15 settimane, quello con la Magnani e Rossano Brazzi, assai più sbrigativamente, in sette: due flop. Stromboli, ignorato negli Usa, tuttavia incassò decisamente più di Vulcano.
Era diventata una moglie borghese
La cui prima fu oscurata, sui giornali, da un evento di altro genere, ben più clamoroso: la nascita, quello stesso giorno, il 2 febbraio 1950, di Robertino. Seguiranno, nel giugno del ’52, le gemelle Isabella e Isotta. La “cultrice del libero amore” appare sempre di più come una signora borghese pacificata con il mondo, presa più dalla famiglia, dai bambini, dal marito, dalla cura metodica della casa, che non dal cinema. Grazie al divorzio cavillosamente ottenuto dal regista in Austria, la coppia si sposa e lei, quasi ossessionata dal compito di dover sembrare una buona moglie, gradualmente riconquista le simpatie del pubblico americano.
Nulla manca alla rispettabilità della nuova signora Rossellini, sempre più casalinga e meno diva. Come attrice esiste solo per il marito. Ma i film girati con lui, cinque film in cinque anni, vanno malissimo. Presto in famiglia cominciano a farsi sentire le prime difficoltà economiche. Incredibile, se si pensa che la Bergman fino a ieri era l’attrice più pagata di Holywood. Grandioso dilapidatore di patrimoni, Rossellini si ritrova indebitato fino al collo. Le ristrettezze, si sa, non giovano all’eros. Ingrid non riesce più a nasconderlo: la passione va inevitabilmente diminuendo e la nostalgia per Hollywood invece si fa ogni giorno più viva. Come dire di no alla proposta della Fox di interpretare il ruolo di protagonista in Anastasia, l’ultima figlia dello zar? Un ritorno trionfale: il film le varrà nel 1957 il suo secondo Oscar come migliore attrice. Ormai lei e Rossellini sono separati in casa: o meglio, separati in continenti diversi. L’ultima pagina di questa storia viene scritta in India. Un indovino aveva predetto all’inquieto regista: in India incontrerai l’amore più importante della tua vita, ma lui non aveva dato troppo peso al vaticinio. Che delusione per giornalisti e fotografi accalcati all’aeroporto di Bombay veder scendere dalla scaletta Rossellini senza la Bergman. Siamo all’inizio del 1957, il regista è volato laggiù per girare una serie di docu-film su richiesta del premier Nehru. E in India lo trafiggerà un colpo di fulmine per una ventisettenne bengalese sposata con un regista e madre di due figli.
«Alta, scura di pelle e con occhi di cerbiatta», la descrivono i giornali che riempiono le cronache rosa della nuova love story. Una passione, quella con Sonali Das Gupta, destinata ancora una volta a fare scandalo. Quando a ottobre Rossellini torna in Europa, ad accoglierlo all’aeroporto di Orly c’è la Bergman. Davanti ai fotografi si baciano, («una commedia imbecille», commenterà il regista) ma in privato poche ore dopo concordano il divorzio. «Sono stanco di essere il signor Bergman», avrebbe detto Rossellini. Sonali è già incinta e presto diventerà la sua terza moglie.
La “cugina” affettuosa
Ma per capire chi era veramente Rossellini, bugiardo, irruento, pasticcione, magnanimo, bisognerebbe leggere l’autobiografia di Marcella De Marchis, la moglie “storica” , la prima, sposata nel lontano 1936 da cui ebbe due figli, che del regista fu anche complice, amica, amante e costumista. È fra le sue braccia che il 3 giugno del 1977 esalò l’ultimo respiro. Lui l’aveva definita «una cugina sempre presente, il guardiano del faro che tiene sempre la lampada accesa». Dal libro della De Marchis Un matrimonio fortunato viene fuori il ritratto di un uomo sostanzialmente buono, ansioso di dare, ma soprattutto un abile prestigiatore nella gestione incrociata di varie famiglie e più figli (sette). Gestioni che hanno sempre visto Marcella nel singolare ruolo di amica e confidente delle mogli: «Era un uomo forte, generoso, intelligente, cocciuto, geloso, ironico, spiritoso e amante delle donne. Questo è stato; tutto il resto è leggenda».