Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 15 Mercoledì calendario

Firmato l’accordo storico sul nucleare iraniano. Teheran otterrà la revoca delle sanzioni internazionali in cambio di significative riduzioni alla portata del suo programma nucleare, che verrà sottoposto a ispezioni dell’Aiea. Così verranno scongelati dall’embargo internazionale dai 50 ai 150 miliardi di dollari in conti esteri e il Paese sarà in grado di raddoppiare in un anno le esportazioni di greggio. Intanto se Obama annuncia il veto all’opposizione del Congresso, Rohani promette che «non cercherà mai di dotarsi dell’arma atomica»

La prima uscita rilevante sull’accordo di Vienna è stata una mezza bugia, o una mezza verità, di Obama. Quando il presidente americano ha dichiarato che «non è basato sulla fiducia ma sulle verifiche», una frase secca, pronunciata per difendere l’essenza di un accordo che appare, per ora, il suo maggiore successo di politica estera. Erano ancora fresche di inchiostro le firme sull’intesa, che gli oppositori, dentro e fuori gli Stati Uniti, già mitragliavano dichiarazioni a raffica per affondarla.
Ma senza un rispetto reciproco tra i negoziatori, un minimo di fiducia -in via di costruzione – e un briciolo di lealtà, tra Stati Uniti e Iran non si sarebbe mai firmato nulla, sostiene anche Federica Mogherini, Alto rappresentante europeo. Perché il passato è troppo traumatico per non incidere nella memoria e sul presente. Gli americani ricordano ancora il sequestro degli ostaggi all’ambasciata di Teheran nel 1979 e gli atti terroristici in cui l’Iran è stato coinvolto. Gli iraniani partono dal colpo di stato anglo-americano contro Mossadeq nel 1953 per arrivare all’attacco contro l’Iran scatenato da Saddam Hussein nell’80 con l’appoggio occidentale e delle monarchie del Golfo: otto anni di confitto, un milione di morti.
Barack Obama ha dichiarato che difenderà l’accordo con le unghie e con i denti, mettendo il veto all’opposizione del Congresso. Hassan Rohani ha promesso, rivolgendosi alla nazione dalla tv di Stato, che la Repubblica Islamica iraniana «non cercherà mai di dotarsi dell’arma atomica». Ma è assolutamente vero che quello di Vienna tra Teheran e il Cinque più Uno non è un accordo basato sulle promesse, bensì sulle verifiche dell’Aiea e della comunità internazionale. L’entrata in vigore, secondo fonti americane, dipenderà dai passi avanti dell’Iran nella limitazione del suo programma nucleare: occorreranno circa sei mesi. Ma le rassicurazioni di Obama non hanno certo placato l’ira di Israele che vede nell’accordo un tradimento dell’alleato di sempre.
Teheran otterrà la revoca delle sanzioni internazionali, l’unica vera ragione per cui i rappresentanti della Repubblica islamica hanno deciso di sedersi al tavolo del negoziato, in cambio di significative riduzioni alla portata del suo programma nucleare, che verrà sottoposto a ispezioni dell’Aiea per accertare il rispetto degli impegni.
Se l’Iran osserva l’intesa verranno scongelati dall’embargo internazionale dai 50 ai 150 miliardi di dollari in conti esteri e secondo il ministero del Petrolio Teheran sarà in grado di raddoppiare in un anno le esportazioni petrolifere, firmando contratti con le compagnie straniere per un valore stimato, forse in maniera un po’ ottimista, in 100 miliardi di dollari.
Lo scambio è sanzioni contro centrifughe, con forti limitazioni al programma nucleare. Un punto su cui la trattativa è stata più volte sul punto di naufragare. L’Iran potrà condurre attività di ricerca e sviluppo sulle centrifughe nel corso dei primi 10 anni di validità dell’accordo ma «in una maniera che non prevede l’accumulo di uranio arricchito». Teheran si impegna a ridurre di due terzi il numero delle centrifughe che oggi sono circa 19mila e verranno portate a 6mila.
L’Iran e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) si sono accordati anche sulla spinosa questione delle possibili implicazioni militari dell’attività nucleare svolta in passato da Teheran, cui sarebbe stata vincolata la rimozione di alcune sanzioni.
Le ispezioni nei siti sospetti: questa era la “linea rossa” della Guida Suprema Alì Khamenei. L’accordo è che le visite degli ispettori dell’Aiea avverranno «entro 24 giorni» dalla richiesta. In realtà l’accesso non sarebbe automatico. Secondo il direttore del programma nucleare iraniano, Ali Akbar Salehi, la “linea rossa” è stata rispettata.
L’embargo sulle armi convenzionali e i missili balistici è stato uno dei punti su cui il negoziato poteva saltare. L’embargo reggerà per altri 5 anni, per altri 8 le sanzioni Onu che impediscono l’acquisto di missili. È un accordo dove non ci sono né vincitori né vinti, tutti hanno ceduto o guadagnato qualche cosa. Ma un primattore c’è stato: il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif. Sue, secondo i testimoni, sono state le decisioni più coraggiose, prese in autonomia, senza neppure consultare Teheran e la Guida Suprema. Aveva carta bianca e l’ha giocata alla grande.