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 2015  luglio 15 Mercoledì calendario

Cosa univa Federico Fellini, Giorgio Manganelli, Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Amelia Rosselli, Luciano Emmer, Cristina Campo, e perché hanno tutti frequentato, per periodi più o meno lunghi, via Gregoriana 12 a Roma? Sono stati pazienti di Ernst Bernhard, lo psichiatra ebreo berlinese che in fuga dai nazisti visse in Italia dal 1936 fino alla morte, nel 1965. Esce ora un commento dello psichiatra all’I Ching: dopo averlo consultato Fellini decise di girare “Casanova”

Sapete cosa univa Federico Fellini, Giorgio Manganelli, Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Amelia Rosselli, Aldo Rosselli, Vittorio De Seta, Luciano Emmer, Cristina Campo, e perché hanno tutti frequentato, per periodi più o meno lunghi, via Gregoriana 12 a Roma? Sono stati pazienti di Ernst Bernhard, lo psichiatra ebreo berlinese che in fuga dai nazisti visse in Italia dal 1936 fino alla morte, nel 1965 (e con un breve periodo di internamento in un campo di prigionia fascista). Il suo studio era al sesto piano di via Gregoriana 12, con le finestre spalancate sui tetti di Roma.
IL RAPPORTO CON JUNG
Amico di Jung, da cui però lo divideva un’ansia religiosa (legata alla sua formazione hassidica), la fiducia in una provvidenza divina, la ricerca di un Dio nascosto, divenne la guida spirituale di molte personalità della cultura. Sciamano e chirologo, maestro orale e psicoterapeuta, è stato la figura centrale della psicanalisi junghiana nel nostro paese (fondò l’Aipa, associazione italiana di psicologia analitica). Come l’amico (e anche lui paziente!) Bobi Bazlen, uno degli ispiratori della casa editrice Adelphi, Bernhard amava il parlare diretto, la fluidità, diffidava della scrittura sistematica e dei percorsi troppo logici. Di lui sono stati pubblicati – postumi – solo gli appunti nella Mitobiografia (Adelphi) e le lettere dal carcere. I cinque anni di analisi fittissima con Bernhard, dal 1960 al 1965, sono stati fondamentali per Fellini e per il suo cinema onirico-fiabesco. Il regista riuscì tra l’altro a liberarsi del complesso di colpa e di inferiorità per non avere un pensiero organizzato. E anche Manganelli “si sbloccò” dal punto di vista della scrittura, sviluppando la sua effervescente vena creativa, dopo aver capito che la propria personalità era multipla.
L’ESOTERISMO
Bernhard era psicanalista insieme rigoroso e aperto all’esoterismo: la prima cosa che faceva incontrando qualcuno era leggergli la mano e poi l’oroscopo, una lettura che valeva un affilato strumento diagnostico. Tra il cielo e la terra ci sono molte più di cose di quante ne possa immaginare la scienza, né la verità coincide solo con ciò che è dimostrabile e misurabile. Anche per Hawking l’universo è avvolto in una ragnatela di linee risuonanti e vibranti, tanto da spiegare fenomeni di telepatia e chiaroveggenza. In particolare Bernhard conobbe la cultura orientale attraverso la mediazione dello studioso Giuseppe Tucci, e prese a consultare l’I Ching antico testo cinese oracolare e sapienziale molto amato da Borges, Hesse, Queneau, Cage, ma anche da Dylan e George Harrison.
Il bel libro delle edizioni La Lepre, I Ching di Ernst Bernhard, a cura di Luciana Marinangeli (pp.143, euro 16) contiene un prezioso commento all’I Ching (da lui dettato alla scrittrice Carla Vasio), più alcune lettere, testimonianze e conversazioni (in particolare con l’allieva prediletta, Silvia Rosselli). Proprio Fellini in seguito a una consultazione dell’I Ching (che si eseguiva attraverso il lancio di tre monetine bucate) capì che doveva girare “Casanova” e non “Mastorna”.
IL FATALISMO
Bernhard, che credeva taoisticamente (ma potremmo aggiungere: stoicamente e cristianamente) in un ordine positivo delle cose, non era un conservatore incline al fatalismo. Un conto è per lui il destino collettivo, che occorre riconoscere, un altro conto quello individuale, unico, che coincide con una disobbedienza (per “modificare il passato, per realizzare la propria novità”).
E poi quando ci invita a una sottomissione “attiva” al destino indica in realtà un impegnativo percorso di conoscenza. Conoscere bene cause ed effetti nella nostra esistenza, saper interpretare i nostri sogni, capire la intima necessità di tutto ciò che accade, partecipare del flusso più ampio della vita, divenir consapevoli della connessione e relazione tra le cose. Dunque non arrendersi passivamente al destino ma tentare di governarlo – nei limiti del possibile – affinché sprigioni le sue potenzialità positive, e anche usare la stessa rovina, perché la rovina è “un fatto creativo”, da essa scaturisce la diversità e la novità. Il male è la fissità, “la cosa che non cambia mai, l’idea della vita come una notte che non finisce”, mentre il bene è alternanza e ciclicità, capacità di essere duttili.
IL TESTIMONIAL
Fellini, che imparò alla perfezione questa lezione filosofica, ci appare involontariamente come il più straordinario testimonial del suo maestro: solo attraverso l’analisi ha saputo ricavare dal magma delle proprie nevrosi un intero mondo di scintillanti creazioni artistiche, ha trasformato alchemicamente la materia vile del nostro opaco quotidiano nell’oro della poesia.