Lorenzo De Cicco, Il Messaggero 15/7/2015, 15 luglio 2015
UN’ALTRA TEGOLA PER IGNAZIO MARINO: SI È DIMESSO IL VICESINDACO LUIGI NIERI. ANCHE SE NON È INDAGATO, È STATA TROPPO PESANTE, NEI CONFRONTI DELL’ESPONENTE DI SEL, LA RELAZIONE CHE GLI ISPETTORI MANDATI IN CAMPIDOGLIO DOPO MAFIA CAPITALE HANNO INVIATO AL PREFETTO FRANCO GABRIELLI, IN CUI SI PARLA DI UN «RAPPORTO FIDUCIARIO» TRA L’ORMAI EX NUMERO DUE DI MARINO E SALVATORE BUZZI, IL RAS DELLE COOP DEL CLAN CARMINATI. ORA SI IMPONE SEMPRE PIÙ URGENTEMENTE UNA FASE DUE PER LA GIUNTA ROMANA
Sono quasi le otto di sera quando Luigi Nieri, dopo una riunione fiume in Campidoglio, decide di rassegnare le dimissioni «irrevocabili» da vicesindaco di Roma. Troppo pesante, nei confronti dell’esponente di Sel, la relazione che gli ispettori mandati in Campidoglio dopo Mafia Capitale hanno inviato al prefetto Franco Gabrielli, in cui si parla di un «rapporto fiduciario» tra l’ormai ex numero due di Marino e Salvatore Buzzi, il ras delle coop del clan Carminati.
Il passo indietro, ha spiegato Nieri, è una mossa «per difendere la giunta Marino. Non sono indagato, ma non posso essere usato per inquinare l’immagine dell’intera amministrazione». Il sindaco Marino lo ha ringraziato, «è una persona leale e onesta», ma ora si ritrova a gestire una giunta che in due anni ha perso 7 assessori su 12 (uno, Daniele Ozzimo, è stato arrestato per Mafia Capitale) e che ora ha disperatamente bisogno di un rilancio per non soccombere.
LE PRESSIONI
A pesare sull’addio di Nieri è stato anche il pressing, sempre più asfissiante, del Pd per liberare la poltrona di vicesindaco con l’ipotesi di assegnarla a un proprio esponente di peso (si fanno i nomi della deputata super renziana Lorenza Bonaccorsi e del commissario del Pd Roma, Matteo Orfini, entrambi scettici, anche perché, da statuto Pd, dovrebbero lasciare l’incarico da parlamentari). Si tratta di un passaggio chiave per trasformare il rimpasto di giunta nel primo step della «fase due» chiesta dal premier Renzi. Non può bastare la mera sostituzione degli assessori in uscita (Guido Improta, dimissionario, ai Trasporti, e Silvia Scozzese, ancora in fase di «valutazione», al Bilancio). Perfino Sel, il partito di Nieri, che dopo le dimissioni, con Vendola e il coordinatore Fratoianni ha espresso «stima» per il vicesindaco, chiedendogli di «ripensarci», a microfoni spenti, prima del passo indietro, attraverso diversi esponenti locali lasciava trapelare che «nessuno si impiccherà sui nomi di chi deve restare in giunta». Un segnale inequivocabile che il partito, almeno a livello romano, aveva già mollato il suo ex uomo di punta, ormai finito in minoranza.
Nieri anche ieri ha ricordato di «avere le spalle larghe», lasciando intendere che forse avrebbe provato a resistere anche stavolta. Il suo nome, nelle carte di Mafia Capitale, era già comparso due volte, a dicembre e a giugno, nelle ordinanze che hanno fatto scattare gli arresti. Ma il colpo del kappaò è arrivato due giorni fa, quando è emerso che nella relazione della commissione d’accesso istituita dalla Prefettura per esprimersi sullo scioglimento del Comune di Roma, c’è un intero paragrafo sul vicesindaco. Non è indagato, scrivono i prefetti, ma con Buzzi aveva «un rapporto fiduciario». Il dossier consegnato al prefetto Gabrielli – che ha già portato alle dimissioni del segretario generale del Campidoglio, Liborio Iudiciello, e del capo staff di Marino, Mattia Stella – ricorda il «contributo alla campagna elettorale di Nieri da 5mila euro erogato dalla coop 29 giugno, vicina a Buzzi», ma soprattutto «la disponibilità di Nieri nei confronti di Buzzi nelle dinamiche per la nomina del nuovo capo del Dipartimento Servizi sociali». Una figura chiave per gli appalti che interessavano al clan. Per questo Buzzi, nel 2013, chiede a Nieri di intervenire. E alla fine viene nominata una persona «fidata» per il sodalizio.