varie, 15 luglio 2015
APPUNTI SULLA GRECIA PER GAZZETTA
VITTORIO DA ROLD, ILSOLE24ORE.COM 15/7 –
Oltre la metà della direzione di Syriza boccia l’accordo di Bruxelles e il vice ministro delle Finanze si dimette polemicamente. Sale di molto la temperatura ad Atene in vista del cruciale voto di questa sera in Parlamento sulle riforme chieste dall’Eurozona entro la mezzanotte di oggi senza le quali Atene va in bancarotta e rischia di uscire dall’euro.
Ben 109 membri del comitato centrale di Syriza su 201 si sono detti contro l’accordo stipulato dal premier Alexis Tsipras con l’Eurozona. «Il 12 luglio a Bruxelles è stato compiuto un colpo di stato che prova che l’intento dei vertici dell’Europa era quello di annichilire in modo esemplare un popolo, colpevole di aver immaginato un altro percorso alternativo a quello neoliberista dell’austerità estrema. Un colpo di stato che va contro ogni concetto di democrazia e sovranità popolare». Così recita il documento approvato dai dissidenti della direzione. E la presidente del Parlamento di Atene, Zoe Constantopoulou, ha rivolto un appello ai colleghi deputati a votare «no» al piano di austerità, parlando di un «ricatto dei creditori» nei confronti della Grecia.
Non basta: il vice ministro delle Finanze Nantia Valavani ha annunciato le sue dimissioni con una lettera a Tsipras nella quale esprime dubbi sul nuovo accordo raggiunto tra Atene e i creditori internazionali sostenendo che con esso la Germania intende «umiliare completamente il governo e il paese». Dopo Varoufakis, lascia dunque anche il numero due del ministero delle Finanze, seguito poche ore dopo da Manos Manousakis, segretario generale del dicastero ora guidato da Euklidis Tsakalotos.
L’intenzione di Berlino, secondo l’ormai ex ministro, sarebbe quella di far approvare le misure di austerità dal governo in carica, così da portarlo al collasso e farlo sostituire da un governo di «volenterosi». Inoltre, Valavani si è detta convinta che la «capitolazione» firmata dal governo non consenta alcuna prospettiva di ripresa e che «in particolare questa soluzione, imposta oltretutto forzosamente, non è una soluzione sostenibile».
Durante il dibattito in aula, l’ex ministro delle Finanze Varoufakis definisce l’accordo di Bruxelles «un nuovo Trattato di Versailles», confermando così il suo allontanamento da Tsipras dopo le sue dimissioni.
I deputati sono chiamati ad approvare entro la mezzanotte di oggi quattro misure: la semplificazione dell’Iva e l’allargamento della base fiscale per aumentare le entrate (ciò include la fine graduale dello sconto dell’Iva nelle isole eccetto quelle più periferiche); le misure sulle pensioni con l’aumento dell’età pensionabile e le norme per scoraggiare il pensionamento anticipato; la piena indipendenza dell’ufficio nazionale di statistica (Elstat); le norme per introdurre tagli di spesa “semiautomatici” in caso di deviazione dagli obiettivi di surplus primario dopo l’approvazione di Commissione, Bce e Fondo monetario.
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CORRIERE.IT 15/7 –
La viceministra delle Finanze greco, Nadia Valavani, si è dimessa con una lettera inviata al premier, Alexis Tsipras. L’annuncio avviene a poche ore dal voto decisivo del Parlamento ellenico sul pacchetto di misure di austerità concordato da Tsipras con l’Eurogruppo. Valavani, responsabile nel Ministero delle questioni fiscali e delle privatizzazioni, ha fatto sapere di non essere più in grado di partecipare al Consiglio dei Ministri: «È impossibile continuare a prendere parte al Governo» in carica, ha spiegato nella lettera, aggiungendo che le misure di austerità concordate con l’Europa conducono il Paese su una strada senza ritorno. Alle sue dimissioni sono seguite, per le stesse ragioni espresse in una lettera riportata dal sito iEfimerida.gr, quelle del Segretario Generale del Ministero dell’Economia, Manos Manousakis. Non solo. Come riporta online il quotidiano Kathimerini, 109 membri del comitato centrale di Syriza su 201 si sono detti contrari all’accordo stipulato da Tsipras. Il comitato ha infatti diffuso una dichiarazione in cui parla di colpo di Stato da parte dei leader europei: «L’intento dei vertici dell’Europa era quello di annichilire in modo esemplare un popolo, colpevole di aver immaginato un altro percorso alternativo a quello neoliberista d ell’austerità estrema. Un colpo di stato che va contro ogni concetto di democrazia e sovranità popolare» [Corriere.it 15/7].
E la Grecia sarà inevitabilmente il principale tema di discussione della riunione del consiglio direttivo della Banca centrale europea (Bce) che si riunirà giovedì a Francoforte. Secondo le previsioni degli analisti di Barclays non verranno annunciate nuove misure, ma le questioni legate alla crisi in Grecia saranno in primo piano nel corso della conferenza stampa [Corriere.it 15/7].
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IL POST 15/7 –
Il comitato centrale di Syriza – il partito del primo ministro Alexis Tsipras – ha bocciato a maggioranza l’accordo trovato dal governo e i creditori internazionali, defininendolo “un colpo di stato”. Nel frattempo il governo di Alexis Tsipras ha presentato al parlamento greco il disegno di legge che prevede l’applicazione di parte dell’accordo concluso dal primo ministro a Bruxelles con i creditori internazionali per proseguire i negoziati e dare mandato alla Commissione europea, alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario Internazionale per sbloccare un terzo piano di aiuti. Si tratta di una manovra da 3,175 miliardi di euro e, secondo quanto anticipato dal quotidiano greco Kathimerini, non dovrebbe prevedere riforme sulle pensioni come invece indicato dal calendario dell’Eurosummit, e ricalca in realtà le riforme indicate da Tsipras nella sua ultima proposta alla cosiddetta “Troika”.
Il parlamento di Atene è convocato per oggi: il voto dovrebbe arrivare in tarda serata, dopo una discussione che si preannuncia lunga e complicata. Nel frattempo il Fondo Monetario Internazionale ha criticato l’accordo concluso tra governo greco e creditori in un documento riservato ottenuto dall’agenzia di stampa Reuters. L’FMI è tornato a parlare della necessità di cancellazione di parte del debito greco. La viceministra delle Finanze, Nadia Valavani, si è dimessa per protestare contro l’accordo tra la Grecia e creditori internazionali.
Cosa ha detto Tsipras
In un’intervista alla televisione pubblica ERT, chiusa durante la crisi e che il governo di Syriza ha contribuito a riaprire, Tsipras ha spiegato di non credere nell’accordo, ma ha esortato i suoi parlamentari a sostenere il progetto di legge al Parlamento perché si tratta, ha precisato, dell’unica soluzione possibile: il ritorno alla dracma non sarebbe stata un’ipotesi percorribile. Tsipras ha spiegato che era chiaro che alcuni partner della Grecia avevano pronto un piano per spingere il paese fuori dalla zona euro: «Mi assumo la responsabilità di un testo in cui io non credo, ma che ho firmato per evitare il disastro del paese».
Ha detto che ci saranno aumenti sull’IVA, ma non tagli a pensioni e stipendi e ha detto di non avere «intenzione di scappare: è mia intenzione far capire al popolo che non ho intenzione lasciare il paese nella catastrofe». Ha anche dichiarato che farà «tutto il possibile per tenere unita Syriza: non pretendo che l’accordo sia da considerarsi un successo ma metterò in chiaro che le opzioni erano limitate». Sul referendum: «Quando ho fatto il referendum ero convinto che gli europei ci avrebbero dato un po’ più di tempo. Non sono stati molto buoni, sono stati un po’ vendicativi».
I numeri di Tsipras al parlamento
Diversi esponenti del partito di Tsipras, Syriza, hanno già detto di essere contrari a nuove misure di austerità. Si tratta dei parlamentari che già la scorsa settimana, dopo la vittoria del No al referendum, non avevano votato il piano proposto da Tsipras ai creditori: rappresentano una parte minoritaria ma consistente di Syriza e non ritengono che le condizioni imposte siano compatibili con quanto promesso in campagna elettorale. Nella sua intervista, Tsipras ha detto di non avere alcun piano per rimuovere i dissidenti, per esempio la portavoce del Parlamento Zoe Constantopoulou, e ha detto che cercherà di continuare come capo di un governo di minoranza – con il sostegno esterno di Nuova Democrazia, To Potami e PASOK, attualmente all’opposizione – se la coalizione perderà la maggioranza. Ha anche insistito sul fatto che il suo rapporto con i partner di coalizione, i Greci Indipendenti di Anel rappresentati dal ministro della Difesa Panos Kammenos, rimane molto buono.
Per adesso si prevede che un rimpasto di governo o comunque una revisione più ampia della coalizione sarà annunciata solo dopo il voto, e l’esito del voto stesso influenzerà le decisioni di Tsipras su come proseguire. La situazione è questa: Syriza, secondo le previsioni, perderà una trentina di voti su 149; Anel ha 13 seggi e ha mandato messaggi contrastanti sul voto di oggi, Nuova Democrazia controlla 76 seggi e Tsipras potrà contare sul loro sostegno, così come di To Potami (17 deputati) e del Pasok (13 seggi). I neonazisti di Alba Dorata e il comunisti del KKE – che controllano rispettivamente 17 e 15 seggi – non voteranno invece il disegno di legge e non c’è alcuna possibilità che possano farlo. Sabato scorso l’ultima proposta della Grecia ai finanziatori non era stata sostenuta da 17 parlamentari di Syriza. A loro dovrebbero aggiungersi altri 15 deputati. Kathimerini, citando alti funzionari governativi, dice che se il numero di dissidenti sarà inferiore a 30, Tsipras manterrà l’attuale coalizione – formata da Syriza con i Greci Indipendenti – e procederà con un ampio rimpasto. Tra i ministri che dovrebbero essere sostituiti ci sarebbero il ministro dell’Energia e della Riorganizzazione produttiva, Panagiotis Lafazanis (esponente della “Piattaforma di sinistra”, che rappresenta circa il 35 per cento del totale di Syriza), il ministro del Lavoro Panos Skourletis (ex portavoce di Tsipras quando era segretario) e il ministro della Previdenza Sociale Dimitris Stratoulis.
Se il numero di parlamentari dissidenti sarà superiore a 40, allora è più probabile la formazione di un governo di unità nazionale con un nuovo primo ministro “tecnico”. I seggi dell’attuale coalizione (che sono 162, 149 di Syriza e 13 di Anel) diventerebbero infatti meno di 121, che è il minimo previsto dalla Costituzione per un governo di minoranza.
parlamento Greco
La proposta di legge al voto del parlamento greco
Il disegno di legge che il parlamento greco dovrà votare si intitola “Misure urgenti per la negoziazione e la conclusione di un accordo con l’Esm” e consiste sostanzialmente in una manovra finanziaria di nuove tasse e tagli pari a 3,175 miliardi di euro. Il testo, secondo quanto anticipato da Kathemerini, non prevede misure per il pensionamento anticipato: ma è solo il primo di quelli che il Parlamento greco dovrà approvare per rispettare l’accordo con i creditori.
Le maggiori entrate sono previste dalla modifica delle aliquote dell’IVA. È prevista l’eliminazione a partire da ottobre degli sconti del 30 per cento sull’IVA nelle isole principali e con un reddito pro capite maggiore, mentre per le più piccole si dovrà attendere ancora un anno. Si tratta di una mediazione tra l’iniziale posizione di Tsipras, che era contrario alla fine dell’IVA speciale per le isole, e i creditori che ne chiedevano l’eliminazione completa e immediata.
L’IVA per farmaci e vaccini, libri e attività culturali rimarrà al tasso attuale, che va dal 6 al 6,5 per cento. Gli alberghi e le strutture ricettive passeranno dal 6 per cento al 13 per cento. Altri beni e servizi passeranno da 13 per cento al 23 (si tratta di una mediazione: i creditori avevano inizialmente chiesto solo due fasce di IVA cedendo poi alle tre fasce ma facendo richiesta che il cibo “processato” e i ristoranti venissero tassati con l’aliquota più alta). Ci sarà un incremento del 5 per cento delle imposte sui premi assicurativi.
Ci saranno nuove tasse sui beni di lusso: aumenti sulle imbarcazioni private di oltre 5 metri di lunghezza, sugli aerei privati, sulle auto di lusso (oltre 2.500 cc) e sulla proprietà di piscine. La tassa sugli utili societari passerà dal 26 al 29 per cento. Aumenteranno i tassi del prelievo di solidarietà per i redditi oltre i 30 mila euro. Gli incrementi saranno diversi e maggiori a seconda delle fasce: del 2 per cento rispetto all’attuale 1,4 dai 30 ai 50 mila; del 4 per cento (dall’attuale 2,1) fino ai 100 mila, del 6 per cento (dall’attuale 2,8) fino ai 500 mila e dell’8 per cento, oltre i 500 mila.
Per gli stipendi di tutte le cariche pubbliche – presidente della Repubblica, primo ministro, ministri, vice ministri, sottosegretari e così via fino ai sindaci – è previsto un prelievo speciale del 5 per cento.
Il Fondo Monetario Internazionale
Il Fondo Monetario Internazionale ha aggiornato il rapporto sul debito greco e criticato l’accordo imposto al governo Tsipras dai creditori internazionali in un documento riservato ottenuto dall’agenzia di stampa Reuters. L’FMI è tornato a parlare della necessità di un taglio sostanziale di parte del debito greco (hair cut), di un raddoppio di altri 30 anni del periodo di moratoria sul debito e di finanziamenti diretti e annuali alla Grecia per tenerla in equilibrio. L’aggravarsi della situazione negli ultimi giorni, sostiene l’FMI, è dovuto soprattutto al controllo dei capitali e alla chiusura delle banche decisa il 29 giugno scorso. Secondo l’istituzione, infine, entro i prossimi due anni il debito greco sul PIL passerà al 200 per cento, oltre il 177 stimato finora. Inoltre, il fabbisogno lordo finanziario supererà il 15 per cento e crescerà nel medio termine.
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È il D-Day di Alexis Tsipras. L’ennesimo in pochi giorni, dopo il difficilissimo negoziato con l’Ue e la sfida del referendum. Oggi il premier greco dovrà verificare la tenuta della propria maggioranza, mentre si sfilano pezzi di governo: la vice-ministra delle Finanze, Nadia Valavani, si è dimessa e il segretario generale del ministero. Peggio, la direzione del partito ha bocciato il piano Tsipras che adesso rischia di non avere i numeri in Parlamento.
In piazza, intanto, vanno in scena le manifestazioni dei dipendenti pubblici in sciopero e nel Paese prosegue la chiusura della banche. Sempre caldissimo anche il fronte finanziario: la Commissione Ue ha proposto di erogare il prestito ponte da 7 miliardi – che permetta ad Atene di far fronte alle esigenze immediate (3,5 miliardi da rimborsare alla Bce il 20 luglio) – usando il vecchio fondo Efsm (European Financial Stabilization Mechanism). Restano da vincere le opposizioni interne all’Unione, della Gran Bretagna in primis. Rimane poi criptica la posizione del Fmi, che secondo un report interno giudica insostenibile il debito greco e che minaccia di dire ’no’ al piano di salvataggio senza un taglio. Come se non bastasse, il Fondo monetario internazionale metta in guardia la Germania: "La crescita di Berlino è messa a rischio dall’incertezza sulla Grecia".
Entro stasera è attesa l’approvazione del primo pacchetto di misure imposte dai creditori. I punti più importanti sono l’addio alle agevolazioni fiscali per le isole, la riforma previdenziale con lo stop nel 2022 alle pensioni anticipate, l’incremento dell’Iva con pasta, pane e latte che passeranno dal 13 al 23 per cento. I problemi più gravi - sul piano del voto - arrivano dall’interno di Syriza: i frondisti in Parlamento sarebbero tra 30 e 40, ma la direzione del partito ha già boccia il piano. Tra i contrari ci sono l’ex ministro dell’Economia, Yanis Varoufakis - che ieri ha paragonato l’accordo con la Ue al golpe dei colonnelli - e il responsabile dell’Energia, Pangiotis Lafazanis, che ha assicurato: "Non diventeremo una colonia tedesca". La scissione del partito, a questo punto, pare assai probabile. Ma anche gli alleati di destra - quelli di Anel - hanno forti perplessità sull’appoggio al piano. Il leader Panos Kammenos, ministro della Difesa, ha detto che a Bruxelles è andato in scena un golpe ma al tempo stesso ha garantito che appoggerà in aula le misure concordate davanti al presidente della Repubblica. Insomma, non tutto il pacchetto imposto a Tsipras nella maratona negoziale di Atene.
In soccorso del premier dovrebbero invece arrivare i voti di tutta l’opposizione, con l’eccezione di Alba Dorata e dei comunisti: Pasok, To Potami e Nea Demokratia dovrebbero essere in grado di garantire oltre cento sì al piano. Un numero sufficiente per il via libera, anche se a questo punto si aprono mille incognite sul futuro politico del governo. Tsipras potrebbe scegliere la strada di nuove elezioni, sostituendo in lista i parlamentari ribelli. O dare vita a un esecutivo di salvezza nazionale. O cercare i voti dell’opposizione di volta in volta sui singoli provvedimenti. Ma certo il suo governo non sarà più lo stesso.
Il prestito alla Grecia non è cosa fatta. Schäuble insiste nel proporre l’uscita dall’euro della Grecia per cinque anni. Un rapporto del Fmi di Washington ha rilanciato i dubbi sulla sostenibilità del debito ellenico perché, anche con gli 82-86 miliardi in tre anni accordati dall’Eurosummit, l’esposizione di Atene dovrebbe essere in parte cancellata per non esplodere al 200% del Pil (dal previsto 174%). All’Ecofin il cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne è stato il primo, tra vari Paesi membri non aderenti all’euro, ad annunciare l’indisponibilità a contribuire tramite il fondo salva Stati Efsm. Il vicepresidente lettone della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha ammesso problemi «finanziari, politici e giuridici» per il reperimento dei 12 miliardi del prestito ponte ad Atene.
Martedì il Fondo monetario internazionale ha fatto filtrare alla stampa un report esplosivo in cui si sotiene la necessità di un taglio del debito di Atene da parte dei creditori europei. «Il drammatico deteriorarsi della sostenibilità del debito greco evidenzia la necessità di un suo taglio in misura ben maggiore di quanto considerato fino a oggi e di quanto proposto dal fondo Esm», si legge nel rapporto dell’Istituto di Washington di cui l’agenzia di stampa Reuters è entrata in possesso.
I governi europei dovrebbero concedere alla Grecia un periodo di grazia di 30 anni sul rimborso del debito, inclusi i nuovi prestiti, e un’ampia estensione delle scadenze. In alternativa potrebbero fare dei trasferimenti fiscali su base annua ad Atene o ancora accettare «profondi tagli al valore nominale» del debito, che nei prossimi due anni salirà, secondo l’Fmi, al 200% del pil [Marcello Bussi, MF].
Il ministro delle Finanza tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha ribadito la necessità di una Grexit, sottolineando che «ci sono molte persone nel governo tedesco che pensano che sia la soluzione migliore per la Grecia e per i greci». L’ipotesi di uno Schaeuble pronto a scalzare la Merkel non è certo fantapolitica. D’altronde, prima di essere gravemente ferito nell’attentato del 1990, che lo ha costretto su una sedia a rotelle, era Schaeuble il delfino dell’allora cancelliere Helmut Kohl [Marcello Bussi, MF].
Varoufakis ormai è incontenibile. Dice che quanto è avvenuto in questi giorni «è simile al golpe dei Colonnelli del 1967». Con una aggravante: «Allora le proprietà pubbliche non furono messe nel mirino, mentre oggi i poteri che sono dietro a questo colpo di Stato chiedono di sacrificare tutti i beni dello Stato sull’altare di un debito insostenibile». Schäuble «è dinamite pura sotto le fondamenta dell’Europa», «I colleghi ministri votavano a comando della Germania come in Unione Sovietica, con un “da”, sì, senza nemmeno sapere su cosa». Ha anche svelato il motivo delle sue dimissioni: voleva minacciare la Grexit con tre provvedimenti da attuare subito dopo la vittoria del referendum, ma Tsipras lo ha fermato.
Tsipras: «Varoufakis ha fatto degli errori, ma i suoi errori sono i miei. È un abile economista, ma la politica è mediare. E trattenersi».
Tsipras: «Non taglieremo pensioni e stipendi, rinegozieremo il debito dal 2022 e riceviamo 82 miliardi nei prossimi tre anni. L’unico modo per salvare le banche e i depositi dei greci. Sono Stato in America, Russia e Cina, ma nessuno m’ha detto torna alla dracma e ti aiuteremo – ha detto –. E tornare alla dracma significa far diventare più poveri i poveri e più ricchi i ricchi»».
CRISI GOVERNO GRECO
Il viceministro dell’economia Nadia Valavani ha annunciato le dimissioni, in polemica sul maxi- fondo per le privatizzazioni. La scissione di Syriza pare a questo punto quasi inevitabile.
A rischio per Tsipras è pure l’appoggio dei 13 deputati di Anel. La posizione loro leader il ministro della difesa Panos Kammenos – è indecifrabile: «A Bruxelles si è consumato un colpo di Stato» ha accusato senza mezzi termini. Salvo poi ammettere con un triplo carpiato che in aula «appoggerà le misure concordate davanti al Presidente della Repubblica». Quali, non si sa [Ettore Livini, Rep]
Il via libera però arriverà grazie a una maggioranza “anomala”, diversa da quella del Governo che ha giurato davanti al Presidente della Repubblica lo scorso febbraio. E Tsipras dovrà a quel punto decidere che fare: andare avanti con un governo di minoranza cercando volta per volta in aula i voti per le riforme per poi andare a elezioni, dare le dimissioni per far decollare un governo di unità nazionale («non sarei premier se nell’esecutivo entrano altri partiti») o andare a elezioni [Ettore Livini, Rep].
SITUAZIONE BANCHE
Se l’operazione del terzo salvataggio va in porto, le banche greche saranno ripulite e ricapitalizzate direttamente con una somma fino a 25 miliardi del fondo europeo Esm. Quindi appare ormai probabile che siano trasferite nel veicolo (in teoria) da 50 miliardi di beni pubblici sotto la sorveglianza dei creditori e infine vendute ad altri istituti europei: compresi quelli basati in Paesi i cui governi due giorni fa minacciavano di sospendere la Grecia dall’euro [Federico Fubini, Cds].
Nel Paese operano quattro istituti principali: National Bank of Greece, Piraeus Bank, Alpha e Eurobank. L’autunno scorso erano stati considerati in linea con le regole di capitale all’esame della Banca centrale europea, da allora però il quadro è peggiorato: la fuga del risparmio è accelerata, si è consumata la rottura fra Tsipras e il resto d’Europa, il vecchio programma di aiuti per la Grecia è scaduto, la recessione si è aggravata e gli istituti sono stati chiusi sedici giorni fa. I vincoli sui movimenti di capitale sono strettissimi e i ritiri dai bancomat non superano i 60 euro al giorno. Non c’era alternativa: senza una rete europea a sostenere la Grecia, per ora la Bce non può più prestare euro alle banche elleniche. Gli istituti sarebbero stati travolti dalle richieste dei clienti di ritirare i propri risparmi [Federico Fubini, Cds].
Le banche greche hanno depositi per circa 128 miliardi di euro, ma liquidità per non oltre quattrocento milioni. Già a fine giugno avevano un livello astronomico di crediti inesigibili in media pari al 40% dei prestiti, ma ora senz’altro di più: moltissime famiglie e imprese scelgono di scivolare in default, per tenersi il proprio denaro. Inoltre, il capitale delle banche è in gran parte costituito di crediti verso lo Stato greco di valore discutibile. In breve, le banche elleniche sono ormai illiquide e in certi casi insolventi. Hanno bisogno di una ricapitalizzazione diretta fino a 25 miliardi da parte del fondo europeo Esm. Ricordano Alberto Gallo di Rbs e Silvia Merler di Bruegel che in base alle norme europee, prima di poter ricevere un aiuto pubblico, una banca deve imporre perdite ai propri creditori. Nel caso degli istituti greci, secondo le stime del centro studi Macropolis, si tratterebbe di far pagare prima agli azionisti e poi obbligazionisti per circa 8 miliardi. Se questo non bastasse ad arrivare alla cifra richiesta, saranno imposte sforbiciate anche sui depositi. Solo dopo gli istituti greci potranno essere ricapitalizzati con le risorse dei contribuenti europei e segregati nel fondo sotto il controllo dei creditori. Quindi questi ultimi li venderanno: magari, a quelle stesse banche europee esposte sulla Grecia nel 2010 ma salvate grazie ai primi aiuti dei contribuenti europei [Federico Fubini, Cds].
LE PERDITE PER L’ITALIA
Una cosa deve essere chiara: se la Grecia non fa default l’Italia non deve sborsare nuovi fondi, nemmeno in presenza del terzo programma di assistenza finanziaria di cui si sta discutendo in questi giorni proprio per salvare Atene dal dissesto. In caso contrario, dovremo contare le perdite come tutti gli altri creditori dell’eurozona, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale. Non è necessario un nuovo esborso perché il fondo Esm opera sul mercato: emette debito sul mercato, si finanzia a tassi bassi e poi a sua volta va a finanziare il piano di aiuti, cioè presta i soldi alla Grecia [Francesca Basso, Cds].
L’esposizione totale dell’Italia rispetto ad Atene ammonta a 35,9 miliardi, di cui 10,2 riguardano i prestiti bilaterali erogati nel 2010 in occasione del primo salvataggio, quando ancora non esisteva il fondo salva Stati, più 25,7 miliardi tra garanzie e capitale forniti al fondo Esm, già contabilizzati ma che non influiscono sul deficit perché considerati in deroga rispetto alle norme del patto di Stabilità e Crescita [Francesca Basso, Cds].
LE SCADENZE DELLA GRECIA
Entro lunedì la Grecia deve trovare 7 miliardi per ripagare Bce e Fmi, verso il quale è già in arretrato. In più le servono altri 5 miliardi entro la metà di agosto. La finalizzazione dell’accordo per il terzo pacchetto di aiuti da 82-86 miliardi, che saranno erogati attraverso il fondo salva Stati Esm, richiederà infatti fino a un mese [Francesca Basso, Cds].
CHI È SCHAUBLE
Wolfgang Schäuble, 72 anni, ministro delle Finanze della Germania. Pessimo carattere, anche indurito dalle prove della vita: ragione per cui spesso accanto al suo nome appare la qualifica di «falco» nazionalista Schäuble è indicato da molti come la faccia cinica e spietata di Berlino. Convinzione che è però opportuno sottoporre a verifica, per capire chi è e cosa vuole questo politico che dal 1972 siede sui banchi del Bundestag, il parlamento tedesco; dagli elettori è più apprezzato di Angela Merkel e ha un’influenza determinante sulla politica della Repubblica federale. Se non si capisce Schäuble non si capisce la Germania d’oggi [Danilo Taino, Corriere della Sera]
Negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, crebbe nella Foresta Nera occupata dai francesi. Ed è con un soldato francese, ospite della sua famiglia, che iniziò a maturare l’idea di amicizia franco-tedesca. Certezza che si è rafforzata quando, al fianco di Helmut Kohl, ha partecipato alla relazione strategica con François Mitterrand e che lo sostiene ancora oggi. Sicuramente, è il più europeista del suo partito, la Cdu di Frau Merkel [Danilo Taino, Corriere della Sera].
Con Frau Merkel – più pragmatica e meno proiettata sul futuro dell’Europa – non ha un rapporto d’amore. Alla caduta politica di Kohl, avvenuta anche per uno scandalo di finanziamenti, Schäuble avrebbe dovuto diventare il numero uno della Cdu, ma la «ragazza» lo bruciò sul tempo. E nel 2004 Merkel si oppose a candidarlo a presidente federale. Poi, però, lo ha voluto nel suo governo, prima, dal 2005, come ministro degli Interni, poi, dal 2009, alle Finanze. Oggi è la «bandiera segnavento» per la maggioranza dei tedeschi, l’unico politico che se si schierasse contro la cancelliera la farebbe vacillare. Non lo fa. Ma ne orienta le decisioni come ha fatto nella crisi greca, durante la quale Frau Merkel ha mostrato incertezze di fronte al caos creato dalla coppia Tsipras-Varoufakis.
Quando dunque vedete quest’uomo in carrozzella, messo lì da un folle che nel 1990 gli sparò tre colpi di pistola, non crediatelo un acido falco arrabbiato con il mondo. Non è così. Può avere torto. Può avere ragione. Di certo, pensa veloce e pensa europeo [Danilo Taino, Corriere della Sera].
CASSESE E L’EUROPA
Sabino Cassese: «Non conta solo l’economia. Nella proposta greca, finalmente approvata a Bruxelles il 12 luglio, non si parla solo di finanza, ma anche del codice di procedura civile (da approvare entro il 22 luglio), della modernizzazione della Pubblica amministrazione, della sua depoliticizzazione, della indipendenza dell’istituto ellenico di statistica. Insomma, quell’accordo penetra nel cuore dello Stato, non riguarda solo il debito e le condizioni finanziarie. La trama istituzionale di questa matassa imbrogliata (due salvataggi, un terzo ora iniziato; una elezione greca con nuovo governo e diverso mandato; una richiesta europea, bocciata in apparenza dal referendum greco, seguito a ruota da una nuova proposta greca non meno pesante della richiesta di accordo appena bocciata) ha visto intrecciarsi rapporti «verticali» (popolo ellenico-governo) e rapporti «orizzontali» (governo greco-insieme dei governi europei). Essa ha messo in luce un dato istituzionale di base: i governi nazionali non sono più responsabili solo nei confronti dei loro popoli, ma anche nei confronti dei governi (e, indirettamente, dei popoli) degli altri Stati europei. Se l’Unione è una associazione a mani congiunte, può dettare regole di comportamento per tutti i suoi membri, e richiedere di rispettarle. Per cui è sbagliato parlare di sovranità ferita e di democrazia umiliata, lamentare che l’accordo non è tra eguali, evocare i protettorati, sollecitare l’orgoglio nazionale».