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 2015  luglio 14 Martedì calendario

A QUESTO PUNTO I TASSI RASOTERRA SONO MOLTO PIÙ UN RISCHIO CHE UN VANTAGGIO PER L’ECONOMIA

Da qualche tempo alcune regole generali dell’economia e della finanza sono saltate, senza essere state sostituite da norme nuove. Gli operatori sono quindi in imbarazzo e molte loro decisioni sono prese sull’onda del momento, senza un obiettivo di medio/lungo periodo. Tra gli aspetti più clamorosi della situazione c’è il livello e l’andamento dei tassi di interesse, estremamente bassi quando non negativi.
A tali anomalie si è giunti in modo non casuale. A esse ci ha portato soprattutto la politica di diverse banche centrali, in testa la Bce, che hanno inondato di liquidità i mercati nella speranza che tassi di interesse bassi o negativi tornassero a profitto degli Stati alleggerendo il peso del servizio dei rispettivi debiti, aiutando anche la ripresa. Esse pensavano che l’abbondante liquidità e i bassi o negativi tassi di interesse avrebbero favorito la ripresa della domanda di credito delle famiglie e delle imprese, insieme all’offerta da parte delle banche.
Per motivi chiari ma di cui pochi parlano, mentre il primo obiettivo è stato raggiunto il secondo non lo è stato affatto. Le difficoltà che le banche hanno nel rispettare i ratio patrimoniali imposti dalla vigilanza internazionale e le ancora troppe incertezze degli imprenditori, che limitano la propensione all’investimento e la domanda di credito, spiegano il mancato raggiungimento di questo obiettivo.
In compenso, a prescindere dai fenomeni monetari e creditizi, in alcuni Paesi la ripresa è ripartita, seppur cautamente, e con essa l’inflazione, che rimane tuttavia entro limiti più che accettabili. Tali fenomeni hanno indotto alcune banche centrali, specialmente la Fed, a pensare seriamente di cambiare politica e tutto lascia pensare che i tassi Usa risaliranno verso fine anno. L’Europa non è ancora pronta per questo cambio di direzione, ma ciò non stupisce visto che è sempre in ritardo rispetto all’America.
Prevedere quanto accadrà è tuttavia molto difficile, ci vorrebbe una sfera di cristallo. Le ipotesi sono due:
a) il mutamento di rotta avverrà riportando i mercati finanziari, forse anche l’economia, entro le regole storiche di quella che si può definire normalità;
b) esso non avverrà e tassi bassissimi o negativi continueranno a dominare la scena e ne vedremo delle belle.
Il pessimismo non giova a nessuno, ma non posso non ricordare che da diverse parti si parla di nuova imminente bolla finanziaria. I motivi che sostengono tale tesi sono piuttosto evidenti. Ne citerò, in modo disorganico, alcuni alquanto importanti.
Il primo riguarda il timore che l’attuale livello dei tassi possa sollecitare decisioni poco razionali da parte degli imprenditori. I loro calcoli potrebbero essere sempre più opportunistici e speculativi e quindi potrebbero portare a investimenti rischiosi o a rischi difficilmente misurabili. I prezzi dei vari asset non rifletterebbero più i fondamentali e il tutto favorirebbe un eccesso di debito, che le autorità bancarie dovrebbero cercare di evitare a ogni costo. Gli imperi fondati sui troppi debiti a lungo andare è come se fossero costruiti sulla sabbia. Considerazione valida oggi come ieri, ma oggi ancora più importante data la fragilità dei sistemi economici, sociali e finanziari in cui operano le imprese.
Il secondo motivo riguarda la gestione della liquidità e dei tassi soprattutto da parte dei grandi gruppi, che qualche anno fa avevano fatto di questa parte dell’attivo uno dei punti di forza della gestione aziendale. Di fronte a tassi bassissimi o negativi tale atteggiamento sta cambiando. Molte imprese preferiscono finanziarsi con il debito piuttosto che con la liquidità. Nell’incertezza del momento il cash può essere ancora utile in attesa di tempi meno incerti. È una politica che sottintende una forte avversione al rischio, di natura opposta a quella esaminata in precedenza, ciò che non deve affatto stupire. La coesistenza di propensioni al rischio troppo basse e troppo alte è una contraddizione tipica di questi tempi e lascerà sul terreno un buon numero di cadaveri.
Un terzo motivo riguarda le banche, i cui margini sono stati molto compressi dai tassi rasoterra. Se dovessero persistere ancora a lungo, i rischi per esse salirebbero pericolosamente. L’impatto sull’economia di banche poco redditizie è noto e non vale la pena esaminarlo nel dettaglio. Anche assicurazioni e fondi pensione sono estremamente preoccupati per il valore di gran parte dei loro asset in bilancio. Paradossalmente, nei Paesi in cui circolano biglietti di grosso taglio (1.000 franchi svizzeri, 500 euro e così via) la domanda di questi ultimi cresce, essendo il loro possesso più conveniente di quello di altri asset a rendimento negativo. Per tornare alle banche, buona parte dei cui crediti sono a tasso variabile legato a parametri che sono o saranno tra poco negativi, si troveranno costrette a pagare interessi ai debitori. Paradossale, ma è così e ciò testimonia meglio di altre considerazioni l’anomalia del momento, che va a coinvolgere anche l’andamento delle valute. Non è casuale che l’euro si sia molto indebolito verso il dollaro in funzione del divario fra i tassi europei e quelli Usa, fatto che rispetta leggi tradizionali dell’economia che per fortuna continuano a essere valide. È difficile far funzionare bene un sistema economico e finanziario sconvolgendo i principi storici su cui si è sempre basato. Se questo è vero, varrebbe la pena tornare al passato, quindi rialzare i tassi, certo con gradualità e tutte le precauzioni del caso, ricordando che saremo costretti a farlo, se non altro per difenderci dalla concorrenza di chi lo farà prima di noi. Il caso americano deve farci riflettere.
Roberto Ruozi, MilanoFinanza 14/7/2015