Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 14/7/2015, 14 luglio 2015
LA VITTORIA DI SCHAUBLE ASSICURA LA RATIFICA
La capitolazione su tutta la linea della Grecia nel negoziato con i partner europei a Bruxelles e l’adozione di quasi i tutti i punti sostenuti dalla linea più dura nei confronti di Atene, propugnata dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, aiuteranno il passaggio dell’intesa al Bundestag e ridurranno i ranghi dei franchi tiratori nella coalizione di Governo. Il voto del Parlamento tedesco, che è richiesto per l’approvazione finale dell’accordo, dovrebbe avvenire nella giornata di venerdì.
Il cancelliere Angela Merkel, che fin dall’inizio della fase più acuta della crisi si era dichiarata per tenere la Grecia nell’unione monetaria (seppure non «ad ogni costo»), si è di fatto accodata a Schaeuble, spuntando il massimo possibile dalla trattativa di Bruxelles. In ambienti politici tedeschi è considerata particolarmente rassicurante l’inclusione nell’accordo della creazione di un fondo che sarà alimentato dalla privatizzazione di attivi per 50 miliardi di euro e che servirà in primis a ricapitalizzare le banche greche. Si tratta di una soluzione prospettata in un documento del ministero delle Finanze tedesco, che prevedeva anche un’altra possibilità, quella dell’uscita «temporanea» della Grecia dall’euro in caso di mancato rispetto degli impegni. L’originario ideatore di questa soluzione, l’economista bavarese Hans-Werner Sinn, ha dichiarato insufficiente il risultato del negoziato, perché la Grecia «richiederebbe 50 miliardi di euro l’anno». Il fatto stesso che l’ipotesi della Grexit sia comparsa nella bozza dell’Eurogruppo (seppure fra parentesi quadre e poi accantonata) è comunque un segnale pericoloso sulla reversibilità dell’unione monetaria.
Un altro elemento che in Germania viene considerato un punto a favore della linea tedesca è il rinvio di ogni discussione su un eventuale alleggerimento del debito greco (presumibilmente con un allungamento delle scadenze e una riduzione dei tassi d’interesse) a un momento successivo, quando Atene avrà comunque già varato le misure che ha dovuto sottoscrivere e la loro attuazione sarà stata verificata nella prima revisione da parte dei rappresentanti dei creditori.
A Berlino, l’esito della trattativa di Bruxelles è stato salutato con esultanza negli ambienti governativi. «L’Europa ha vinto», ha sostenuto il capo di gabinetto della signora Merkel, Peter Altmaier. Secondo Peter Oppermann, leader parlamentare della Spd, alleata di Governo dei democristiani della Cdu del cancelliere e del ministro Shaeuble,è un successo «del buon senso». Horst Seehofer, il presidente della Csu, il partito gemello bavarese della Cdu nelle file del quale si annida il maggior numero di dissidenti euroscettici, si è dichiarato «molto soddisfatto».
I partiti della grande coalizione probabilmente tirano un grosso sospiro di sollievo davanti alla possibilità di aver evitato una rivolta di gravi proporzioni nei propri ranghi. Quando il secondo salvataggio greco fu prorogato a fine febbraio per quattro mesi, 29 dei 32 no al Bundestag vennero da deputati democristiani. Il numero dei dissidenti sarebbe stato probabilmente molto più alto, creando difficoltà alla leadership del cancelliere, se non fosse riuscita a riportare il risultato poi ottenuto. Indipendentemente dal fatto che, con una maggioranza di 504 deputati su 631, il Governo avrebbe comunque ottenuto un sì: le preoccupazioni nelle file dell’esecutivo erano tali, nei giorni scorsi, da far ventilare addirittura un voto di fiducia.
L’accordo di Bruxelles non è uscito comunque indenne da critiche dell’opposizione (la sinistra della Linke ha parlato di nuova “troika di Berlino”, composta da Merkel, Schaeuble e dal leader della Spd, Sisgmar Gabriel) e di parte della stampa. Il settimanale “Spiegel” ha definito «catalogo delle crudeltà» le misure richieste ad Atene, mentre la Sueddeutsche Zeitung sostiene che i modi e i contenuti dell’intesa fanno rivivere l’immagine dei tedeschi «avari e dal cuore di legno». Anche a Berlino qualcuno ha evocato addirittura le riparazioni dei danni di guerra imposte alla Germania dagli alleati a Versailles dopo la prima guerra mondiale, come ha fatto l’ex ministro greco Yanis Varoufakis, l’arcinemico di Schaeuble. Un’umiliazione che in Germania qualcuno non ha dimenticato. È un paragone che la signora Merkel ha sdegnosamente rifiutato.