
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi si procederà all’autopsia di Yara Gambirasio, la ragazzina di tredici anni scomparsa il 26 novembre e ritrovata cadavere sabato pomeriggio in un campo incolto a una decina di chilometri da casa sua. Sapremo così con certezza il modo e il tempo della morte.
• Non ci sono dubbi invece sul fatto che sia stata assassinata?
Nessun dubbio, almeno fino a questo momento. Il corpo era disteso sulla schiena, con le braccia all’indietro. Ci sono i segni di sei coltellate. Dovrebbe essere andata così: l’assassino ha colpito prima Yara alla gola, la ragazzina ha sollevato un braccio per difendersi, ed è stata colpita a un polso, deve essersi girata per fuggire e l’uomo l’ha colpita allora altre quattro volte alla schiena. Ferite profonde, a quanto si è capito a un primo esame, anche se non è ancora possibile dire quale pugnalata l’abbia finita. Impossibile poi stabilire il movente, se non immaginando un individuo affetto da gravissime turbe psichiche. Nel corso di questi tre mesi s’era anche parlato di una vendetta della camorra contro il padre, per ragioni di lavoro (il padre lo ha escluso assolutamente). L’autopsia dovrebbe anche stabilire se c’è stata o no violenza carnale.
• Potrebbe esserci stato un tentativo di violenza andato a vuoti, E la resistenza della piccolina potrebbe aver scatenato la furia omicida.
Sì, è possibile. Anzi, è probabile se si considera che Yara era vestita e con i pantacollant addosso. È vero che questi abiti erano comunque a brandelli. Comunque, a lume di naso e restando al poco che sappiamo, questa sembra essere la sequenza più probabile: un tentativo di abuso respinto e quindi le coltellate. Resta il problema di dove questo sia accaduto. Come abbiamo già scritto ieri, il posto è frequentato ed è stato battuto dai ricercatori. Ancora ieri Giovanni Valsecchi, responsabile della Protezione civile di Brembate Sopra, ha dichiarato: «Sono certo che quel prato è stato perlustrato più di una volta e altrettanto è stato fatto lungo il torrente». È un posto dove le coppiette vanno a far l’amore, a un passo c’è la discoteca “Sabbie mobili”, di giorno è percorso da signori e signore impegnate nel jogging. E poi i cani molecolari non si sono mai spinti in questa direzione. Dunque, il dubbio dei primi momenti resta: l’assassino ha ucciso da un’altra parte e ha poi portato qui il corpo della bambina. Qualcuno ha persino forzato il significato di questa mossa, facendo notare che il giorno del ritrovamento ha lo stesso numero – 26 – del giorno della scomparsa. Secondo questa interpretazione, quindi, l’omicida, facendo ritrovare Yara sabato pomeriggio, avrebbe persino voluto lasciare un messaggio.
• Non c’era stata la segnalazione di un’auto, arrivata a gran velocità e da cui era stato scaricato qualcosa?
È stata smentita. Gli inquirenti oltre tutto credono molto poco alla teoria del cadavere portato in un secondo tempo a Chignolo d’Isola, a pochi passi dal torrente Dordo, in questo periodo asciutto. Anche loro sostengono che «i cadaveri non si vedono», la sterpaglia che copriva i resti era molto alta, lo scopritore del corpo – un uomo di 40 anni, padre di famiglia e appassionato di aeromodellismo che adesso è sotto choc – ha visto lo scheletro della bambina (è poco più che uno scheletro ormai) proprio perché il suo apparecchio c’è quasi caduto sopra. Se Yara è stata uccisa lì, gli indizi raccolti in questi due giorni possono essere rivelatori. E ieri infatti il questore di Bergamo, Vincenzo Ricciardi, ha detto: «Abbiamo trovato cose importantissime. Da ieri sono al lavoro ininterrottamente gli esperti scientifici dell’Ert (Esperti ricerche tracce), cercano ogni piccolissimo segno, ma comunque ciò che è stato trovato è importantissimo». È anche arrivata un’autoscala dei Vigili del Fuoco per fotografare dall’alto il punto del ritrovamento. Speriamo solo che gli inquirenti, nell’ansia di prender qualcuno e fare bella figura, non mettano dentro uno che non c’entra niente. Lo scenario peggiore è quello di un innocente trasformato in mostro sulla base di indizi labili.
• I genitori?
Sono dovuti andare a Milano a riconoscere la salma. Hanno pregato di non portargli in casa oggetti, giocattoli o lettere. C’è infatti una grande partecipazione degli abitanti di Brembate al loro dolore. Ieri, alle dieci di mattina, la chiesa era piena di gente e don Corinno Scotti, nella predica, ha detto: «Adesso sappiamo cos’è un orco». Ha suonato le campane ogni ora. Campane a festa «perché Yara adesso è un angelo».
• Tutto l’insieme farebbe credere che l’assassino sia uno del posto.
Ha ragione. Uno che ha prelevato Yara all’uscita della palestra e ha poi abbandonato il cadavere a dieci chilometri di distanza, in prossimità del torrente e probabilmente al buio, deve avere dimestichezza con le strade e con i luoghi. Non è per niente da escludere che la bambina lo conoscesse. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/2/2011]
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