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 2011  febbraio 28 Lunedì calendario

CAFFE’, IL MERCATO PORTA A CASA L’ESPRESSO

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Le prime capsule espresso sono vecchie di un quarto di secolo. Ma ci è voluta la potenza di Nestlè con Nespresso e di Lavazza con la sua capillarità nei consumi di massa, la sapienza nel marketing innovativo di Illy per portare il caffè espresso a casa e negli uffici di milioni di italiani. Negli ultimi cinque anni, secondo i più attendibili rilevamenti di mercato, i volumi venduti di caffè porzionato sono triplicati. La vendita di capsule in Italia nel 2009 è cresciuta del 90% circa. In questo segmento non ci è arrivato tra i primi il gruppo Segafredo Zanetti, leader nel settore Horeca (hotel, ristorazione, caffetterie), ma con l’andar degli anni ha saputo scavarsi un proprio solco sfruttando il presidio dell’intera filiera del caffè. "E questo vantaggio competitivo ci consente di essere capofila tra quanti operano al top della qualità", commenta Matteo Zanetti, 33 anni, presidente di Segafredo Zanetti Coffee System, figlio di Massimo fondatore del gruppo trevigiano.
L’azienda guidata da Matteo è stata creata ex novo nel 2003 a Casale sul Sile alle porte di Treviso, dedicata in via esclusiva alle capsule. Secondo il suo presidente, l’impresa "ha nell’innovazione un forte tratto distintivo. Stiamo lavorando per realizzare la prima capsula biodegradabile, contiamo di essere pronti entro giugno. E da questo versante, unitamente all’ingresso nel mercato del cosiddetto caffèfiltro per Stati Uniti e Nord Europa, ci attendiamo una crescita importante. Stimiamo che la soglia dei 50 milioni di ricavi sia perseguibile nell’arco di un triennio, ma puntualizzo che siamo poco interessati al fatturato in sé quando non fosse accompagnato dagli indici reddituali che ci connotano e ci pongono, dentro al gruppo di famiglia, tra le aziende più profittevoli".
I numeri di Segafredo Zanetti Coffee System sono piccola cosa, all’interno del gruppo Massimo Zanetti Beverage Group, che nel 2009 dichiarava ricavi aggregati per 894 milioni e un fatturato consolidato di 659,9 milioni. Ma a fronte di 11,7 milioni di ricavi, dato pressoché stabile rispetto al 2008, l’azienda presieduta da Matteo riporta poi all’ultima riga del bilancio un utile netto di 1,6 milioni (2,1 milioni nel 2008). Una performance che brilla nettamente nell’arcipelago del gruppo, composto da una quarantina di società attive in un centinaio di paesi. Fortemente internazionalizzato, al punto che nel 2009 aveva generato all’estero 522,8 milioni sul totale dei ricavi, lasciando quindi al suolo patrio una quota di appena 130,6 milioni, il gruppo guidato da Massimo Zanetti ha saputo reggere all’onda della crisi internazionale. "In termini di volumi – si legge nella relazione al bilancio 2009 – le vendite risultano in linea con quanto espresso nel 2008, nonostante la crisi dei consumi che ha caratterizzato tutte le economie del mondo". In termini di redditività il bilancio consolidato rivela che il margine operativo lordo è consistito in 57,8 milioni, il risultato operativo (Ebit) valeva 24,7 milioni, il risultato lordo 14,7 milioni e infine il risultato netto è stato pari a 6,9 milioni. Tutti tali indicatori sono in sensibile miglioramento sul precedente esercizio, come effetto in particolare di una riduzione dei costi operativi. E il patrimonio netto è salito nel 2009 di una decina di milioni, arrivando a sfiorare la soglia di 189 milioni. Altri numeri identikit possono essere rinvenibili nel fatto che il gruppo dispone di 15 stabilimenti e 11 torrefazioni, commercializza 120mila tonnellate di caffè all’anno pari a 2,5 milioni di sacchi, ha nel proprio organico 2.800 dipendenti attivi in 38 società controllate nei 5 continenti.
"Ritengo che una delle chiavi di successo del modello inventato da mio padre – sostiene Matteo Zanetti – consista nel fatto che siamo gli unici a controllare tutta la filiera, dalle piantagioni di nostra proprietà in Brasile, Costarica e Honduras, fino alle 13 torrefazioni, oltre a una rete commerciale diretta di straordinaria estensione e al presidio delle tecnologie nella produzione di macchine per caffè. Mio padre ha sempre visto avanti di 1015 anni rispetto ai concorrenti, come quando ha immaginato il network dei bar in franchising, che oggi sono circa 650 nel mondo e crescono al ritmo di 23 al mese".
Tra le altre caratteristiche del gruppo, rientra pure il fatto che controlla La San Marco, azienda di Gradisca d’Isonzo leader nella produzione di macchine professionali per caffè espresso. Appunto dalla fabbrica goriziana, che nel suo campo è tenuta nel conto dei gioielli del made in Italy, escono le macchine destinate alle capsule prodotte alle porte di Treviso. Anche in questa scelta emerge la logica top perseguita da Segafredo Zanetti Coffee System, che non è presente con le sue macchine da caffè nei supermercati o nelle grandi catene di elettronica (come fanno i principali operatori del settore), ma che punta sulla propria rete commerciale per esercitare l’intero arco del servizio al cliente finale (dalla vendita di macchina e caffè, fino alla manutenzione). Non è l’abitazione privata nel mirino, ma aziende, uffici, studi professionali, attività commerciali. "Siamo stati contattati da un nugolo di fabbricanti di macchine, anche da cinesi – dice Matteo Zanetti – ma a noi il mass market non interessa. Miriamo a fare il prezzo in rapporto al massimo della qualità riconosciuta. E in questo senso anche la tecnologia della macchina è importante, perché il settore alimentare non ammette bidoni".
La fabbrica delle capsule sta a Casale sul Sile perché la famiglia Zanetti è trevigiana, benché l’unica torrefazione italiana sia basata a Bologna (e difatti Massimo è stato chiamato alla presidenza della locale squadra di calcio). Ma la holding di famiglia è ospitata in una villa settecentesca alle porte di Treviso, acquistata negli anni ’20 dello scorso secolo da Virginio Zanetti, iniziatore dell’impresa che porta il cognome della famiglia trevigiana. Virginio, uno tra i principali operatori italiani all’epoca, commerciava caffè verde con i paesi del SudAmerica e teneva i sacchi in deposito sotto alle barchesse della villa. Ma la vera svolta è venuta con Massimo, che ha drasticamente puntato sull’internazionalizzazione quando cinque anni fa ha acquisito la divisione caffè dal colosso americano Sara Lee con una serie di marchi di prima grandezza (e prima aveva realizzato operazioni di identica matrice in Austria e Germania). Tra i brands controllati dal gruppo, figurano anche Chock Full o’Nuts, Chase and Sanborn, MJB, Hill Bros., Meira, Brodies and Tiktat.


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SONO GLI STATES IL PRIMO CONSUMATORE -
Il mercato mondiale del caffè è riassumibile in alcune cifre fondamentali. Relativamente ai consumi del 2009, le statistiche parlano di 91 milioni di sacchi (pari a 5.463.100.000 chili), per un valore complessivo di 80 miliardi di euro. Tale volume complessivo può essere ripartito, riguardo ai consumi, tra Stati Uniti (21,4 miliardi di dollari), Unione europea (38,8 miliardi di dollari) e Italia (5,8 miliardi di dollari). I dati principali relativi al paese che presume di essere il vessillifero a livello mondiale in tema di cultura del caffè, ossia l’Italia, indicano che a fronte di quasi 7,5 milioni di sacchi importati nel 2009 (sdoganati per il 25,9% al porto di Trieste), l’Italia è il quarto Paese importatore dopo gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone; il fatturato complessivo del settore in Italia supera i 3 miliardi di euro; l’Italia trasforma ed esporta il 25% del prodotto importato; l’Italia è il secondo Paese esportatore di caffé torrefatto dopo la Germania.
Da sempre un polo di produzione di particolare rilievo è dislocato nel Nordest, in particolare fra Treviso e Trieste. Attorno al porto giuliano, scalo di spiccata importanza per le importazioni e lo stoccaggio di caffè verde, si è sviluppato un polo di una cinquantina di aziende che comprendono spedizionieri, agenti, importatori, torrefattori, decaffeinizzatori, laboratori, riviste specializzate per un totale di 900 dipendenti e un fatturato complessivo di oltre 500 milioni di euro. (p.p.)