ANTONIO CASSESE , la Repubblica 28/2/2011, 28 febbraio 2011
LA GIUSTIZIA DEL MONDO
Tre cose sorprendono piacevolmente nella decisione adottata sabato notte dal Consiglio di sicurezza dell´Onu: la rapidità inconsueta con cui è stata elaborata; la sua approvazione all´unanimità; l´ampio ventaglio di sanzioni previste contro Gheddafi ed i suoi accoliti.
Certo, di fronte ad un tiranno che massacra i propri cittadini perché osano ribellarsi alla sua dittatura, l´uomo della strada si sarebbe aspettata una reazione più radicale: si sarebbe aspettato che, essendo i combattimenti e le stragi ancora in corso, l´Onu inviasse subito in Libia una forza militare multinazionale di pronto intervento a fermare con le armi i massacri e ad arrestare Gheddafi e i suoi seguaci. Purtroppo la creazione di una forza multinazionale siffatta era nei piani dei Padri fondatori della Carta dell´Onu, e venne prevista nel 1945 in quella Carta, ma non ha potuto mai vedere la luce per i dissidi tra le Grandi Potenze. L´uomo della strada si chiede allora se il Consiglio di sicurezza non avrebbe potuto almeno autorizzare un gruppo di Stati, ad esempio quelli della Nato, a porre termine agli eccidi con la forza. Anche qui la risposta è facile: la Nato si esporrebbe a gravi critiche operando militarmente in un paese arabo, e comunque la Russia e la Cina non consentirebbero mai quell´intervento. Contentiamoci dunque di quel che si è potuto fare l´altra notte.
Il che non è poco. Tra le varie sanzioni previste emerge la decisione di deferire alla Corte penale internazionale Gheddafi e tutti coloro che con lui abbiano commesso o commettano crimini. Questa decisione ha molto sorpreso, perché era nota la forte opposizione di Usa, Cina e Russia alla Corte penale. In questo caso però hanno giocato la vigorosa e risoluta pressione a favore della Corte di Inghilterra, Francia e Germania, l´atteggiamento dell´ambasciatore libico a New York, che, dopo essersi dissociato dal dittatore, ha esplicitamente auspicato il ricorso alla Corte dell´Aja, nonché la recisa condanna di Gheddafi da parte di Obama, che lo ha indotto ad accettare il "rimedio penale" ed anche a sostenerlo con forza presso le altre due Potenze avverse alla Corte.
Ne è risultata una decisione che ha diversi e significativi pregi. Anzitutto, fa scattare il meccanismo della repressione penale: come scriveva nel 1893 un grande sociologo, Émile Durkheim, la punizione serve non a vendicarsi, ma a proteggere la società, anche perché la punizione riafferma e rafforza valori e ideali collettivi; in questo caso l´intervento dei giudici può anche ottenere un effetto aggiuntivo di dissuasione, scoraggiando almeno taluni dei seguaci del dittatore dal commettere ulteriori crimini. Il secondo merito della decisione è che delimita assai bene l´oggetto delle indagini del procuratore dell´Aja: egli deve investigare solo i fatti avvenuti dopo il 15 febbraio 2011 (quando è cominciata la repressione), per accertare se costituiscono crimini contro l´umanità. Dunque, non è il regime dittatoriale di Gheddafi che costituisce oggetto di giudizio penale, ma solo i massacri avvenuti negli ultimi giorni. In terzo luogo, le indagini del Procuratore dell´Aja non devono essere limitate agli atti compiuti dal dittatore e dai suoi accoliti, compresi i mercenari, ma possono estendersi ad eventuali atrocità commesse dai ribelli. Infine, si mette fretta al procuratore: deve riferire al Consiglio di sicurezza entro due mesi e successivamente ogni sei mesi. Viste le lungaggini in cui spesso si perdono i procedimenti penali internazionali, questa sollecitazione alla rapidità mi sembra benvenuta.
Tutto bene dunque? In realtà qualche ombra c´è. Come è noto, gli Stati Uniti ancora oggi, sotto Obama, credono molto alla giustizia penale internazionale, ma solo finché non siano coinvolti cittadini statunitensi; e perciò si tengono lontani dalla Corte penale internazionale. Per gli Usa vale dunque la regola dei "due pesi e due misure": il principio della supremazia del diritto (rule of law) vale all´interno degli Usa e, al livello internazionale, soprattutto per gli altri Stati. Coerentemente con questo atteggiamento, su richiesta statunitense (ed ovviamente con l´appoggio di Cina e Russia) la decisione del Consiglio di sicurezza precisa che eventuali cittadini non libici che risultassero coinvolti nei massacri (in chiaro: i mercenari) non possono essere giudicati dalla Corte, ma solo dai loro Stati nazionali, se questi Stati (come gli Usa, la Cina, la Russia ed altri) non hanno ratificato lo Statuto della Corte penale. Quindi un mercenario statunitense, russo, cinese, indiano o pakistano potrà essere giudicato solo da un suo tribunale nazionale, mentre un mercenario francese, italiano, tedesco, inglese ecc. dovrà essere processato dalla Corte penale, perché questi ultimi Stati hanno aderito alla Corte dell´Aja. A parte la singolare deviazione dal principio di eguaglianza, il problema principale è che non esistono meccanismi per verificare se poi uno di quegli Stati processa davvero i propri mercenari. Rimane dunque un´ombra, di cui non ci si può certo sbarazzare con la nota massima filistea secondo cui «il meglio è nemico del bene».