
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Yara Gambirasi è stata uccisa e il suo corpo è stato trovato ieri, verso le tre e mezza del pomeriggio, a Chignolo, dieci chilometri da Brembate, da uno o più appassionati di aeromodellismo che si stavano divertendo a far librare i loro velivoli. Uno degli apparecchi è caduto tra l’erba alta e quando quello che l’aveva lanciato è andato a recuperarlo ha visto i resti della povera bambina. Sono arrivate le volanti, e dai vestiti – i pantacollant scuri, la maglietta della Polisportiva Bergamasca, il giubbone Hello Kitty – i poliziotti hanno capito subito di che si trattava. Erano gli stessi abiti che Yara indossava il 26 novembre. Il piccolo cadavere aveva anche l’apparecchio tra i denti. Ci vorrà l’autopsia per l’identificazione definitiva e ufficiale, e per stabilire con un minimo di approssimazione la data e le cause della morte. Ma già ieri sera, verso le sette, il questore Vincenzo Ricciardi e il capi di gabinetto Angelo Re sono andati a Brembate Sopra, a informare i genitori di Yara che la storia si era conclusa, e nel più tragico dei modi.
• I genitori sono rimasti sempre in silenzio, e m’immagino che non avranno rilasciato commenti neanche stavolta.
Neanche una parola, e la strada dove abitano è ancora proibita ai giornalisti, non c’è quindi modo di avvicinarli. Del resto, che tipo di testimonianza potremmo raccogliere? Lacrime disperate o forse un silenzio di ghiaccio, quello che ti deve scendere nel cuore quando sei padre o madre e ti succede una cosa come questa. In questi tre mesi, gli stessi inquirenti avevano alimentato la speranza che Yara potesse esser viva, rapita da qualcuno a cui forse poi sarebbe potuta sfuggire. O magari presa da un desiderio incomprensibile di libertà, dico “incomprensibile” perché la bambina era del tutto priva di inquietudini o stranezze, niente internet, niente diari, un’unica passione per la ginnastica ritmica, e anche l’ultima uscita di casa, quella fatale, era stata innocentissima, una corsa alla palestra del paese per consegnare uno stereo portatile alle amiche che si allenavano, quattro chiacchiere, poi l’uscita per tornare a casa alle 18.44. L’ultima volta che è stata vista.
• Polizia, carabinieri, cani eccetera non erano andati a cercare nel punto dove poi è stato ritrovato il corpo?
Sì, e ieri infatti era un coro: non l’hanno ammazzata qui, l’hanno uccisa da qualche altra parte. Ci sono parecchie circostanze che rendono plausibile questa ipotesi: il campo incolto in cui è stato ritrovato il corpo non è abbandonato. Vi corrono non lontano strade intitolate a musicisti, (via Verdi, via Puccini, via Rossini, via Mascagni), a pochi metri c’è un capannone, poco distante l’Osteria Per Bacco. Voci tutte da verificare parlano di un corpo che è stato immerso per qualche tempo nell’acqua. Lo scorso 16 gennaio venne trovato a duecento metri il cadavere di un dominicano, ucciso durante una rissa in discoteca. I ricercatori hanno detto di essere passati da queste parti più volte. E un testimone, di cui per ora non sappiamo il nome, giura di aver visto arrivare sul posto qualcuno ieri mattina: una macchina a tutta velocità, che si è fermata di colpo e «ha scaricato qualcosa». Quindi, potrebbe essere.
• E perché un assassino avrebbe fatto una cosa simile?
Infatti ci sono anche quelli che non credono a questa ipotesi. «I cadaveri non si vedono» è la frase che viene ripetuta da chi se ne intende. E anche questo è vero: ci sono corpi abbandonati che si ritrovano, sempre per caso, dopo anni e anni. D’altra parte, se il corpo fosse lì dal primo giorno, per chi ha cercato e per i famosi cani sarebbe un brutto smacco.
• Ci sono casi che potrebbero essere assimilati a questo? Di cadaveri, appunto, portati in un certo posto dopo molto tempo?
Ida Pischedda, una ragazza di 23 anni, bruciata e fatta trovare poi in un prato di Montesacro a Roma nel 1977. L’assassino non fu mai preso. Se l’uomo che ha ucciso Yara ha davvero trasportato il cadavere ieri mattina, ha dato agli investigatori una chiave di ricerca importante. Se lo ha fatto davvero, forse vuole essere preso. È un altro dettaglio che imparenta questa storia con quella di Sarah Scazzi. Anche lì, ritrovamento dopo circa tre mesi e soluzione offerta dal complice Michele Misseri.
• Ma l’assassino avrebbe dovuto tenersi in casa il corpo della ragazza per tutto questo tempo? Mi pare assurdo.
E come mai, in aperta campagna e con tanta gente a circolare da quelle parti, nessuno ha percepito neanche l’odore? È decisivo sapere dalle analisi a quando risale la morte. Se fosse un tempo più recente di tre mesi fa… In ogni caso, è già successo che psicopatici si siano tenuti in casa cadaveri, magari adorandoli, magari circondandoli di ceri e riempiendo la stanza di profumi perché i vicini non s’accorgessero di niente. La fine di Yara è purtroppo quella che era più facile prevedere. Ma gli sviluppi successivi di questa tragedia non sono poi forse così scontati. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/2/2011]
(leggi)