Elena Meli, Corriere della Sera 27/02/2011, 27 febbraio 2011
IL VILLAGGIO DOVE NON ESISTONO NE’ I TUMORI NE’ IL DIABETE
La maggior parte di loro non supera il metro e dieci di altezza. Vivono in sperduti villaggi delle Ande, in Ecuador, e discendono da un gruppo di ebrei spagnoli e portoghesi che emigrarono in America Latina intorno al 1500. Oggi sono al centro degli interessi dei medici, perché non sanno che cosa significhi ammalarsi di tumore o di diabete. A scoprirlo è stato un diabetologo ecuadoregno, Jaime Guevara-Aguirre, il primo a studiare questo "strano"gruppo di nani resistenti ai mali del secolo. Tutto è iniziato nel 1987, quando Guevara-Aguirre andò in vacanza sulle Ande: si spinse a cavallo fino a villaggi praticamente irraggiungibili e qui si imbatté in un numero insolitamente cospicuo di persone affette da nanismo. Il fatto lo incuriosì, così decise di tornare per visitarli, seguirli e confrontarli con gli altri abitanti dei villaggi di statura normale. Nel 1994, dopo aver raccolto un bel po’ di dati, il medico si accorse che i nani di quei villaggi non si ammalavano mai di cancro o diabete. Nessuno volle dargli ascolto, la comunità scientifica lo esortò ad aspettare a trarre conclusioni, perché di sicuro con gli anni sarebbero spuntati casi di malattia. Guevara-Aguirre di anni ne ha aspettati 24: in tutto questo tempo nessun diabetico, neppure fra i nani con problemi di obesità, e un solo caso di tumore benigno dell’utero (peraltro guarito senza conseguenze). Negli anni il medico ha studiato genetica e metabolismo di un centinaio di pazienti e di 1600 loro parenti di statura normale, che invece avevano sviluppato un tumore nel 17%dei casi e diabete nel 5%; così oggi per questa "resistenza"alle malattie c’è una spiegazione che, secondo alcuni, potrebbe rivelarsi il segreto della longevità. Tutti i nani in questione soffrono infatti della sindrome di Laron, malattia ereditaria nella quale i recettori per l’ormone della crescita sono assenti o alterati: di conseguenza l’ormone non può funzionare e non attiva la produzione del fattore di crescita analogo all’insulina, o IGF-1. «Guevara-Aguirre inizialmente tentò di curare con IGF-1 sintetico i suoi pazienti, perché questo ormone favorisce l’accrescimento in altezza— racconta Ezio Ghigo, endocrinologo dell’università di Torino che da anni studia gli effetti dell’ormone della crescita e IGF-1 —. Ben presto però non si reperirono più le risorse per garantire la terapia a tutti. Così, il medico si è trovato con un numero di casi consistente in cui seguire che cosa accade "spegnendo"l’azione dell’ormone della crescita. Ha anche analizzato il siero dei nani, scoprendo che protegge le cellule dai danni al Dna e ne provoca il "suicidio"quando sono danneggiate e potrebbero perciò trasformarsi in cellule tumorali» . L’elemento-chiave, secondo il ricercatore, è proprio IGF-1: l’ormone infatti favorisce la proliferazione cellulare, se manca viene meno una "spinta"consistente alla crescita dei tumori. A ciò va aggiunto che l’assenza di IGF-1 riduce i livelli di insulina in circolo e aumenta la sensibilità delle cellule all’insulina stessa, abbassando così il rischio di diabete. D a questo a pensare che mettere a tacere l’ormone della crescita (e quindi l’IGF-1) sia la chiave per la longevità il passo è stato breve. In realtà la popolazione di nani ecuadoregni non vive più a lungo della norma: c’è infatti un’alta mortalità per abuso di sostanze e incidenti, ma anche una probabilità considerevole di malattie cardiovascolari. Nonostante ciò, Guevara-Aguirre e Valter Longo, il biologo californiano che ha analizzato la genetica e il metabolismo dei nani, hanno puntato gli occhi su un antagonista dell’ormone della crescita già usato per i pazienti in cui l’attività dell’ormone è eccessiva, ad esempio in casi di gigantismo. I ricercatori propongono future sperimentazioni del farmaco in famiglie ad alto rischio di diabete o tumore, o magari in pazienti già malati di cancro; non disdegnano neppure l’ipotesi di una terapia preventiva che riduca l’attività dell’ormone della crescita, senza scendere a livelli rischiosi come quelli dei pazienti con sindrome di Laron. Ghigo frena: «I dati non dimostrano che ormone della crescita e IGF-1 facciano venire il cancro: l’ipotesi di bloccare questa via metabolica per vivere più a lungo, ma pure per prevenire o curare tumori e diabete, per ora è fantascienza, anche perché questi sono solo alcuni dei fattori di crescita che "lavorano"nel nostro organismo» . «Il messaggio semmai è un altro — conclude l’esperto —. Visto che bloccare l’attività dell’ormone previene cancro e diabete, bisogna evitarne l’uso improprio: penso al doping nelle palestre o all’uso per ridurre la massa grassa, ma anche all’eccesso di prescrizioni in pazienti con deficit ormonali. Se l’ormone è carente si può usare, ma senza esagerare» .
Elena Meli