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 2011  febbraio 28 Lunedì calendario

Ecco il bunker di Gheddafi con piante, piscina e Jacuzzi - La dimora più famosa è quella di Adolf Hitler: quindici stanze più servizi, seppelliti sotto il giardino della Cancelle­ria di Berlino a dodici metri di profondità

Ecco il bunker di Gheddafi con piante, piscina e Jacuzzi - La dimora più famosa è quella di Adolf Hitler: quindici stanze più servizi, seppelliti sotto il giardino della Cancelle­ria di Berlino a dodici metri di profondità. Duecento metri quadrati, arredamento un po’ spartano, armadietti di lamie­ra e letti da campo. C’erano lu­ci basse, aria umida e atmosfe­ra cupa. Il Führer si suicidò in salotto. La tv non c’era ancora. La tv invece è entrata nel bunker di Muammar Ghedda­­fi, Al Jazeera ma anche Media­­set, sotto una delle sue lussuo­se residenze, quella di Al Bayda, 200 chilometri da Ben­gasi, che i ribelli hanno preso in mano e ripulito persino dei sanitari del bagno.Un’incredi­bile rete di sotterranei e pas­saggi segreti, interrotti da pe­santi porte blindate, una via di fuga che finisce in una piatta­forma per elicotteri. Ma anche il necessario per viverci asse­diato non più di qualche me­se, protetti da un sofisticato si­stema elettronico, l’enorme pi­scina, la sauna, una Jacuzzi e il giardino con piante lussureg­gianti ai piani di sopra. Al Co­lonnello ora è rimasta Bab el Zizia, che è il quartiere della roccaforte dove si è asserraglia­to. Che è sempre meglio del bu­co, il «buco del ragno» dove i genieri della Quarta Divisione di Fanteria americana trovaro­no Saddam Hussein, un lavan­dino abitabile sigillato con due spalate. Pensare che il rais ne aveva uno, nome in codice 305, sulla riva sinistra del Tigri. Grande come un campo di cal­cio su due piani, 534 posti let­to, centro di teletrasmissioni, area di decontaminazione, sa­la operatoria. Un tetto di cin­que metri così solido da resiste­re a una temperatura di 300 gradi, farci rimbalzare un Crui­se e trasformare la bomba di Hiroshima in una leggera vi­brazione appena percepibile. L’ultimo domicilio dei ma­cellai della storia, dal Pol Pot a Gheddafi, non ha bisogno di Tore Bore per diventare grotte­sco. Ogni dittatore ha avuto il suo, lontano dalla realtà, so­speso nel tempo, inutile due volte su tre. E ognuno lo ha per­sonalizzato a modo suo. Mo­butu aveva un debole per i marmi rosa, Saddam per le pol­­trone rosse, Ceausescu per i ru­binetti dorati. Pol Pot invece era ossessionato dall’arredo delle pareti che voleva tappez­zate di foto delle sue vittime scattate subito dopo l’esecu­zione. Gli piacevano i posti con vista mozzafiato. Per co­struire questi castelli sotterra­nei non si è mai badato a spe­se. Milosevic attrezzò il suo con ascensori superveloci e li­nea metropolitana privata, Siad Barre ci parcheggiò il jet privato che sbucava all’im­provviso dal nulla, tra le colli­ne che circondano l’aeroporto di Mogadiscio. In tutto questo spreco l’uni­co materiale di scarto è sem­pre stato l’uomo. Ceausescu fe­ce costruire la ragnatela di cu­nicoli che collegavano i suoi palazzi da centinaia di prigio­nieri politici. Poi per conserva­re­segrete le mappe li faceva eli­minare, uno per uno, e seppel­lire direttamente sul posto. Nel bunker di Gamsakhurdia, i ribelli georgiani liberarono una quarantina di ostaggi, tra cui il vice ministro della Dife­sa. Erano stati tutti torturati, tra la veranda e l’angolo cottu­ra. C’erano manette appese ai tubi dell’acqua, cavi per l’elet­troshock nascosti dentro il co­mò. E decine di scheletri, so­prattutto negli armadi. Tra le rovine di Villa Soma­lia, ultima trincea di Siad Bar­re, trovarono invece centinaia di suppliche, invocazioni di grazia, richieste di pietà rima­ste senza risposta «A Sua Eccel­lenza Siad Barre, chiedo la li­bertà per il poeta Abdullah Ra­ge Traweh, imprigionato sen­za accuse da cinque anni...». Una casa vuota, ma piena di ombre. Enver Hoxha, incon­tentabile e paranoico, trasfor­mò l’Albania tutta in un bunker personale da dove, in quarant’anni di potere, non uscì mai né per una parata, né per un viaggio. In molti dei 700mila bunker costruiti per difendersi da un invasore mai sbarcato, (monoposto, fami­liari, con fortino incorporato, spuntoni di vetro e cannonci­ni regolabili) i contadini ci han­no infilato pecore e galline. Quelli sulla spiaggia sono di­ventati «chiringuito» e cabine per i bagnanti, le coppiette hanno riciclato le claustrofobi­che tane della paura in tempi dell’amore libero. La fine, in fondo, che si meritavano.