Francesca Pituzzi, Il Messaggero 28/2/2011, 28 febbraio 2011
GERGO DEI GIOVANI, L’ALTRO ITALIANO
C’era una volta il Tirannosauro …, sì perché se chiedete ad un bambino di 5 anni come si chiama quell’animale grande grande che sembra un lucertolone in piedi, lui risponderà senza esitazione “T-Rex”, figlio di mamma Usa e di papà Cartone animato, di quelli che trasmettono al mattino prima di andare a scuola. Ma se la domanda la facciamo a chi di anni ne ha 15, lui risponderà che T-Rex è il suo amico parecchio tirchio, di braccino corto, appunto, proprio come gli arti superiori del nostro caro, vecchio Tirannosauro.
Prodigi dell’evoluzione del linguaggio: sul sito di Italysoft - vocabolario della lingua dei giovani italiani, il dizionario moderno si costruisce on line ed ognuno può lasciare il proprio contributo, funziona così: si compila il form con le generalità, si indica nello spazio apposito una nuova espressione da inserire, la sua collocazione geografica e, naturalmente, la spiegazione meglio se corredata da esempi. Così se poi ci capita di salire in metropolitana all’uscita di scuola e sentire espressioni come «hai un bulbo che non s’affronta», saremo al cospetto di un tizio particolarmente spettinato oppure «bella, bro...ieri sono andato in botta» capiremo che la sera precedente il primo, felice di aver incontrato l’amico che considera come un fratello (bro sta per brother) ha alzato un po’ troppo il gomito, e se dopo aver buttato il baco, aver cioè provato a socializzare, il ragazzino un po’ insistente chiede alla sua preda coetanea «t’accollo?» e la fanciulla risponde «evapora», abbiamo gli strumenti per capire che i nostri ragazzi hanno rielaborato in maniera piuttosto efficace un concetto scolastico della chimica elementare sul passaggio dallo stato solido allo stato gassoso e quello più casalingo sull’utilizzo della colla. E, ancora, se nostro figlio ci appare «tranquo» e «sciallo» tiriamo un sospiro di sollievo, se poi lo ascoltiamo darsi «una punta per un ape», significa che di lì a breve uscirà per un aperitivo con gli amici, se poi farà tardi ma sarà «antisgamo» si archivierà a letto a dormire senza essere riusciti a stanarlo.
«I ragazzi tirano da una parte e noi dall’altra, ma l’importante è tenere assieme i pezzi, vivere l’esperienza linguistica in tutta la sua ricchezza e creatività» per Francesco Brugnetta, professore di Italiano al Liceo Scientifico “A. Avogadro” di Vercelli, il problema è rappresentato dall’attraversare i distinti territori configurati dalla «lingua scritta, lingua letta, lingua parlata e poi slang, dialetto» senza compromettere la correttezza di un idioma che deve continuare ad essere rispettato nelle sue codificate caratteristiche semantiche. «Non censuro certo le espressioni gergali, ma invito ad usarle con gusto, come una spezia da dosare con attenzione». Più pessimista Giulia Mercuri che insegna alla Media Salvo d’Acquisto di Cerveteri: «Da 30 anni assisto ad un progressivo deterioramento della lingua italiana, iniziato nell’ anno in cui il Ministero ha eliminato l’insegnamento del latino alle medie. Era il 1977. Ecco, io mi trovo ad insegnare ai figli di una generazione che ha vissuto l’inizio dell’impoverimento dell’italiano, staccato dalla sua matrice latina». Facciamo parlare i numeri: dalle 10 ore settimanali dedicate all’italiano ed al latino ora solo 9 sono ripartite tra italiano, storia, geografia ed educazione civica. «Non dimentichiamoci - aggiunge - che l’italiano è un latino mascherato, se noi insegniamo la vecchia grammatica, quella alessandrina, togliendo il riferimento al latino il ragazzo non avrà più gli elementi per capirla». Vecchia grammatica ma nella nuova contaminata lingua, lo scollamento pare evidente.
A fare da gancio tra il passato e il presente ci prova la Zanichelli, la storica casa editrice da sempre impegnata nella produzione di opere di consultazione tra cui la linguistica, che chiede “aiuto” alla scuola per “rinfrescare” la memoria sull’uso delle locuzioni facendone il fondamento in una più vasta operazione di recupero dei modi di dire e delle espressioni idiomatiche del passato. Per il settimo anno consecutivo è stato, infatti, indetto un concorso di scrittura pensato per le scuole secondarie di primo e di secondo livello, dall’emblematico titolo “Legàmi di Parole”. Compito dei ragazzi sarà di comporre un testo utilizzando almeno 5 tra le oltre 44.000 locuzioni esistenti nel nostro vocabolario(“espressioni tipiche di una certa lingua, costituite da due o più parole, con significato autonomo rispetto a quello delle parole che le compongono”, come le definisce loZingarelli2011).
Chi conosce il “Convitato di Pietra” e “L’ultimo giapponese” oppure le espressioni “Andare con il cavallo di San Francesco”, “Salvarsi per il rotto della cuffia” e prendere “Zero spaccato”?
Padri vs Figli:è arrivata l’ora di lanciare il guanto bianco di sfida.
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