Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 28/02/2011, 28 febbraio 2011
PERCHE’ NESSUNO HA FERMATO L’UOMO CON LA BALESTRA?
Il Guglielmo Tell della Franciacorta non ha centrato, come fu imposto al celebre eroe svizzero, la mela sulla testa del figlioletto, ma il suocero in gola. Un tiro e via. Con la stessa arma, la balestra. Sembrava che fosse ormai rubricata tra gli strumenti bellici d’epoca (può darsi che Federico II la usasse per la caccia alla gru), capaci di eccitare i desideri di qualche fanatico collezionista o di qualche sparuto circolo sportivo. Sembrava relegata, tutt’al più, al mondo della letteratura fantasy, dove non risulterebbe assurdo intravederla tra le braccia del popolo degli elfi o degli orchi. Invece eccola là, sabato sera, spuntare in tutta la sua attualissima potenzialità offensiva non nella Terra di Mezzo, ma nel pieno della Lombardia. Più che spuntare, puntare: alla gola, appunto. D. P., il Guglielmo Tell, l’orco di Ome (Brescia), ha 28 anni, è un operaio specializzato, e oltre al dardo appena può usa volentieri pugni e calci. Da sempre, o quasi. Almeno da quando ha conosciuto la futura moglie, da cui avrebbe avuto due figlie che oggi hanno sei e tre anni.
La balestra (quella medievale in legno o quella di ultima generazione in fibra?) non l’aveva ancora tirata fuori dal cassetto quando la donna con cui viveva andò a denunciarlo per stalking e maltrattamenti. E neppure quando, due anni fa, la moglie, ottenuta la separazione, era tornata ad abitare con i suoi genitori portando con sé le due bambine, come stabilito dal giudice. Fino al termine dell’anno scorso D. P. si era accontentato di usare le mani e di perseguitare la donna, chiedendole di tornare all’ovile con le figlie. Poi, il giorno dell’Epifania, il salto di qualità. Dai muscoli alla chimica: D. P. si presenta a casa dei suoceri e lascia dei pasticcini per le figlie. Sembra il pensiero di un padre affettuoso, invece nessuno si è accorto che i bigné contengono dosi di mercurio: per fortuna la bambina più grande ne ha ingeriti alcuni senza conseguenze. Solo un bigliettino abbandonato sulla soglia di casa avrebbe rivelato le vere intenzioni del futuro Guglielmo Tell. Diceva le sue «sragioni» , confessando la manomissione e minacciando: «Se mia moglie non torna a casa, la prossima volta non lascerò messaggi, ma ucciderò la piccola...» . Risultato: dopo l’arresto e due notti in cella, il giudice delle indagini preliminari pensa bene (male) di rimetterlo in libertà, convertendo in semplice «lesione» l’accusa di tentato omicidio, ma impedendogli (bontà sua) «di avvicinarsi alla casa dell’ex moglie e alle figlie» .
Infatti. Fino a sabato sera le cose sono andate lisce, poi entra in scena Guglielmo Tell con tanto di balestra: verso le dieci di sera fa irruzione in casa dei suoceri urlando: «Se non posso vedere le bambine, non le vedrete più nemmeno voi...» . E parte il colpo. Deposta l’arma, non è contento e si ricorda di avere buoni muscoli. Inveisce con quelli. Moglie e figlia della vittima riescono a spingerlo fuori e appena i vicini si accorgono che qualcuno in giardino dà i numeri tempestando di calci e pugni le due donne, chiamano la polizia. Il suocero, 66 anni, è ricoverato in prognosi riservata e rischia la vita. «Cosa doveva fare per rimanere in carcere?» , ha chiesto l’ex moglie in caserma, «ucciderci tutti? Ho denunciato le sue violenze più volte, ma è rimasto libero...» . Parole sacrosante. Non siamo né nella Terra di mezzo né nel fantasy. Un pazzo violento, nel mondo reale, bisognerebbe riconoscerlo e isolarlo ben prima che compia un gesto irreparabile. Dopo le botte, il mercurio e la balestra, dobbiamo aspettarci altro?
Paolo Di Stefano
(Ha collaborato Giuseppe Spatola)