LUIGI GRASSIA, La Stampa 28/2/2011, pagina 25, 28 febbraio 2011
Contro lo spettro Maghreb la Cina frena Pil e prezzi - L’eco delle rivolte arabe arriva fino in Cina: per adesso la mobilitazione popolare sembra poca cosa, ma anche nel Maghreb si era cominciato con piccoli numeri, perciò il governo di Pechino va in ansia e già appresta contromisure
Contro lo spettro Maghreb la Cina frena Pil e prezzi - L’eco delle rivolte arabe arriva fino in Cina: per adesso la mobilitazione popolare sembra poca cosa, ma anche nel Maghreb si era cominciato con piccoli numeri, perciò il governo di Pechino va in ansia e già appresta contromisure. Ogni domenica nella capitale qualche centinaio di persone mobilitate via web si radunano in piazza per chiedere più democrazia. La prima preoccupazione delle autorità è che una spirale inflazionistica metta a rischio non solo la competitività del Paese ma anche la sua stabilità sociale, gettando benzina sul fuoco delle proteste. Una ricetta classica per raffreddare i prezzi è rallentare il passo della crescita economica, e la Cina si sta orientando proprio in questa direzione. Ieri il primo ministro Wen Jiabao ha annunciato che l’economia cinese continuerà sì a crescere nel prossimo quinquennio, ma a un ritmo rallentato rispetto agli ultimi anni, con un Pil in aumento di «appena» il 7% ogni dodici mesi, rispetto agli sprint a due cifre cui Pechino era abituata (+10,3% nel 2010). Si tratta di un ulteriore taglio rispetto alle precedenti stime, già ribassate all’8% medio annuo. La priorità assoluta è dunque quella di mantenere i prezzi sotto controllo, per evitare qualsiasi possibile scintilla di protesta. «La rapida crescita dei prezzi - ha sottolineato Wen - ha influito sulla stabilità pubblica e persino sociale. Il partito e il governo hanno sempre considerato una priorità tenere i prezzi a un livello sostanzialmente stabile». Ma un’economia su di giri, sommata alle impennate delle materie prime energetiche e degli alimentari (+10,3% a gennaio), potrebbe rappresentare una tigre difficile da domare. Sempre allo scopo di mantenere il più possibile inalterato l’attuale equilibrio sociale, anche la politica monetaria cinese sarà improntata alla prudenza, ha assicurato Wen. Questo non significa che la moneta nazionale verrà rivalutata rapidamente, come si chiede all’estero. «Se lo facessimo - dice il premier - molte nostre imprese sarebbero costrette a chiudere e la produzione per l’export slitterebbe dalla Cina ad altri Paesi, facendo perdere il posto a molti dei nostri lavoratori». La politica monetaria resterà perciò cauta, ha insistito Wen, cercando di barcamenarsi fra la necessità di tenere sotto controllo l’inflazione e quella di non frenare eccessivamente le esportazioni. Da ottobre 2010 fino all’ultima mossa dell’8 febbraio scorso la Cina ha già alzato tre volte i tassi di interesse e ha preso provvedimenti per calmierare i prezzi immobiliari contro la bolla speculativa. Ma probabilmente serviranno mosse più incisive.