
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli italiani stanno in fila per i saldi, le associazioni dei consumatori si lamentano perché, secondo loro, la stagione degli sconti andrebbe anticipata, intanto si sa che gli acquisti di Natale hanno portato fortuna quasi solo all’elettronica, mentre l’abbigliamento è precipitato del 10-15 per cento. C’è poi la questione dei “saldi riservati”, che ieri ha provocato un intervento dell’Antitrust: secondo l’agenzia che vigila sulla concorrenza, il fenomeno delle prevendite – fatte in favore di associazioni o di gruppi scelti di clienti – distorce gravemente la concorrenza e discrimina i consumatori. Si deve dunque provvedere con una legge a reprimere il fenomeno. La nota è stata mandata a governo e Parlamento.
• Come mai a Natale la domanda di abbigliamento è crollata?
Probabilmente perché le famiglie sanno che, se bisogna comprare un cappotto o un paio di scarpe, è meglio aspettare gennaio, quando cominciano i saldi. Nei negozi raccontano questo: che i clienti intorno a metà dicembre si presentano e provano questo o quel capo, poi se ne vanno senza acquistarlo e si presentano in gennaio per portarselo a casa con lo sconto.
• Alla fine di che sconti si tratta?
Il Codacons dice che i tagli sul prezzo ruotano intorno al 30-40%. In realtà secondo le associazioni dei consumatori, i commercianti, senza dirlo, cominciano a vendere la merce a meno già nei giorni di dicembre che seguono il Natale. Gli sconti vengono offerti a voce, senza esporre il cartello “Saldi” nelle vetrine, che è proibito dalla legge, Si prevede che le famiglie abbiano messo in bilancio un esborso medio, per questi giorni, di 415 euro, concentrati soprattutto su abbigliamento e accessori, cioè su quel tipo di merce disertata per le feste. Sei italiani su dieci avrebbero messo in atto questa strategia. Alla fine si spenderanno per queste voci, 6,2 miliardi di euro, capaci di incidere sul settore per un 18% dell’intero fatturato annuo.
• Sembrerebbero numeri notevoli. Ma non eravamo più poveri di prima?
Tutti i dati dicono che è il cash-flow degli italiani, come abbiamo già riferito nei giorni scorsi, è diminuito. E che è destinato a diminuire ancora, per via dell’aumento di bollette e tariffe e soprattuto per l’impennata del petrolio, che non è ancora finita. Dico questo, mentre confermo però che, in generale, le famiglie italiane restano – in termini patrimoniali, cioè in termini di ricchezza solida (appartamenti, conti correnti, investimenti in azioni e obbligazioni, gioielli e quant’altro) – tra le più ricche al mondo e con la ricchezza meglio distribuita. Resistono dunque, almeno per ora, agli aumenti generalizzati già in atto o che si annunciano, specie per il settore trasporti (per esempio, da ultimo, le assicurazioni sulla macchina).
• Questo dovrebbe significare che è ripartita l’inflazione, no?
Sì, i dati sull’inflazione cominciano ad attirare l’attenzione degli analisti. In Italia su base annua risulta, dalle analisi Istat, dell’1,5% con una tendenza al rialzo: dicembre su novembre ha totalizzato un +0,4%, che non è poco. Nel mese l’inflazione è stata dell’1,9%, più bassa però che nel resto d’Europa, dove ha toccato il 2,2%. Questo 2,2 è un dato che comincia ad essere allarmante: la Bce ha come obiettivo di tenere l’inflazione sotto il 2, e se nel 2011 questo indice dovesse crescere ancora bisognerebbe mettere nel conto un aumento dei tassi d’interesse, con effetti a cascata piuttosto preoccupanti. Parlo anche del nostro debito pubblico, che oggi ci costa una settantina di miliardi l’anno e che frena investimenti e sviluppo, cioè tutta l’economia.
• Da che cosa dipende questo aumento dell’inflazione? Cioè, in generale, perché i prezzi hanno ricominciato a salire, in un periodo che è ancora di crisi?
Ci sono due risposte. Una di queste risposte potrebbe essere consolante: poiché dalla crisi non siamo usciti, ma un minimo di ripresa c’è stata, la domanda potrebbe aver registrato qualche progresso. Ricorderà che una delle maggiori preoccupazioni, nel momento della difficoltà più acuta, era quello del denaro fermo, dei consumatori che non compravano, a cominciare dalle banche che avevano paura di prestarsi i soldi tra loro. Per come il nostro sistema è concepito, bisogna invece che i consumi restino alti, che il denaro circoli, e lasciamo stare se questo sistema è saggio oppure no, se lo sviluppo indefinito sia un bene o un male. La risposta meno consolante, e anzi preoccupante, è che, per superare la crisi, si sia immessa nel mercato troppa liquidità, e che l’effetto di questa liquidità si cominci a sentire. Paradossalmente una ripresa troppo vivace e rapida della domanda – invocata per mesi e mesi da tutti – potrebbe allora rivelarsi, per i suoi effetti su prezzi e tassi, una sciagura. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/1/2011]
(leggi)