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 2011  gennaio 06 Giovedì calendario

Panorama, 6 gennaio 2011 Quando si dice l’uomo giusto al posto giusto. Antonio Mastrapasqua, romano di 51 anni, ha passato la sua infanzia in fila agli sportelli dell’Inps

Panorama, 6 gennaio 2011 Quando si dice l’uomo giusto al posto giusto. Antonio Mastrapasqua, romano di 51 anni, ha passato la sua infanzia in fila agli sportelli dell’Inps. Il padre Loreto e la madre Rosanna sono entrambi consulenti del lavoro, per cui da piccolo se lo portavano appresso negli uffici. Pare dunque sensato, e in qualche misura risarcitorio, che oggi sia presidente dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale. All’atto di ereditare, due anni fa, l’ente che cominciò a prendere forma nel 1898 e che oggi conta 18 milioni di prestazioni pensionistiche erogate e quasi 20 milioni di lavoratori assicurati, il commercialista Mastrapasqua per prima cosa ha perciò abolito le code. Se ne sono accorti in pochi. Quasi nessuno nei giornali. Nella percezione degli italiani l’Inps rimane un carrozzone lanciato a folle velocità verso il baratro, come da stereotipo sedimentato nel tempo. Vaglielo a spiegare che sta marciando invece di gran carriera nella direzione opposta: 22 miliardi di attivo da quando le redini sono nelle mani di questo manager che dietro una maschera da mite quaresimalista, apparentemente rassegnato all’ineluttabilità del peccato originale, cela la granitica determinazione del panzer. Vedendolo arrivare ogni mattina nel suo ufficio dell’Eur alle 7.15 e radunare in maniche di camicia i direttori un quarto d’ora dopo, si comprende perché sia stato il primo presidente nella storia dell’Inps votato all’unanimità da Camera e Senato con la piena convergenza di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura e via elencando, insomma di tutta quella galassia di sigle che vanno sotto il nome di «parti sociali» e che hanno da sempre diritto di cittadinanza in questo mausoleo della burocrazia, un’anticamera dell’anatomia patologica ingentilita graziaddio da tele del Sei-Settecento europeo provenienti dalla collezione Sciarra-Barberini e da dipinti e sculture del Novecento italiano (da Domenico Purificato a Michele Cascella) acquistati all’epoca in cui l’Inps era obbligato, per legge, a investire in opere d’arte il 2 per cento della spesa affrontata nella costruzione di immobili. Risanare aziende (soprattutto romane, dal pastificio Pantanella alla clinica Annunziatella) è sempre stata la specialità di Mastrapasqua, e dovrà pur esserci un motivo se nel 1998 persino l’allora presidente della Comunità ebraica della capitale, Sandro Di Castro, e il rabbino capo Elio Toaff decisero, fatto del tutto inconsueto, di rivolgersi a lui, un goi, un estraneo, per salvare l’unico ospedale israelitico d’Europa, con sedi sull’Isola Tiberina e alla Magliana, soffocato dai debiti. Bastò un annetto di terapia Mastrapasqua per trasformarlo in uno dei migliori istituti di cura convenzionati del Lazio. Più facile far arrivare in orario i treni o riordinare l’Inps? Ne ho parlato proprio con Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato. Passavamo per pazzi. Invece ce la stiamo cavando. Da chi è stato prescelto per la missione impossibile? La nomina è governativa. Ho sempre avuto un buon rapporto con Gianni Letta, sottosegretario dalla presidenza del Consiglio, e Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro. Credevo con Silvio Berlusconi. L’ho incontrato per dieci minuti quand’ero già presidente dell’Inps. Mi ha spronato a proseguire sulla strada intrapresa. Mai visto prima, mai rivisto dopo. Non frequento il Palazzo. Cominciamo da quella che lei un giorno ha definito «la domanda delle domande»: ho 54 anni, prenderò la pensione? Sicuramente, se versa i contributi all’Inps. Ma voi giornalisti non avete l’Inpgi? Appunto. Certo che, se gli editori non assumono più, viene a mancare la base contributiva. Chi pagherà le pensioni? E se avessi 30 anni e fossi con l’Inps? A maggior ragione dovrebbe stare tranquillo, perché ha una vita davanti a sé per versare contributi. Si può tornare al lavoro dopo essere stati collocati a riposo? Oggi sì e lo stipendio è cumulabile per intero, senza decurtazioni della pensione. Siccome in precedenza i pensionati tornavano al lavoro in nero, tanto valeva continuare a incassare i contributi. Il trattamento minimo di pensione è di 460,97 euro mensili. Come fa un anziano a campare con questa somma? L’importo è fissato dalla legge. Se lo Stato disponesse di pagare un assegno di mille euro, sarei ben felice di farlo. L’economia va male, cresce la disoccupazione eppure l’Inps aumenta il suo attivo. Sembrerebbe un controsenso. Dipende dall’efficacia del risanamento. Per 46 anni questo istituto è rimasto in deficit. Nel 2010 registrerà un altro avanzo di circa 1 miliardo, nonostante la forte spesa a sostegno del reddito che abbiamo dovuto affrontare: tra cassa integrazione, mobilità, indennità di disoccupazione e contributi figurativi, 18 miliardi di euro in un anno. Senza i contributi dei lavoratori extracomunitari l’Inps sarebbe ugualmente in attivo? Considero i contributi tutti uguali. Gli 1,6 milioni di lavoratori stranieri versano 7 miliardi di euro, circa il 6 per cento del totale. Quanti soldi ha da parte l’Inps? Il patrimonio netto è di 40 miliardi. Investiti come? Sono depositati presso la Tesoreria dello Stato. La massima garanzia possibile. In un anno a quanto ammontano le uscite? Per la previdenza 145 miliardi. Per l’assistenza altri 100. Lei consideri che oltre ad assegni familiari, invalidità, accompagnamento, maternità, malattia, cassa integrazione, disoccupazione, mobilità, integrazione del minimo di pensione, l’Inps eroga qualcosa come 300 servizi diversi. Il nostro bilancio, 545 miliardi di euro, è il secondo d’Italia dopo quello dello Stato, più del 20 per cento del prodotto interno lordo. Del vostro patrimonio immobiliare che mi dice? In gran parte è stato venduto, come previsto dalla legge. Le Agenzie del territorio e del demanio ne stanno valutando il valore, che dovrebbe aggirarsi sui 2-3 miliardi di euro. Ma rende? Poco. Deve rendere di più. Avete qualche notabile alloggiato nei vostri appartamenti? Se preferisce, modifico la domanda: è in grado di escludere che una nuova Affittopoli possa investire l’Inps? Totalmente. Ho appena 50 anni, non vado a inciampare in faccende del genere. Il nostro patrimonio immobiliare sarà presto conferito a un fondo, che lo valorizzerà al meglio. Indirò una gara europea per selezionare una società di gestione del risparmio che dovrà scegliere a chi affidarlo in base alle regole fissate da Bankitalia. Con la riforma Sacconi, contenuta nella manovra finanziaria, l’Italia è il primo e unico paese della Ue ad agganciare la pensione all’aspettativa di vita, con un risparmio di 40 miliardi di euro in un decennio, ho capito bene? Sì. Il finlandese Olli Rehn, commissario europeo agli Affari economici e monetari, ha dichiarato che le riforme previdenziali dell’Italia e della Svezia sono in assoluto le migliori d’Europa. Lo considero il frutto di 18 anni di correzioni che portano i cognomi Amato, Dini, Treu, Maroni, Damiano, Sacconi, Tremonti. Che requisiti minimi sono necessari a un lavoratore dipendente per andare in pensione entro la fine del 2010? Gli bastano 40 anni di contributi, a prescindere dall’età. E dal 2011? Gliene serviranno 41. E questa clausola di massima contribuzione varrà anche per il 2012 e gli anni a venire. Gobbe, scalini, scaloni, scalette, finestra unica, finestra a scorrimento, finestra mobile... Ma come parlate qui all’Inps? Non ci si capisce niente. Gliel’ho detto: è finito un cantiere durato 18 anni, meno che in Francia o in altre nazioni europee. Da oggi con il ministro Sacconi ci siamo imposti il dovere dell’educazione previdenziale. Come? Sono già stati messi online 25 milioni di posizioni previdenziali. I lavoratori hanno ricevuto a domicilio altrettanti pin per accedervi e ora possono controllare via internet ogni mese il loro estratto conto previdenziale. Gli italiani devono abituarsi a compiere quest’operazione esattamente come fanno con l’home banking per il conto corrente su cui tengono depositati i risparmi. Mettiamoci bene in testa che ognuno di noi percepirà la pensione in base a ciò che gli è stato versato. Le pensioni d’invalidità civile sono cresciute nell’ultimo quinquennio del 39,5 per cento nel Lazio, addirittura del 46,6 nella provincia di Roma, contro una media nazionale del 22,4. Insomma, tra capitale e dintorni accadono il doppio delle disgrazie. Com’è possibile? In Umbria va anche peggio. È successo che una legge dello Stato ha disposto questo: tu Regione decidi chi è invalido, tu Inps paghi. Anzi, peggio: se tu cittadino ritieni che l’Asl, cioè la Regione, ti abbia danneggiato, fa’ causa all’Inps. È chiaro che, quando la tua spesa la paga il tuo vicino, tu sei più generoso nel riempire il carrello. Messaggio ricevuto. L’Inps e il suo presidente nel 2009 hanno avuto il coraggio, dopo 30 anni, d’interrompere questa consuetudine. Un decreto legge ha riportato all’Inps il governo delle pensioni d’invalidità, togliendo alle Regioni il potere di concederle. In pratica alle Asl è rimasta solo la visita medica. Risultato: 20 per cento di domande in meno, 20 per cento di vitalizi revocati, circa 600 milioni sottratti alla malavita organizzata. Inaudito. I clan si vendevano le pensioni, questa è la verità. Ma io assumo dipendenti, non eroi. Non posso chiedere ai dipendenti di diventare eroi. A Latina c’è il mio medico che fa gli accertamenti sul territorio. Non è Rambo. Vive lì, dorme lì, ha un figlio che la mattina esce di casa per andare a scuola. Il direttore dell’Inps di Rossano Calabro è sotto scorta da due anni e mezzo, mi spiego? Il nostro avvocato di Foggia è stato minacciato di morte. Spaventoso. Perciò come capo dell’audit mi sono preso uno dei più giovani generali della Guardia di finanza, Flavio Marica, 49 anni, che era di stanza a Bari. La regione giusta. In che senso? Premessa: io sono mio malgrado il maggior azionista dei tribunali. Ho in ballo 1,2 milioni di cause, circa il 20 per cento dei processi in Italia. E devo liquidare ogni anno 300 milioni di spese legali agli avvocati delle controparti. Ebbene, i due terzi delle cause pendenti contro l’Inps si concentrano in dieci sedi giudiziarie e la metà del totale riguarda solo sei città. Nell’ordine: Foggia, Napoli, Bari, Roma, Lecce e Taranto. Quindi quattro dei sei capoluoghi pugliesi. A Foggia è pendente circa il 15 per cento dell’intero contenzioso nazionale dell’istituto. Non solo: a Foggia si concentrano anche il 60 per cento del contenzioso nazionale per prestazioni previdenziali agricole e il 43 per cento del contenzioso per prestazioni a sostegno del reddito. Lì c’è la più vasta platea di falsi braccianti: tutti i 46 mila iscritti alle liste di Foggia hanno fatto causa all’Inps. Non ci posso credere. Non è finita. Lei saprà che cos’è la litispendenza. Me lo ricordi, va’. È la contemporanea pendenza di due processi identici davanti a giudici diversi. Ecco, a Foggia dovevamo fronteggiare ricorsi presentati nell’interesse del medesimo soggetto anche quattro o cinque volte per la stessa prestazione, da parte di diversi avvocati, se non addirittura dal medesimo legale. Sono andato a Foggia di persona a controllare. Su 122 mila cause, 25 mila le hanno spontaneamente ritirate gli avvocati: erano state avviate per lo più a nome di persone morte o inesistenti. Ci sono 2,7 milioni di non idonei al lavoro, che costano 16 miliardi di euro l’anno, circa un punto di pil. Ho letto che controllerete una pensione d’invalidità su cinque. Non sarebbe il caso di ripetere tutte le visite? Ci arriveremo nell’arco di tre o quattro anni. Ovviamente senza scomodare chi è affetto da patologie vere e permanenti, tipo la sindrome di Down. Lo facciamo per tutelare i veri invalidi, che in Sicilia, per colpa dei truffatori, devono aspettare 27 mesi prima di ricevere la pensione. Ma non creda che si tratti di accertamenti facili. Abbiamo chiesto alle Asl i fascicoli. Sa quanti ce ne hanno mandati? Il 9 per cento del totale. Il 91 per cento risulta introvabile. Il Sud, la Sardegna e l’Umbria sono le zone dove l’inabilità al lavoro colpisce di più. Da che dipenderà? Dal clima? Sì, dal clima troppo mite negli uffici deputati a mettere le firme. Il mio più grande alleato è Il Mattino di Napoli, che martella tutti i giorni sugli accertamenti dell’Inps. Siamo già a 500 arresti e 6 mila denunce. Ma come si strappa una pensione d’invalidità fasulla? Be’, è la commissione medica dell’Asl che effettua la visita, c’è poco da fare. Leggerezza? Paura? Corruzione? In Campania il potere concessorio era stato delegato ai singoli comuni. Avrebbe dovuto vedere i picchi delle nuove pensioni accordate in prossimità delle elezioni. S’è capito come ha fatto Mario Graziano, dipendente del primo policlinico di Napoli, a fingersi cieco dal 1996 al maggio scorso, lucrando fra pensione d’invalidità e assegno d’accompagnamento 100 mila euro? Non mi preoccupa il signor Graziano. Il problema sono gli oculisti che hanno attestato la cecità. Ecco perché adesso i medici vengono denunciati alla Corte dei conti, alla procura e all’ordine di appartenenza e, in caso di negligenze o abusi, sono chiamati a rispondere in solido: devono restituire, con gli interessi, gli arretrati delle pensioni indebitamente concesse. L’altra piaga è l’evasione dei contributi. Stimiamo di arrivare a recuperare 6 miliardi di mancati versamenti entro il 31 dicembre, che si aggiungeranno ai 4,6 miliardi del 2009. Dalla sera alla mattina ho diminuito da 28 a 12 le direzioni centrali dell’Inps. Ora ce n’è una addetta a entrate, accertamento e riscossione. E l’età media dei direttori è scesa da 63 a 40 anni. Come fa a beccare gli evasori? Ho stretto un accordo di ferro con l’Agenzia delle entrate. Da quando abbiamo incrociato la banca dati dell’Inps, che è la più grande d’Italia, con quella del fisco è praticamente impossibile farla franca. Ma se il numero degli evasori scoperti è aumentato del 30 per cento dall’anno scorso, un cittadino si chiede: come mai non siete intervenuti prima? Rispondo per me. Sto qui dal 2008. Prima nella pubblica amministrazione vigeva la gelosia. La gestione di un dato è potere. Con Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, ci siamo detti: perché non facciamo un accordo con i sindaci? Il comune trova i lavoratori in nero e in cambio riceve il 33 per cento dell’incasso fiscale e il 33 per cento delle sanzioni irrogate dall’Inps. Altro che autovelox! Per le amministrazioni civiche diventa un cespite da favola. Non dimentichi che l’economia sommersa, secondo l’Istat, vale il 17 per cento del pil. Più che un manager, lei mi sembra un poliziotto. Giulio Tremonti suole ripetere che nel Belpaese ci restano la famiglia e l’Inps. Si può chiudere un municipio, ma non la sede dell’Inps. Se salta questo istituto, va a fuoco l’Italia. Ma lo sa che a Terzigno, provincia di Napoli, 52 abitanti su 100 sono assistiti dall’Inps?