Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 06/01/2011, 6 gennaio 2011
IL SINDACALISTA VOLKSWAGEN DIVENTA MANAGER —
Alle 13 precise di lunedì prossimo, alla ripresa del lavoro dopo la pausa natalizia, i sindacalisti della Commissione interna, presieduta da Bernd Osterloch, attenderanno con una certa impazienza i manager aziendali guidati dall’amministratore delegato Martin Winterkorn. Tutte le domeniche Winterkorn e Osterloch siedono fianco a fianco allo stadio, quando la squadra di calcio del Wolfsburg gioca in casa. Poi il giorno dopo si ritrovano faccia a faccia al tavolo della «Mitbestimmung» , la cogestione tedesca regolata per legge nel lontano 1976 (governo di Helmut Schmidt), ma che forse sta vivendo la sua stagione migliore proprio in questi mesi, nella fabbrica di automobili più grande del mondo (3-3.500 vetture prodotte al giorno).
Lunedì la rappresentanza sindacale, che di fatto coincide con la Ig Metall (91%di adesioni), chiederà un aumento di stipendio medio del 6%, da aggiungere al bonus che scatta automaticamente a fine anno (10%degli utili realizzati). Nelle ultime settimane il gruppo (68 impianti, dieci marche, da Skoda a Lamborghini, 370 mila dipendenti in tutto il mondo) ha annunciato un ambizioso piano di investimenti: 51,6 miliardi entro il 2015. E ai leader dei metalmeccanici sembra quindi arrivato il momento di chiudere il lungo ciclo di moderazione salariale cominciato nel 2006, quando la Commissione interna accettò di aumentare, a parità di retribuzione, il tempo di lavoro per i 16 mila operai alle linee di produzione, (da 30 a 33 ore) e per i 34 mila tra impiegati, quadri dirigenti e manager (da 30 a 34 ore). La regola semplice della «Auto-città» dovrebbe funzionare anche questa volta: se c’è crisi si dà; se ci sono utili si prende. Tutti: azionisti, manager e operai, secondo le giuste proporzioni.
Wolfsburg è una cittadina che si identifica con la Volkswagen dal 1938. Il regime nazista ha costruito il primo nucleo della fabbrica in mattoni rossi e con quattro ciminiere che ancora svettano sulla riva destra del canale, proprio di fronte ai binari. Oggi, se possibile, la sovrapposizione è ancora più totale. Gli abitanti sono 125 mila, i dipendenti della fabbrica 50 mila (molti vengono da fuori), gli iscritti alla Ig Metall 73 mila (pensionati e lavoratori dell’indotto compresi), gli studenti di ingegneria meccanica dell’Università Ostfalia 3.500. Tuttavia sarebbe sbagliato procedere per equazioni scontate. Un tempo l’egemonia del sindacato metalmeccanico si traduceva automaticamente nel dominio politico della Spd. Hugo Bork, figura storica della socialdemocrazia tedesca degli anni 50 e 60, era nello stesso tempo presidente della Commissione interna nella «fabbrica » e sindaco della città. Oggi il municipio è nelle mani della Cdu (il partito democristiano di Angela Merkel). «È la dimostrazione di quanto sia cambiato il sindacato— spiega Frank Patta, 46 anni, segretario della circoscrizione provinciale di Ig Metall (la più forte dell’intera Germania) —. Noi rispondiamo solo ai nostri iscritti, che per altro votano partiti diversi» . Il sindacato più importante si autorappresenta come «pragmatico» , «affidabile» , «competente» . Quando l’amministratore delegato Winterkorn si trova faccia a faccia con i sindacalisti Osterloch o Patta «è difficile capire chi sia il manager e chi la controparte», osserva Karl Heinz Rowitz, commentatore per 25 anni delle vicende della Volkswagen. Pragmatismo, competenza e perfino doti manageriali. Naturalmente potrà piacere o no, ma questa è l’ultima fase evolutiva dei metalmeccanici tedeschi. Senza questa chiave di lettura è difficile comprendere la dinamica concreta delle relazioni sindacali che si rinnova, ogni lunedì, alla Volkswagen. La mattina presto si ritrovano tutti i 65 componenti della Commissione interna (più o meno l’equivalente del Consiglio di fabbrica). Ognuno di loro è stato eletto direttamente dalla base (62 nelle liste Ig Metall, uno dal Cgm, sigla vicina alla Cdu, due indipendenti), mentre 1860 fiduciari mantengono il collegamento tra il vertice e la platea dei lavoratori.
Ma il lavoro di filtro e di sintesi sull’asse verticale (base degli iscritti-Commissione interna) è solo un aspetto della rappresentanza. Perché la linea del sindacato, fissata il lunedì mattina, viene subito messa a confronto con la dirigenza aziendale nel pomeriggio (riunione fissa dalle 13 alle 15). L’opera di costruzione comune continua nel corso della settimana. I singoli problemi vengono assegnati a comitati misti (sindacalisti e manager) con specializzazione specifica. Orari, sicurezza, rapporti con i fornitori, formazione professionale, marketing, salario e così via. Praticamente a ogni funzione aziendale corrisponde una mini-commissione. Con questo sistema sono state messe a punto tutte le soluzioni adottate negli ultimi anni, prima a Wolfsburg e poi, proposte ai colleghi degli altri 68 impianti del gruppo, dalla Spagna al Brasile. Nei momenti di crisi o di vendite record. Prima il taglio dei costi, l’aumento delle ore lavorate a parità di salario. Poi, negli ultimi tre anni, il passaggio ai tre turni per coprire le 24 ore giornaliere. Infine la decisione di lavorare il sabato mattina, come è accaduto per gran parte del 2009 e per tutto il 2010. Nei comitati misti si studia, si esaminano più ipotesi alternative. Nella «plenaria» del lunedì pomeriggio i leader aziendali e sindacali discutono, litigano, possono mandarsi anche a quel paese. «Senza però lasciare il tavolo, perché per noi l’opzione sciopero è proprio l’ultima spiaggia» , dice ancora Patta.
La fabbrica di Wolfsburg non è più «l’ultimo castello del socialismo in una terra di capitalisti» , come si diceva anni fa, quando a pochi chilometri da qui passava il confine con la Germania Est comunista. I ritmi di lavoro sono serrati, tutto viene cronometrato e poi analizzato nella cogestione. E il divario tra gli stipendi è molto ampio, come in qualsiasi altro settore industriale. Secondo le cifre fornite da Ig Metall, — i manager guadagnano 1-2 milioni all’anno (con punte di cinque). A fronte di un salario lordo di circa 30 mila euro per un operaio (in media più o meno 1.800-2.000 euro netti al mese, compresi gli assegni familiari). «Ma le cose funzionano perché il dialogo è serio — dice ancora Patta— i manager si presentano da noi con i "libri aperti". Nella cogestione non sono ammessi segreti o intenzioni nascoste» .
Giuseppe Sarcina