Luca Tremolada, Nòva24 6/1/2011, 6 gennaio 2011
I TEMPI DEI PROTOTIPI
Guai a chiedere quando. I prototipi sono fatti così, pretendono tempi lunghi ma promettono grandi rivoluzioni. Ecco perché a due anni dall’annuncio Morph – decisamente il più visionario dei progetti di cellulare del futuro – resta ancora in laboratorio. E forse ci resterà a lungo. Nato come palestra per dimostrare le potenzialità della nanotecnologie, il prototipo di Nokia è veramente qualche cosa di nuovo. Un cellulare che si piega, si allunga, può assumere la forma di braccialetto, alimentarsi con il Sole, annusare l’aria o cambiare colore come un Camaleonte. Nulla a che vedere insomma con quello che c’è in giro ovvero gli «schermi» multitouch rettangolari e senza tasti o le "conchiglie" ancora amatissime in Oriente. Semplicemente perché quando è stato concepito Morph il mercato della telefonia non aveva ancora conosciuto Android, l’iPhone, le apps e pure una contrazione che Gartner calcola pari al 10 per cento. Proprio per questo il progetto nato all’interno del Nokia Research Center di Cambridge spiazza, stimola l’immaginazione, tenta di ridisegnare il ruolo oltre che l’aspetto di un telefonino.
Visto dall’alto, Morph nelle sue incarnazioni più futuribili e ardite è più un sensore sul mondo esterno che un oggetto dentro cui guardare. In un certo senso ribalta il paradigma di telefonia a cui siamo abituati concentrandosi sul contesto, ovvero sulla raccolta di dati dall’esterno, sulle interfacce e naturalmente sull’energia e quindi su materiali superconduttori. Merito delle nanotecnologie che rappresentano la ragion d’essere ma anche il limite di questo porototipo. Per quanto avanzati, gli studi sui nanomateriali richiedono anni prima di essere applicati all’elettronica di consumo. Almeno una decina a sentire i ricercatori di Cambridge. Eppure, qualche piccola innovazione è riuscita a uscire dal laboratorio.
Come ad esempio quella riconducibile all’esperienza elettrotattile. Passando un dito su «un materiale nanotech opportunamente stimolato si riceve una sensazione chiamata elettrovibrazione – ha spiegato Elisabetta Spigone, ricercatore del Nokia Research Center –. Un display di questo tipo può così trasmettere un diverso senso di ruvido a secondo dell’immagine trasmessa».
Il telefono N900 usa già in parte questa tecnologia ma le ambizioni sono quelle di sperimentare interfacce in 3D capace di offrire nuove esperienze sensoriali. Passi avanti sono stati compiuti anche sul fronte delle superfici idrofobiche e dei materiali deformabili. «Un sottilissimo strato (50 nanometri di spessore, ndr) ottenuto dall’evaporazione dell’oro ci permesso di realizzare un touch pad, una sorta di pelle elettronica che può essere allungato fino al 20% della sua lunghezza mantenendo invariate le sue capacità di conduzione», aggiunge la giovane ricercatrice.
Ma la frontiera più interessante è quella di materiali composti da nanofili capaci appunto di sentire l’ambiente o meglio misurare l’inquinamento dell’aria o dei cibi. Allo studio è un sistema che incorpora software e nanotech, una struttura capace di imparare dall’ambiente a distinguere sostanze chimiche presenti nell’aria attraverso un sofisticato sistema di nanorecettori. Un naso elettronico quindi su cui non solo Cambridge ma anche altre università stanno lavorando come ad esempio quella di Pisa. Il centro di ricerca di Nokia è infatti il punto di ingresso di una rete di collaborazioni a più ampio spettro, all’interno dei quali le nanotecnologie rappresentano il 10% dell’investimento complessivo in ricerca. Morph è anche il prodotto di questo sistema.
Ma le strategie per innovare un settore maturo e altamente competitivo come quello delle telefonia mobile hanno differenti modelli organizzativi. Riflettendo sui prototipi, Motorola aveva investito una squadra di designer del compito di immaginare cellulari del futuro in vista del 2033. Alcuni concept si trovano ancora in Rete ma si concentrano più sulle forme che sulle tecnologie. Più concreto l’approccio alla ricerca della Apple che unisce a una R&D interna anche una intensa attività di scouting per scovare le start up più interessanti. Se ci atteniamo al campo del nanotech, interessante è l’accordo in esclusiva stretto da Cupertino con LiquidMetal, azienda proprietaria di un innovativo metallo modellabile come la plastica.
«In realtà non esiste un approccio esclusivo quando si ragiona in termini di innovazione – spiega Claudio Marinelli, direttore Open Innovation del Nokia Research Center –. Nokia in alcuni casi ha acquistato aziende che avevano sviluppato un determinato software o hardware e questo ha reso più veloce l’introduzione sul mercato di quella specifica innovazione. La ricerca interna ha potenzialità differenti. Può succedere di scoprire durante le fasi di sviluppo innovazioni a volte più interessanti. Proprio per questo lo spettro di possibilità che apre la ricerca interna è indubbiamente molto piu ampio di quello offerto da una operazione di acquisizione».