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 2011  gennaio 06 Giovedì calendario

FRA PENNINI SUL CAPPELLO

& PENNE STILOGRAFICHE -

La biro ha sessant’anni e molto si è già detto e scritto del suo inventore ungherese László József Bíró e soprattutto del valdostano Marcel Bich, nato a Chatillon, che, naturalizzatosi francese, creerà l’impero della Bic. Poco si sa invece della penna stilografica che segnò la rivoluzione industriale della scrittura. All’inizio ci fu il pennino che ebbe successo solo quando si trovarono inchiostri compatibili con il metallo. L’inglese Perry nel 1830, solo 5 anni dopo la prima ferrovia, inventa il pennino metallico da infilare sulla cannuccia e il suo nome diventa famoso. Le penne d’oca e le cannucce intagliare presto scompaiono. In Italia tra i primi a fabbricarli su grande scala, in clima di autarchia sarà Pietro Presbitero a partire dal 1927: famosa fu la sua immagine pubblicitaria di un alpino con un pennino sul cappello.
Quindi arrivarono l’Apollonio di Brescia e l’Ardigò di Cremona.
Elettra, Astoria, Cattaro erano altrettanti nomi di pennini che ormai si trovano solo nei mercatini o su ebay. Per le penne stilografiche la storia si fa più complessa perché a dire il vero la prima fu progettata dal francese Bion nel 1702, ma solo nel 1809 si registra il primo brevetto americano da parte di un calzolaio di Baltimora, Peregrin Williamson.
Negli anni successivi l’inglese John Scheffer brevetta una sua penna e nel 1831 John Jacob Parker ottiene il Patent per la prima penna stilografica a riempimento autonomo. Ma sono tentativi che non hanno successo perché o l’inchiostro ha difficoltà a raggiungere il pennino oppure gocciola troppo abbondantemente e le macchie rendono inutile il nuovo strumento.
Bisogna aspettare la fine del secolo perché finalmente Lewis Waterman nel 1884 brevetti una ’fountain pen’ finalmente priva di quei difetti che sino ad allora ne avevano impedito la produzione industriale. Presto le nuove invenzioni si moltiplicano e sul mercato appaiono altre marche: Parker, Conklin, Montblanc, Sheaffer, Wahl-Eversharp; nomi che resistono ancora oggi. I nuovi materiali come la celluloide prima, e poi la bakelite e le resine fenoliche permettono nuove versatilità, le penne diventano ’di sicurezza’ e garantiscono una scrittura ’perfetta e senza macchie’. Negli anni ’40 arriva il metilmetacrilato della Du Pont, meglio conosciuto con i nomi commerciali di ’Plexiglas’ e ’Lucite’ e anche le penne stilografiche si vestono di nuovo. Intanto, mentre la scrittura a mano si rinnova, in continua concorrenza con le macchine da scrivere, i disegnatori continuano a usare penne pennini e inchiostro di china. Per avere linee di spessore costante si producono pennini con serbatoio e beccuccio a spillo, ma essi devono essere riempiti con assiduità e spesso si incrostano dell’inchiostro secco.
Soltanto nel 1967 la Ko-i­noor Rapidograph modificando l’idea di un brevetto di R.Ullrich del 1922 introduce su progetto di Helmut Riepe il pennino che ha reso famoso questo marchio, e che per trent’anni ogni architetto o ingegnere ha utilizzato. Per scrivere in maniera regolare intanto era stato inventato il normografo, una dima di plastica (di solito verde trasparente) su cui erano intagliati i profili di lettere e simboli: in essa si faceva scorrere la punta del Rapidograph.
Anche il normografo però presto scompare perché arrivano i trasferibili, caratteri e simboli ricalcabili direttamente sul foglio da disegno. La tecnica subisce le leggi dell’evoluzione e le ’specie’ si estinguono di fronte a eventi spesso imprevedibili. Quando si diffondono i computer, che i più pensavano come strumenti utilizzabili solo per il calcolo scientifico o gestionale, tutta la manualità dello scrivere svanisce di fronte alle seduzioni di una tastiera e di un word processor.
Ciò che stupisce ancora di più è che lo stesso sta accadendo anche per gli ideogrammi cinesi.