Giorgio Dell’Arti, La Stampa 6/1/2011, PAGINA 86, 6 gennaio 2011
VITA DI CAVOUR - PUNTATA 72 - RIVOLUZIONARI PER NOIA
Stiamo sempre facendo la lista delle infelicità lombardo-venete.
- Proviamo a immaginare questa nobiltà lombardo-veneta, dotata di una «solida coscienza regionale» (Meriggi) e presto senza speranza di riguadagnare privilegi e posizioni perdute. Lo stato austriaco è una macchina anonima e sovrastante, grigia, dominata dalle mediocrità impiegatizie. I patrizi se ne tengono a distanza, evitano la carriera militare, evitano la carriera diplomatica, non frequentano la corte… Si annoiano, specie se giovani. Badi, la classe dei «giovani», intesa come insieme umano separato, con afflizioni tutte sue, non era ancora stata individuata. Ricorda però i lions di Parigi, la jeunesse dorée che Cavour aveva incrociato negli anni Trenta? Allo stato d’animo di quelli (solitudine, malinconia) corrispondeva, nello stesso periodo a Milano e a Venezia, il senso d’inappagamento, la frustrazione, la noia. Meriggi: «Il tema dell’ozio dei giovani lombardi e veneti avrebbe attraversato l’intera epoca della Restaurazione, così come essa ci vien narrata dai memoriali, dai carteggi e dalle testimonianze di varia natura che ne illustrano le fasi più significative. Non disse perciò nulla di nuovo, Czoernig, quando affermò che la nuova vocazione eversiva della giovane aristocrazia italiana era la diretta conseguenza del suo allontanamento dai luoghi dirigenziali dello stato; né si sbagliò individuando nella “noia”, nella frustrazione e non da ultimo nell’adesione ad una “moda” emozionante le ragioni che spingevano una parte delle giovani leve nobiliari a battersi». - La struttura più efficiente dello Stato era la polizia. Correnti: «Chi veramente regna e sovrasta a tutti gli altri uffici delle province lombardo-venete, è la polizia [...] arbitra pressoché assoluta non degli affari, ma delle persone, e specialmente di tutti gli impiegati» . Meriggi parla di «pesantezza della vigilanza poliziesca», strumento principe dell’atteggiamento paternalistico dell’imperatore, «presto si venne così chiarendo come, in termini reali, un commissario di polizia contasse, all’interno della nuova geometria dei poteri, assai più di un consigliere di governo o di un delegato provinciale», la polizia «tendeva a identificarsi con lo Stato stesso», «la polizia, perennemente bisognosa di trovare una giustificazione visibile alla propria attività, avrebbe potuto facilmente circondare di un alone di sospetto chi si fosse eventualmente esposto alla luce del sole con una qualsiasi iniziativa di critica costruttiva, e bollarlo di quell’epiteto di “liberale” sotto il quale era dato di ritrovare in realtà persone dall’ispirazione ideologica più varia, e spesso anche fortemente contrastante», «ad amplificare l’effettiva rilevanza dell’associazionismo clandestino contribuì grandemente l’immaginazione della polizia che si stava in quel torno di tempo irradiando ovunque come occhio privilegiato del potere politico e cercava perciò, con una logica tutta interna all’apparato, di rafforzare la legittimazione del proprio ruolo dilatando artatamente i contorni di quello che era un fenomeno tutto sommato ristretto». I poliziotti erano quasi tutti stranieri, cioè in prevalenza, per il vantaggio del bilinguismo, trentini.
- Diffusa infelicità anche tra le classi nuove dei piccoli borghesi, i figli di quelle famiglie quasi povere che erano riusciti a frequentare i licei o l’università. Napoleone aveva puntato molto sull’istruzione, gli austriaci avevano conservato e valorizzato scuole primarie e studi superiori, giravano dunque per le città del lombardo-veneto (dodici delle diciannove principali città imperiali erano italiane) una quantità di giovani avvocati, notai, medici, matematici, ingegneri, periti agrimensori, ragionieri, tecnici di ogni tipo, invidiosi dell’irraggiungibile lusso altrui, disoccupati perché troppi oppure sotto-occupati in mansioni di praticantato o garzonato o alunnato lunghe anche dieci anni e pochissimo ricompensate. «Molte povere famiglie - racconta Meriggi citando una relazione della Congregazione generale veneta all’imperatore - si assoggettano alle maggiori privazioni, e si aggravano di debiti per procacciare a qualche figlio un grado accademico. E questi graduati figli della miseria sono poscia i più queruli e i più inquieti, perché vorrebbero in qualsiasi maniera procacciarsi i mezzi di sussistenza corrispondenti al grado ottenuto. E frattanto sono a cento a cento i giovani che aspirano da molti anni ad un posto di avvocato e di giudice, e formano il principale vivaio dei controfacenti, od in gran parte oziosi diventano quasi per necessità pericolosi per la pubblica quiete». Da un’altra relazione sappiamo che la ferrea logica burocratica del sistema impediva l’«incoraggiamento ai meritevoli. Il primo collocamento col soldo viene esclusivamente conferito con la regola del calendario» e quindi «gli scarti entrano ad iniziarsi negli impieghi giudiziari».