Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Come il lettore sa, domenica s’è votato per la Regione in Calabria e in Emilia. I risultati sono i seguenti. Calabria: ha vinto l’alleanza di centro-sinistra costruita intorno al Pd e al suo candidato Gerardo Mario Oliverio, che ha avuto il 61,40 per cento dei voti. Al centro-destra (Forza Italia - Casa delle libertà - Fratelli d’Italia) è andato il 23,60% dei voti. Il Movimento 5 Stelle ha raccolto il 4,96. Fino a questo momento la Regione era governata dal centro-destra. Emilia: ha vinto, con il 49,05, l’alleanza di centro-sinistra imperniata intorno al Pd e a Sel e al candidato del Partito democratico Stefano Bonaccini. Al centro-destra - un’alleanza tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia - è andato il 29,85 per cento. I grillini hanno ottenuto il 4%. La Regione era già governata dal centro-sinistra.
• Lei la fa troppo facile e ho abbastanza notizie anch’io. Intanto l’affluenza alle urne è stata molto scarsa.
Sì, è clamoroso soprattutto il dato dell’Emilia: 37,7 per cento dei votanti, contro il 68,1% delle Regionali precedenti e il 70% delle Europee di appena sei mesi fa. Trenta punti in meno, e lo stesso Renzi, se si accredita dell’intero 41% dello scorso maggio, deve ammettere che la perdita di trenta punti non può non coincidere con una caduta della simpatia nei suoi confronti. Questo vuol dire che i 30 punti mancanti vanno attribuiti alla sua minoranza interna, e cioè che, almeno nella regione rossa per antonomasia, i bersaniani, i civatiani, i dalemiani godono di un pacchetto enorme di consensi, tale da poter mettere in seria difficoltà il segretario? Chi sostiene questa tesi fa notare che in Emilia la Cgil, forte di un’organizzazione territoriale ancora abbastana efficiente, ha remato contro, invitando i suoi a disertare le urne. Manovra resa possibile dalla sicurezza assoluta che il Pd avrebbe comunque vinto. E perciò: Il Pd di Renzi ha vinto, ma ha vinto, secondo questa tesi, anche la sua minoranza interna, che certo tenterà di riscuotere un qualche premio da questo risultato. Come si capisce anche dalle dichiarazioni di ieri.
• Le sembra un’interpretazione forzata?
Chi non crede a questa lettura fa notare che gli scandali hanno certamente tolto la voglia di andare a votare, che non c’erano contrapposizioni forti tra i partiti in gara - mancava cioè un Berlusconi capace di accendere gli animi di questi e di quelli - e infine che le democrazie occidentali hanno un’affluenza alle urne piuttosti bassa: il dato emiliano e quello calabrese, in questo senso, ci rendono più moderni. Anche ammettendo che l’astensione vada attribuita alla sinistra che si oppone a Renzi, non si capisce comunque come questo gruppo di uomini e donne potrà incassare il beneficio di una simile vittoria, del resto tutta ipotetica. Renzi sostiene di aver vinto due a zero, e basta. E che i suoi avversari interni non hanno portato a casa un bel niente.
• In Calabria?
In Calabria è andato a votare il 43,8 degli aventi diritto, con una perdita, sulla tornata precedente, di 15 punti. In ogni caso, abbiamo due regioni in cui la maggioranza assoluta degli elettori ha preferito restarsene a casa. E a questo punto ci sono due domande di natura generale: l’alta astensione è una ferita per la democrazia? E, seconda domanda: con una partecipazione più massiccia il risultato sarebbe stato diverso? Rispondo di no tutt’e due le volte. La scelta di non presentarsi al seggio è stata liberamente fatta da centinaia di migliaia di elettori. Finché si tratta di una scelta libera, la democrazia è salva. Sostengo anche che il risultato non sarebbe cambiato: un sondaggista che potesse contare su un campione del 30 o del 40% del suo universo di riferimento, giurerebbe sull’esattezza del risultato.
• C’è l’altro elemento, e cioè il fatto che in Emilia la Lega ha preso il doppio dei voti di Berlusconi.
Sì, Salvini ha ottenuto il 19,42 e Forza Italia l’8,36. È un risultato enorme e dalle conseguenze imprevedibili. Salvini si candida seriamente, a questo punto, a punto di riferimento del centro-destra. Certo con un partito completamente diverso da quello di Bossi. Il problema, in quell’area, è che la dissoluzione del berlusconismo si porta dietro un sacco di scorie, una pletora di piccoli leader ansiosi di far carriera, i Fitto, gli Alfano, per non dire dello stesso Berlusconi, mai rassegnato a farsi da parte.
• Ha qualche chance?
Mi pare che il conflitto d’interessi stia agendo adesso all’incontrario. Berlusconi ha a cuore le aziende e come qualunque imprenditore non può essere davvero anti-governativo. Ha promesso opposizione dura in Parlamento, ma non avrà la forza per farla. Sta ai suoi decidere quanto vale ancora, in termini di consenso, il suo brand.
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