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 2014  novembre 25 Martedì calendario

L’addio a Luigi Bernabò. L’uomo che aiutava le idee a trasformarsi in grandi libri. L’agente letterario italiano di Brown e Turow e che faceva di esordienti grandi scrittori

È morto a Milano Luigi Bernabò, uno degli agenti letterari più importanti del mercato italiano e internazionale, rappresentante, tra gli altri, di firme del calibro di Scott Turow, Michael Connelly, Jonathan Franzen e Dan Brown. Nel panorama italiano ha contribuito al successo di autori come Aldo Nove, Donato Carrisi, Tiziano Terzani e molti altri. Nato a Torino, aveva trascorso l’infanzia in Argentina, si era laureato in Filosofia a Roma e aveva trovato lavoro a Milano, da Erich Linder dell’Agenzia Letteraria Internazionale. Dopo una breve pausa come responsabile della narrativa Rizzoli, nel 1989 aveva fondato la Luigi Bernabò Associates insieme alla moglie Daniela, scomparsa nel 2012. Pubblichiamo un ricordo di Gianluigi Nuzzi. GIANLUIGI NUZZI nnnOgnuno di noi sogna di scrivere un libro. Sogna di pubblicarlo. Sogna che venga letto. Il primo giorno Luigi Bernabò e la moglie Daniela mi hanno accolto nel loro ufficio nel cuore della vecchia Milano. Agenti letterari, gli ultimi grandi affidabili agenti letterari del secolo scorso per una professione nobile, antica a vederla con gli occhi di oggi: saper coniugare lo spirito eccentrico di un autore con i desiderata dell’editore affinché il libro, strumento nobile di conoscenza, sia patrimonio di tutti. Uno studio in stile ambrosiano. Librerie enormi, divano accudente, due poltrone in pelle dove sprofondavi e sognavi, un gran silenzio. E su tutto un profumo pervedente, intenso, infinito di libri. Luigi sapeva, odorava di libri. E non solo quelli dei suoi autori, penso alle magie di Terzano Terzani, alle denunce di Gian Antonio Stella, alla mitologia di Dan Brown, ma anche di chi lui sapeva raccogliere acerbo per dargli la possibilità di scrivere e farsi conoscere. Il primo incontrò me lo procurò proprio Stella, Luigi mi guardava silente: il numero delle parole inversamente proporzionale ai suoi pensieri. Lui era così: un’intelligenza fredda, asciutta, pragmatica, uno spirito sabaudo nelle origini. E quindi ti guardava. Ascoltava le parole scontornandole dalle espressioni del viso, mentre Daniela alternava spada e fioretto. La voce resa roca dalle sigarette poneva domande e ascoltavano. Non avevano nulla da dimostrare i Bernabò, se non loro stessi. Anche in quell’occasione fecero con me quello che veniva loro naturale: consentire, agevolare, aiutare un’idea a diventare grande. Un libro – Vaticano Spa, in questo caso – a possedere le doti per essere poi sposato dal grande pubblico. Ruvido persino, Luigi cestinò la mia prima scaletta – io che di libri nulla sapevo – per rimandarmi a casa ripetente. E gliene sarò sempre riconoscente. Se oggi sono quello che sono, io come tanti altri, lo dobbiamo anche, sottolineo quell’anche che è fondamentale, a lui. La morte di Luigi lascia una multitudine silente di autori smarriti, orfani di un padre con quella pipa che impercettibile sbuffava, le collezioni di gufi e civette sugli scaffali. Quando Daniela se ne è andata non l’ha fatto pesare a nessuno. E Luigi scelse un’onoranza laica con le parole di chi le voleva bene, di Donato Carrisi, di Camilla Baresani e mille altri... Perdonatemi, ma il sale delle lacrime asciuga la memoria. A tutti Luigi anche in questa occasione volle mostrarsi forte e sicuro, addirittura accudente con chi percepiva curioso, preoccupato, sospettoso che da solo lui non fosse forte abbastanza. Daniela e Luigi erano una persona sola, eccola scritta finalmente la frase che non volevo vergare per la banalità in sé di una verità che con loro era potenza, luce e persino mistero. Una coppia fenomenale, inaccessibile nelle dinamiche e complicità a tutti noi. Ma che proprio per questo sprigionava un fascino magnetico, profondo, suadente, silenzioso, irresistibile. Senza Daniela Luigi mi invitò a cena a casa sua. Andammo mia moglie e io. Una cena elegante, semplice. Con una percettibile distanza tra lui e le portate. Una cena a quattro perché Daniela era lì, forse ad aspettare, in modo diverso, tutti. Facendo sentire tutti in un limbo. La stanza da letto di Luigi – mi perdonerà – era non solo priva di orpelli, ma persino troppo umile per un uomo che si vota alla clausura. Una branda, un comodino, pochi metri quadrati in tutto. «Sto bene» e un sorriso. Come fai allora a invadere e ipotecare quel sorriso che chiede solo silenzio e rispetto? Ma non capire abbastanza un amico è un delitto che ti rimane dentro. Siamo infatti i primi a predicare il dialogo. Sempre e comunque. Ma dobbiamo accettare che questo a volte è fatto anche di silenzi. E quando qualcuno decide di andarsene non rimane altro che il nostro tentativo di percepire tutte le nostre sordità per togliergli la scelta e farla anche nostra. Ma è un percorso cieco nei risultati. Se non fosse per quel testimone che Luigi rumorosamente lascia a terra e sta a noi tutti ora raccogliere.