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 2014  novembre 25 Martedì calendario

Il Pentagono e la Casa Bianca si scontrano sull’Isis e su Assad e Chuck Hagel si dimette. «Ora Obama ha bisogno di un segretario da guerra»

La Stampa,

A sorpresa, il capo del Pentagono Chuck Hagel si è dimesso, dopo aver perso un braccio di ferro con l’apparato della Casa Bianca per la gestione dell’Isis e delle altre crisi aperte. Il presidente Obama ieri lo ha elogiato, come «un segretario non comune», ma tutti dicono che è stato costretto a lasciare.
Hagel, repubblicano e veterano del Vietnam, era stato voluto da Barack che aveva stretto un rapporto con lui quando erano senatori e si erano opposti all’intervento in Iraq. La sua conferma in Congresso era stata difficile, proprio perché gli ex compagni di partito come Jonh McCain lo accusavano di aver tradito. Obama gli aveva affidato il compito di gestire il ritiro dall’Afghanistan e la riduzione del bilancio della difesa. L’offensiva dell’Isis in Iraq, però, ha cambiato la situazione, e Hagel è entrato in contrasto con il consigliere per la Sicurezza nazionale Susan Rice, responsabile della politica estera alla Casa Bianca. Nell’agosto scorso le ha inviato una lettera, in cui criticava la strategia adottata in Siria, chiedendo di chiarire la linea nei confronti di Assad. Secondo il capo del Pentagono, le operazioni contro l’Isis aiutavano il regime a rafforzarsi, mentre invece Washington doveva spingere per la sua caduta se voleva una soluzione duratura. Hagel era anche scontento per il «micromanagement» delle crisi da parte della Casa Bianca: un ristretto gruppo di consiglieri di Obama prendeva le decisioni, escludendolo. Poco alla volta, quindi, il segretario aveva smesso di intervenire alle riunioni del gabinetto, chiamando direttamente il presidente per spiegare le sue posizioni. La versione fatta circolare dalla Casa Bianca, invece, è che Hagel non era all’altezza del suo compito, e non forniva soluzioni creative alle molte crisi aperte, dall’Isis all’Ucraina. Su questo punto proprio McCain lo ha difeso, dicendo che «il problema non era lui, ma le politiche sbagliate degli uomini vicini al presidente». Secondo Daniel Gouré, vice presidente del Lexington Institute, «Hagel era stato assunto per fare un lavoro diverso, ma ora Obama ha bisogno di un segretario da guerra. Lui ha cominciato ad appoggiare le richieste dei militari per un intervento più diretto in Siria, e questo ha urtato i consiglieri del presidente». La sconfitta nelle elezioni midterm ha creato poi l’urgenza di fare cambiamenti nel governo, e la crisi dell’Isis ha spinto il presidente a proseguire anche le operazioni di combattimento a Kabul. Tra i successori vengono indicati gli ex vice segretari alla Difesa Michele Flournoy e Ashton Carter, e il senatore Jack Reed. Chiunque prenderà il suo posto, dovrà rivedere la strategia contro l’Isis.
Paolo Mastrolilli

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Il Sole 24 Ore,

L’assedio delle crisi internazionali e le sconfitte politiche hanno convinto Barack Obama a far scattare un drastico rimpasto nella sua squadra di sicurezza nazionale: il presidente ha annunciato le dimissioni del segretario alla Difesa Chuck Hagel, con l’obiettivo di nominare un plenipotenziario del Pentagono più efficace e con migliori qualità di leadership davanti alle sfide dello Stato Islamico e di Vladimir Putin.
Il presidente, affiancato da Hagel alla Casa Bianca, ha ringraziato il ministro per il servizio al Paese durante quello che ha definito come un “periodo di transizione” per le forze armate. Ma funzionari dell’amministrazione hanno fatto sapere che il presidente era ormai apertamente insoddisfatto di Hagel, finora l’esponente proveniente dal partito repubblicano più in vista nel governo.
Hagel è stato vittima di una necessaria e urgente svolta di strategia: era arrivato per gestire - lui, veterano dell’esercito che fu tra i pochi conservatori contrari all’intervento a Baghdad - una fase di disimpegno e ritiro delle truppe americane da Iraq e Afghanistan e di riduzione del budget militare. Ora, invece, la Casa Bianca è tornata in guerra, seppur privilegiando il ricorso ai bombardamenti aerei rispetto alle truppe di terra.
Una guerra contro lo Stato Islamico (o Isis) in Siria e Iraq, dove sono ora dispiegati tremila soldati statunitensi in soccorso alle forze regolari di Baghdad. E contro i talebani e altri gruppi terroristici in Afghanistan, dove Obama ha appena autorizzato le truppe americane a mantenere l’anno prossimo una missione militare offensiva. Solo lo scorso maggio aveva promesso che nel 2015 i soldati di Washington a Kabul avrebbero invece svolto unicamente mansioni di addestramento oppure di caccia ai sopravvissuti di al-Qaeda.
L’amministrazione è stata costretta anche a rispondere a un crescente coro di critiche su errori e sottovalutazioni delle crisi: dalla scarsa comprensione di Isis e della fragilità irachena, alla minaccia di un’epidemia di ebola, fino alla nuova aggressività di Mosca in Ucraina.
Davanti alla nuova agenda di emergenze internazionali Hagel è parso spesso inadeguato, travolto dagli eventi e passivo, incapace di asserire in pubblico una chiara strategia. Ha sofferto per il rancore degli ex compagni di partito repubblicani, che non gli hanno perdonato il “tradimento” e che grazie al successo elettorale ottenuto a novembre saranno rafforzati nel prossimo Congresso in carica da gennaio. Come anche dell’impossibilità di entrare a far parte, nonostante un’amicizia personale nata sui banchi del Senato, della cerchia di più stretti e ascoltati collaboratori del presidente. Nel clima di tensione la recente decisione di cancellare un viaggio in Asia aveva già dato vita alle prime voci su un suo imminente abbandono. Nelle ultime due settimane Obama e Hagel si sono incontrati ripetutamente dietro le quinte per discutere il cambio della guardia: Hagel rimarrà in carica fino alla conferma di un successore.
I nomi in corsa hanno caratteristiche diverse dal ministro uscente. Vantano tutti esperienza governativa e spesso sembrano riscuotere il sostegno di entrambi i partiti. Tra i favoriti c’è Michele Flournoy, ex sottosegretario alla Difesa e braccio destro del leader democratico centrista Leon Panetta, che diventerebbe la prima donna al vertice del Pentagono. In lizza è anche Ashton Carter, ex vicesegretario alla Difesa e grande esperto di budget e sistemi d’arma. E l’ex senatore democratico Jack Reed del Rhode Island, ex ufficiale ed ex commando che vanta strettissimi legami con le forze armate.
Alberto Negri