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 2014  novembre 25 Martedì calendario

LA PARITÀ IMPOSSIBILE DEI SESSI È MEGLIO SE RESTI MASCHIO


Le coppie che dividono in modo tradizionale i lavori di casa hanno un’attività sessuale più frequente e appassionata di quelle anticonformiste, sostiene uno studio condotto dai sociologi della University of Washington pubblicato sull’American Sociological Review. Secondo altre ricerche invece, più lavori domestici svolgono i mariti più sesso concedono le mogli, come se ci fosse un tacito scambio fra i coniugi. Poi, si è capito che il punto non è tanto la collaborazione, che può anche essere totale ed equilibratissima, quanto piuttosto di che natura sono le attività svolte dagli uomini. Le coppie che seguono i canoni di genere per cui le mogli si occupano di cibo, pulizie, bucato mentre i mariti tengono dietro alla burocrazia, al giardino e alle auto, sembrerebbero invero avere più rapporti sessuali di quelle in cui il canone di genere non è rispettato. Come se il genere fosse un principio tuttora vigente nell’organizzazione della vita in comune perché, scrivono i sociologi di Washington, “le identità di genere che marito e moglie esprimono con le faccende di cui si occupano tutti i giorni contribuiscono a strutturare i comportamenti sessuali”.
Per la mia amica Michela i sociologi di Washington hanno ragione. Ha 34 anni, è stata sposata per cinque con un uomo che adesso ne ha 40, dal quale si è appena separata. Abitavano in campagna, sull’Appennino tosco-emiliano. «Quando ci siamo conosciuti, ero una cittadina», racconta. «Lui aveva orto, bosco, api, conigli, galline, una capra, mani ruvide e stivali». Michela ha imparato a nutrire gli animali, raccogliere frutta e ortaggi, preparare conserve e marmellate, accatastare la legna. «Lui tagliava, io accatastavo. Poi andavamo a letto e facevamo l’amore, coperti di trucioli». Dopo, lui si addormentava e lei cucinava la cena e rigovernava, lui guardava un film in tv. «Mia sorella, tipica donna in carriera, è venuta quassù in vacanza. “Non ti avrei mai creduto così sottomessa. Avete una divisione del lavoro ottocentesca”, mi ha detto». Michela, dopo qualche giorno di dubbi, ha chiesto al suo uomo di dividere le faccende domestiche. «Mi sono offerta di imparare alcuni lavori di campagna. Lui mi ha guardato storto, ma ha accettato». Risultato catastrofico. «Un intero campo di fagiolini è andato perduto. E il bagno era lurido, lui non era capace di pulirlo». Ma, quel che è peggio, in sei mesi il sesso è scomparso. Non c’è stato modo di rimediare: «Ci siamo lasciati. Ora lui è fidanzato con una vicina che va nell’orto solo per cogliere i pomodori, tiene la casa a posto e accatasta la legna. Credo di avere fatto l’errore più grave della mia vita, non ho capito che i meccanismi della sessualità non c’entrano con quello che è giusto o sbagliato».

Esther Perel, terapeuta di coppia e autrice del libro L’intelligenza erotica (Ponte alle Grazie) fa osservare che i matrimoni sono basati su buone regole sociali, e un’equa suddivisione del lavoro domestico fa parte di esse. Il guaio è che i valori che accompagnano le corrette relazioni non sono gli stessi che governano il desiderio. «Molte e molti sono eccitati a letto proprio da quello che considerano disdicevole nella vita di tutti i giorni». Gloria conferma. È un’insegnante di sostegno, ha 47 anni e, dopo un matrimonio paritario e frigido, si è innamorata di un uomo più giovane all’apice della carriera. «Viveva solo, era abituato a fare da sé. Lo guardavo caricare la lavatrice e bagnare i fiori. Sognavo che avrei voluto accoglierlo tutto sudato al ritorno dalla palestra e fare sesso sotto la doccia». Ma un dettaglio ha mantenuto acceso il suo desiderio: il modo goffo e rude con cui lui porta in tavola il cibo. «Mi butta letteralmente il piatto davanti, l’altra sera la minestra è traboccata e lui ha pulito la tovaglia con la manica. Gli sarei saltata addosso».
Se i sociologi di Washington non sbagliano, le italiane dovrebbero essere felicissime in camera da letto, visto che stando all’Ocse fanno tantissimo lavoro domestico non retribuito, più di tutte le altre europee tranne le portoghesi. E un’indagine Istat (2013) sull’uso del tempo mostra che le madri lavoratrici italiane fra i 25 e i 44 anni lavorano un’ora al giorno in più degli uomini, anche il sabato e la domenica. Lei: nove ore e 28 minuti. Lui: otto ore e 12 minuti. Certo, gli uomini sembrano collaborare di più. Invece si tratta di sfumature, e di un processo lentissimo. «Anche perché l’indice di asimmetria dei ruoli in Italia è ancora molto alto, sopra al 70 per cento», è stato il commento di Linda Laura Sabbadini, responsabile delle indagini sociali dell’Istat e pioniera delle indagini statistiche di genere.

L’Ocse rileva che maggiore è la percentuale di donne impiegate fuori casa e retribuite, minore è il lavoro domestico femminile. La collaborazione maschile aumenta soprattutto nelle giovani generazioni, e ciò che lei non fa viene affidato in parte al partner e in parte a servizi esterni, ovvero subentra un aiuto privato oppure (dove c’è) il welfare. Per spiegare il fenomeno, gli economisti usano il concetto di potere contrattuale nella coppia: via via che cresce il potere economico femminile, aumenta anche quello da esercitare nella divisione del lavoro in famiglia, che invece nei sistemi tradizionali resta appannaggio esclusivo (e non retribuito) delle donne. Eppure alcune fanno resistenza a questo cambiamento, più o meno inconsciamente. Giovanna ha 43 anni, possiede due boutique a Roma, lavora come una pazza, ha due bambini e un marito restauratore. «Un artista, un uomo evoluto, aiuta tantissimo. Sono contenta se si occupa dei figli, ma non mi piace se fa i lavori domestici. Quelli preferisco tenerli per me. Li fa male, o non come voglio io. Allora divento aggressiva, e litighiamo. E pensare che l’ho sposato perché era così dolce e fantasioso». Molte prediligono gli uomini con l’aspirapolvere, ma con il tempo maturano una grande nostalgia di un partner più ruvido. Succede anche ai maschi affascinati da ragazze sicure di sé e molto prese dal lavoro: «Mia moglie era un carro armato, guadagnava soldi a palate. Ma a letto non riuscivo a rilassarmi. Sentivo il desiderio di una donna che si occupasse della casa, non di una che ordinasse cibo cinese tutte le sere e si stravaccasse sul divano. Adesso sto con una trentenne che lavora part-time, non mi permette nemmeno di lavare i piatti», confessa Valerio, un avvocato genovese di 43 anni, divorziato. Aggiunge che si rende conto di avere «un inconscio reazionario», e se ne vergogna. Ma il sesso è governato da questioni emotive, che non si razionalizzano né si ammodernano con la bacchetta magica. Gli studiosi dicono che anche molte donne stentano ad abbandonare del tutto “la struttura del potere contrattuale della famiglia tradizionale”, ovvero il controllo della sfera privata. Forse ci vorranno molte generazioni perché questo terreno non sia oggetto di conflitti interiori ed esteriori. Intanto le italiane, respinte dalla sfera pubblica per la crisi dell’occupazione, rischiano di riversare le loro ambizioni nell’essere supermamme e supercasalinghe. Lavorano molte ore, ma in ambiti che non accrescono indipendenza e autonomia. In compenso le case sono pulitissime, i bambini seguitissimi, il Paese va a rotoli e le donne non hanno ugualmente tempo per sé, proprio come se fossero le manager di una multinazionale.