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 2014  novembre 25 Martedì calendario

La Teoria del tutto ovvero l’incredibile vita dell’astrofisico britannico Stephen Hawking in un film. Dalla storia d’amore con Jane fino alla sedia a rotelle, passando ovviamente per la scienza


Contro la malattia, contro l’annientamento fisico, contro ogni prevedibile reazione umana. La parabola esistenziale di Stephen Hawking è tutta racchiusa in un semplice, banale detto comune «finché c’è vita c’è speranza», pronunciato dal protagonista della Teoria del tutto, poco prima dei titoli di coda del film. Una verità inconfutabile, dimostrata nell’arco di un’esistenza straordinaria. Quasi quasi, nella trasposizione cinematografica, il valore delle scoperte scientifiche del protagonista viene dopo. Alla fine della sua storia, ricostruita dal regista James Marsh sulla base del libro della moglie Jane, Travelling to infinity: my life with Stephen Hawking, si ha come l’impressione che gli studi, le ricerche, i risultati di fondamentale importanza, restino in secondo piano. Prima il miracolo dell’esistenza, poi quello della scienza. Prima la felicità in una vita di sofferenza, poi l’incredibile intuizione sui buchi neri e sull’origine del tempo. Per raccontare tutto questo, in un classico biopic da grande pubblico, ci voleva prima di tutto una prospettiva: «Sono stato subito colpito – ha spiegato il regista – dall’approccio dello sceneggiatore Anthony McCarten che, per ricostruire la vicenda, ha trovato un punto di vista sorprendente, una donna che si è innamorata di un ragazzo in buona salute e ha poi scelto di restargli accanto anche dopo aver saputo che era affetto da una malattia terminale».

Nei panni di Hawking, in un’interpretazione da manuale, c’è Eddie Redmayne, attore molto amato e lanciato (lo vedremo anche nel prossimo film dei fratelli Wachowski), qui nella classica prova da statuetta. Al suo fianco, in quello della moglie Jane, Felicity Jones: «La storia scritta da Anthony è toccante e originale, mostra che cosa possa significare vivere accanto a qualcuno che è allo stesso tempo disabile e geniale, e quanto questo abbia pesato sulla carriera di lei, sulla sua vita di moglie e di madre». 
Tutto inizia all’alba degli Anni 60, nella felice stagione degli studi a Cambridge, quando Hawking è solo un ragazzo un po’ più timido e imbranato degli altri, grandi occhialoni, ciuffo indomabile. Con Jane è subito colpo di fulmine, lei è una brava ragazza immersa negli studi di letteratura spagnola, lui uno studente geniale che risolve equazioni tra lo stupore degli insegnanti. Con il ballo di maggio arriva il primo bacio, i fuochi d’artificio, l’emozione di due anime che si intendono subito nel profondo. L’incanto si spezza poco dopo, quando Stephen, dopo una brutta caduta, scopre di essere affetto da una malattia terminale: «La sua aspettativa di vita – dice medico che lo visita – è di due anni». Stephen reagisce chiudendosi in se stesso, Jane non si dà per vinta e quella profezia terribile è smentita nei fatti, giorno dopo giorno. Con il matrimonio, con i tre figli, con i parenti della coppia che imparano a resistere alla disperazione: «Siamo – ripete tenacemente Jane – una famiglia normale». Non importa che Stephen sia costretto a scendere le scale scivolandoci sopra con tutto il corpo, non importa che, a poco a poco, perda la capacità di mangiare da solo, e nemmeno che, con l’aggravarsi del male, non riesca più a parlare. Contano, invece, i suoi, sorrisi obliqui, la sua ironia, i bambini cresciuti giocando con la sua sedia a rotelle: «Guarda che cosa abbiamo fatto» dice alla moglie dopo essere stato ricevuto dalla Regina d’Inghilterra.
Il fisico Stephen Hawking, che oggi ha 72 anni, ha visto il film e lo ha apprezzato. Come dire che Redmayne ha già in tasca il passaporto per l’Oscar.