
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Qualche mese fa, Peter Jackson, giudice dell’Alta Corte londinese, s’è trovato di fronte a questo dilemma: una ragazzina di 14 anni, di cui conosciamo solo le iniziali - JS -, malata di cancro e senza speranza di sopravvivere al male, voleva essere sottoposta al processo detto «criogenesi». In parole molto povere: farsi surgelare appena morti con la speranza di rinascere fra tre-quattro secoli. La legge inglese non consente che a 14 anni si faccia testamento o si prendano decisioni relative al proprio corpo. Così il giudice Jackson, per decidere che cosa fare, ha interrogato il padre e la madre, separati da un pezzo e non in armonia. La bambina JS non vedeva il padre da sei anni e non intendeva incontrarlo prima di morire. Il padre disse di no alla criogenesi, la madre disse di sì. Il ragionamento del padre era questo: anche ammesso che tra 400 anni sia possibile tornare in vita, di che vita si tratterebbe, in un paese sconosciuto, soli, privi di mezzi? Inoltre ci volevano 200 mila dollari, somma necessaria per portare la salma nella sede della Alcor (Scottsdale, Arizona) e lì dar luogo all’intervento e coprire i costi della conservazione. Né il padre né la madre avevano questi 200 mila dollari, ma si fece avanti un’associazione di beneficienza, e mise a disposizione il capitale. Il giudice Jackson andò a trovare JS in ospedale e restò «toccato dall’animo coraggioso con cui ha affrontato la sua sorte». Il padre, alla fine, si lasciò persuadere. La ragazzina JS scrisse al giudice Jackson una lunga lettera in cui pregava di non essere seppellita, e che le si desse la speranza di poter vivere ancora. Il giudice JS diede alla fine il permesso. JS morì il mese scorso. Il suo corpo venne trattato per la criogenesi dai medici dell’ospedale in cui si trovava (benché scotendo il capo, erano in genere contrari a quella fantasia) e quindi portato in America. La notizia s’è saputa ieri, e in Gran Bretagna vi sono grandi discussioni. Se a tutti venisse in mente di sottoporsi a una procedura simile? Nella morte non è insita una profonda giustizia, che impone il ricambio delle generazioni e, almeno all’ultimo istante, ci fa tutti uguali? Sono ragionamenti che son capaci di fare anche i laici. Ma chi crede in Dio vede in questo anche una profonda offesa alla volontà del Creatore, e infatti in Inghilterra le associazioni religiose hanno protestato per ciò che è stato concesso a JS.
• La scienza?
Secondo alcuni in futuro dovrebbe essere possibile scaricare su computer memoria e coscienza e ricaricarla dopo il risveglio. Altri non ci credono. È naturalmente piuttosto incredibile l’ipotesi che sottende il tutto, e cioè che si possa tornare in vita dopo morti.
• Già, come sarebbe possibile?
In Italia c’è un avvocato friulano, assolutamente certo che la faccenda sia possibile. Si chiama Vitto Claut, ha 61 anni, è andato in America a visitare la sede della Alcor, ha chiesto di essere messo in lista, quelli sulle prime si sono rifiutati, poi lo hanno sottoposto a una visita medica piuttosto approfondita e lo hanno accettato. La cosa s’è svolta nel 2005 e il prezzo era più basso di adesso, circa 175 mila dollari. Claut ha visto anche il telwar, la cisterna in cui sono conservati i cadaveri. Ma i cadaveri non glieli hanno fatto vedere. In internet gira la leggenda che tra i 150 corpi conservati là dentro ci sia anche quello di Walt Disney. Ma non può essere vero: Disney è morto nel 1966, la Alcor è nata nel 1972.
• In che modo avviene questa crioconservazione?
Facciamocelo spiegare dallo stesso Claut: «Entro due minuti dalla morte cerebrale la mia testa viene portata a una temperatura di meno 96 gradi, altrimenti le cellule del cervello iniziano a decomporsi. Entro sei ore dalla morte mi tolgono tutto il sangue e lo mettono in una ampolla vicino al mio corpo. Al posto del sangue mi iniettano azoto. Poi il corpo viene abbattuto a una temperatura di meno 196 gradi. E finisco nel telwar, a testa in giù».
• Mamma mia.
Non è l’unico sistema. Se si vuole risparmiare, si possono pagare 80 mila dollari e conservare solo il cervello. Lo si mantiene nel suo luogo naturale, il cranio, tagliando la testa all’altezza della settima vertebra cervicale. Anche qui, c’è un’ipotesi sottintesa: che dopo aver resuscitato il cervello, si trovi un corpo su cui riattaccare il capo.
• Lei si farebbe ibernare a questo modo?
Non adoperi la parola «ibernazione» che è una procedura completamente diversa. Come spiega Matteo Cerri, neurofisiologo dell’Università di Bologna, «mentre la crioconservazione prevede il blocco di qualsiasi funzione fisiologica dell’organismo, l’ibernazione non è altro che un drastico abbassamento del metabolismo corporeo con la conseguente riduzione della temperatura. In altre parole, il consumo energetico si riduce quasi a zero e le funzioni vitali sono rallentate al minimo». Si tratta in pratica di un letargo indotto durante il quale i medici potrebbero tentare di riparare, per esempio, i danni provocati da un ictus. Per ora si riesce ad abbassare la temperatura del corpo fino a 34°, e invece bisognerebbe riuscire a portarla fino a 20°. Ma, per rispondere alla sua domanda: no, non mi farei ibernare. Quando arriva il momento, è giusto togliere il disturbo.
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