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 2016  novembre 19 Sabato calendario

L’amaca di Michele Serra

TUTTO è relativo. Se confrontate le freddure sui calabresi di Magalli (conduttore televisivo) o gli improperi sulla Bindi di De Luca (conduttore della Campania) con il linguaggio medio delle chat, vedrete che potrebbe andare anche peggio. Date una scorsa alle centinaia di commenti online sulla vicenda palermitana dei Cinquestelle e avrete una buona campionatura della Grande Bettola che è diventato il linguaggio politico corrente: bava alla bocca, sintassi incespicante e una progressione frenetica di “ve lo spiego io” che non lascia tempo ai pensieri e ha il solo scopo di presidiare lo spazio il più in fretta possibile e far sapere agli altri che “io sono io, voi non siete niente”. Migliaia, milioni di marchesi del Grillo digitanti. 
 Il problema è che quando un argine si rompe, si rompe. E il muro del politicamente corretto, in fin dei conti correlato con l’antica consuetudine del parlare educato, è in briciole ovunque: nella sedicente Polis così come nel suburbio. Che lo sia perché era troppo rigido o troppo ipocrita o troppo legato a forme di galateo datate, non saprei; comunque è una diga che non riusciva più a contenere il ribollente magma del malumore, della smania patologica di farsi notare e neppure (soprattutto) l’accelerazione forsennata della parola scritta. La parola è imbizzarrita, fuori controllo, sbanda e incespica come i tori di Pamplona. Più che redarguire e offendersi, credo che la cosa migliore sia scansarsi, in attesa di tempi migliori (?).