Elisabetta Muritti, D, la Repubblica 19/11/2016, 19 novembre 2016
SENZA FEDE
Un recente editoriale Time, scritto dalla giornalista newyorkese Susanna Schrobsdorff, tocca il cuore con malizia. Schrobsdorff è una bella signora benestante che, come altre, pratica yoga e una “bontà” confortevole e laica. Un giorno ha un’illuminazione: è nella sua classe, circondata da coetanee coperte di Lycra e tatuaggi che cantano mantra in sanscrito. Se va avanti così, capisce, le capiterà di svegliarsi in un ashram indiano solo tra gente di Brooklyn e della Silicon Valley. Capisce anche di stare sulla cresta dell’onda, non per lo yoga e tutto il resto, ma perché è diventata una perfetta Nones, come dicono gli anglosassoni. E cioè una neoagnostica contemporanea, che non frequenta nessuna chiesa, non cerca e non nega nessun Dio, e di quando in quando sente dentro un vuoto da riempire. Con un mantra? Meglio una fede o qualcosa di simile, che l’aiuti a capire perché sua madre, malata terminale, ha concluso un’esistenza scettica con una sosta nella chiesa dove da bambina ha ricevuto la prima comunione. C’è capitata davanti per caso: un’ora lì, tra i banchi vuoti con la mascherina dell’ossigeno, accanto all’anziano marito ateo. E, idealmente, ad altri 56 milioni di compatrioti Nones, molti dei quali giovani e giovanissimi (il 35% dei Millennial), calcolati l’anno scorso dal Pew Research Center, il think tank di Washington che analizza problemi e opinioni globali. Nel dettaglio, ha recentemente specificato uno studio della Duke University, i Nones, nella cui definizione (che allude all’estraneità rispetto a qualsiasi forma di culto) sono stati fatti confluire quelli che non si riconoscono in nessuna religione, gli agnostici e gli atei, oggi rappresentano già un quarto della popolazione Usa. Niente male per un paese dove il giuramento di fedeltà alla bandiera prevede la citazione “One Nation Under God” (una nazione, un Dio). «E dove persiste una società di grande religiosità, all’interno della quale c’è molta remora a dichiararsi più o meno non credenti. Una sorta di eresia rispetto a una cultura di base. Un outing interessante, che sta rivendicando un riconoscimento», ne è sicuro Franco Garelli, docente di sociologia dei processi culturali e della religione all’Università di Torino, autore del saggio Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio? (Il Mulino). Nel quale si parla di un campione di giovani Nones italiani (1.450 Millennial, tra i 18 e i 29 anni) sottoposti da Eurisko a una ricerca quantitativa, e di 144 studenti universitari romani e torinesi (ricerca qualitativa). Davvero la differenza dei Nones tra America e Italia sta tutta in un’incredulità più “rumorosa”? «Sì. I giovani da noi vivono con tranquillità in una società cattolica che prevede la presenza di credenti e diversamente-credenti. C’è una reciproca accettazione della pluralità. Una mescolanza, una normalità che non esprime esclusione», risponde Garelli. «Niente anatemi reciproci. Parrà strano, oggi, ma è forse più il voto politico che la religione o l’identità sessuale a erigere steccati e a impedire amicizie». Quanto alla malinconia dei Nones maturi, le Ms. Schrobsdorff per intenderci. Garelli parla di soluzioni per non cadere nel relativismo, di regole, e non di verità, che aiutino a trovare una legge interiore. Aggiunge: «Niente a che vedere con i giovani. Per loro si tratta di un imprinting generazionale: sono figli del pluralismo, vivono in una condizione di flusso, senza una formazione religiosa. Non sono ideologici ma sono aperti. Sembrano dei cani da tartufo in cerca di risposte».
Già, risposte. I Nones americani sono velocemente diventati dei consumatori speciali, diversi dai Somes (che, appunto, hanno un qualche punto di riferimento religioso). The New Spirituality Report, appena stilato da Protein Os, piattaforma online di marketing innovativo, annota comportamenti in cerca di un appagamento interiore e identità soffocate da troppe informazioni. E cita spiritualità vecchie e nuove, sempre più remunerative, sempre più simili ad app per l’anima e sempre meno a set completi di dottrine precostituite. Dal cibo organico ai ritiri amazzonici dove bere l’infuso di ayahuasca, dal turismo estremo all’agricoltura ancestrale, dai brand che sprigionano affezione alla comunità di quartiere. Meno prosaicamente, il saggista Donald E. Miller, professore di religione all’University of California, parla di una “distruzione creativa” delle chiese mainstream a favore di esperimenti inediti di ritualità, filantropia e socialità (parola d’ordine: SBNR, spiritual but not religious), come l’adesione al movimento Blacklivesmatter o il volontariato presso una Laundry Love, la catena, nata tra Los Angeles e Santa Barbara, di lavanderie che si occupano di “ripulire” e dare quindi un’opportunità a barboni, poveri e senzatetto. Gli SBNR più giovani, altrimenti detti esponenti dell’attualissima Liminal Christianity, sorta di cristianesimo subliminale, sono peraltro ben rappresentati da un vecchio presunto campione dell’ateismo, Bernie Sanders, che ha confessato di mescolare un’assoluta indifferenza verso le dottrine con un forte sentimento di religiosità.
In sintonia un’altra recente ricerca italiana, Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, realizzata dall’Istituto Toniolo in collaborazione con l’università Cattolica e curata da Paola Bignardi e Rita Bichi: 150 nati tra il 1982 e il 2000, gran parte dei quali stima papa Francesco, hanno dichiarato di non aver messo più piede in chiesa dopo la Cresima, e di non volercelo mettere per il momento, ma non per questo di non percepire il valore etico e solidale del cristianesimo. «La spiritualità dei Nones è molto personale e cerca sbocchi in ogni altrove, anche negli stili di vita, nello sviluppo sostenibile, nel rapporto con la natura. E mossa dai dilemmi della bioetica, dal significato della vita e della morte. È potenzialmente un grande capitale umano: perché la modernità avanzata lascia spazi di significato e una serie di tensioni nella coscienza individuale e collettiva», racconta Franco Garelli. Che per quanto riguarda l’Italia e le sue avanguardie scettiche parla di una “secolarizzazione dolce”: 28% di giovani Nones, e la percentuale è in continua crescita. Dal canto suo l’Istat calcola che oggi un italiano su 5, indipendentemente dall’età, non è interessato a precetti e sacramenti, in linea con quanto avviene in Spagna e Portogallo. Ancora più alto, tra i più alti dell’Occidente, il numero dei Nones Millennial dell’Europa del Nord, della Francia, del Regno Unito, dell’Australia.
Riflette Nicla Vassallo, docente di filosofia teoretica dell’Università di Genova: «Premetto, io non credo nelle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, il cui carattere distintivo è per me la filosofia post-socratica, e cioè il dialogo ragionato e relazionale. E non credo neanche nella fioritura dei Nones. Semmai penso che, visto che questo senso della relazione oggi si è perso, stiano solo dilagando la mentalità dell’anima fai-da-te e la fatica di mescolare ragione e fede. Lo dimostra il successo, direi il business, delle chiese-sette e di visioni più accessibili del credo. Detto questo, i ragazzi di oggi sono veramente diversi da com’erano i loro coetanei che oggi hanno solo 5 o 6 anni di più. Hanno aperto gli occhi su un certo tipo di rigidità, sull’arrivismo a tutti i costi. Cercano valori solidi e, non trovandoli nella società – peccato, ce ne sarebbero tanti da sviluppare! – puntano verso l’alto. Lo fanno col dovuto sospetto, interrogandosi molto. Sanno che a loro viene offerto poco: e allora mettono il loro spirito on-the-road. Di bello hanno che lo ammettono». Elizabeth Drescher, docente di storia delle religioni alla Santa Clara University (California) e autrice del saggio Choosing Our Religion: The Spiritual Lives of America’s Nones (Oxford University Press) ha intervistato un diciannovenne impegnato nella ricerca di pozzi potabili in Africa: il quale le ha detto a muso duro che lui dei miracoli di Gesù non sa che farsene, che non gli interessa salvarsi l’anima, vuole solo salvare il mondo. Di fronte a tanta agnostica celestialità, gli atei Usa, quelli militanti, si stanno infastidendo. Basta spiritualità “bianca”, istruita, benestante, progressista. Arriva l’ora dei Black Nonbelievers e del Black Skeptics Group, arriva il femminismo dell’Atheist Alliance International (le donne più guadagnano e meno pregano). Occorrono dei distinguo: un conto è se sei un Nones soddisfatto, un altro è se sei un povero ateo discriminato, e guai se lo dici in giro. Al confronto, il movimento degli “sbattezzati” italiani dell’Uaar (Unione atei, agnostici e razionalisti), con i loro moduli scaricabili online per richiedere al parroco la cancellazione del proprio battesimo, è un refolo di innocente libertà intellettuale.