
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci si meraviglia del fatto che gli assassini di Dacca siano tutti di buoni famiglia, e si dimentica che erano tutti di buona famiglia quelli delle Brigate Rosse che ancora scrivono libri per spiegarci il mondo (a quel tempo le loro mamme adoranti rispondevano al telefono per loro, e magari li difendevano dai disturbatori con la frase sommessa: «Marco sta riposando...» - , e sono tutti di famiglia per lo meno media la maggior parte degli shahid cioè quelli che si fanno saltare per aria nei mercati o in altri luoghi affollati. Erano quindi di buona famiglia anche questi, anche perché bisogna aver studiato un minimo per andare su internet e lasciarsi indottrinare, e anche per preparare un piano. Per esempio quelli di Dacca, chiunque siano davvero, avranno discusso coltamente per scegliere il ristorante della zona diplomatica della città, e poi avranno fatto dei sopralluoghi, andando a cena sul posto e vestendo nel modo giusto. Per quanto mi riguarda, nessuna meraviglia: erano di buona famiglia e ci avrei giurato.
• Ho sentito che uno di questi girava in Ferrari.
No, non girava in Ferrari, indossava una maglietta con il marchio Ferrari. Si tratta di Nibras Islam, attualmente cadavere, che aveva postato un video sul suo profilo twitter. In questo video lo si vede stringere la mano a Shraddha Kapoor, starlette di Bollywood, compiacendosi della sua bellezza. Buon inglese, ha questa maglietta nera col marchio Ferrari. In un altro video, sta in macchina, seduto dietro, scherza. Su Facebook, il profilo informa di studi alla Monash University di Malaysia e alla Northsouth del Bangladesh. Da gennaio era sparito. Anche gli altri componenti del commando appartengono alla medesima categoria di figli di papà. Il ministro dell’Interno, Asaduzzaman Khan, a domanda risponde: «Essere estremisti è una moda». Credibile anche questo. L’agenzia dell’Isis Amaq ha diffuso una foto di cinque dei sette assassini. Berretto bianco e rosso, secondo una vecchia disposizione di Al Mansur, abito nero, sullo sfondo la bandiera nera dell’Isis con la scritta «Non c’è altro Dio al di fuori di Allah».
• Come si chiama l’unico sopravvissuto?
Le autorità del posto non lo fanno sapere. Nonostante i comunicati e il solito can can mediatico, gli inquirenti di Dacca sono convinti che l’Isis non c’entri e che non c’entri neanche al Qaeda. Secondo loro si tratta di terroristi locali manovrati dal Pakistan in combutta col partito d’opposizione bengalese. Il gruppo jihadista locale si chiama Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh. Sono fuorilegge da una decina d’anni. Pure sembra impossibile che non vi sia una strategia più ampia di quella che potrebbe concepire una formazione locale (o tante formazioni locali). Dal settembre 2015 a oggi, in Bangladesh, vi sono stati 24 attacchi con la sigla Isis, e tra questi l’agguato al nostro Cesare Tavella, ammazzato da due in moto mentre faceva jogging. Così facevano una volta le Brigate Rosse e così fanno i malavitosi che vogliono sbarazzarsi dei rivali. Dietro tutta la jihad globalizzata c’è anche la malavita, e peggio per quelli che credono si tratti di religione, come magari i disgraziati di venerdì sera.
• Che cosa possiamo dire dei nostri morti?
L’attentato ci ha fatto scoprire una realtà quasi sconosciuta, i pendolari della globalizzazione che fanno su e giù con paesi lontani per tenere i rapporti tra una qualche azienda produttrice di e le manifatture del posto. Il Bangladesh, da questo punto di vista, è un posto interessante. Crescita al tasso del 7% l’anno, secondo esportatore al mondo, dopo la Cina, di vestiti, jeans e magliette che finiscono a prezzi stracciati ovunque, settemila fabbriche, quattro milioni di addetti. I nostri - e tra questi i nove poveretti di venerdì - stanno giù per fare affari. Sono storie. Adele Puglisi, 54 anni, manager di Artsana, sarebbe partita per Catania sabato, se non fosse morta la sera prima al ristorante. In famiglia dicono che s’era stancata di tutto quel va e vieni, e presto si sarebbe ritirata a casa sua a Punta Secca, vicino a Ragusa. Claudia D’Antona, che doveva essere già tornata in Italia, ed era prudentissima, non prendeva mai il taxi, girava solo su macchine guidate da autisti di sua fiducia... E invece, è bastata una sera al ristorante. Era di Torino, la sindaca Appendino ha proclamato una giornata di lutto cittadino.
• Quando rientreranno le salme?
A Dacca è andata la nostra Unità di crisi, con membri dello staff di Renzi. Devono riportare in Italia le salme, appunto.
• L’attentato potrebbe mettere in forse i legami tra noi e il Bangladesh?
Da noi vivono 128 mila bengalesi, la seconda comunità più popolosa d’Europa. Ieri qualche giornale ha titolato robe come «Paghiamo noi i terroristi» alludendo a questi poveri morti di fame che campano malamente da noi. Mi cascano le braccia. I rapporti tra noi e loro? Noi compriamo bene da loro i jeans e le magliette, e gli vendiamo altrettanto bene i nostri macchinari tessili, per i quali siamo leader al mondo. Dopo l’attentato potrebbe esserci una fuga delle industrie? Sì, potrebbe.
(leggi)