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 2016  luglio 04 Lunedì calendario

Zaza, Pellè e gli undici metri che li hanno trasformati da calciatori in sbruffoncelli

Il ballo di Simone, la ciabatta di Graziano. La goffa rincorsa di Zaza, con il pallone tirato sulla luna. Il cucchiaio agitato da Pellè a Neuer, per poi centrare i cartelloni. Un minuto dopo l’eliminazione contro la Germania, l’Italia del bar sport aveva già i colpevoli da crocefiggere. E Thierry Henry sentenziava: «Sono i due rigori più brutti della storia». Contrordine, Nino: è proprio da questi particolari che si giudica un giocatore. Pure Bonucci e Darmian hanno fallito – l’errore del terzino è stato quello esiziale – ma loro sono andati semplicemente incontro al proprio destino. Di Zaza e Pellè non è piaciuto il contorno scenico e spavaldo. Erano la faccia pulita dei gregari, il simbolo dell’umiltà laboriosa del Meridione. Sono diventati per una sera, agli occhi dei 20 milioni di spettatori alla tv, due sbruffoncelli che volevano fare il solletico al portiere migliore del mondo. Persino la loro beata incoscienza, fin qui alimento della cavalcata azzurra, si è sciolta in apparente presunzione. Il capolavoro di Conte è stato assemblare un ingranaggio perfetto con giocatori a corto di partite internazionali e di doti individuali. Ma sui rigori contava di nuovo l’io e non il noi: e ai rigoristi azzurri sono mancati, ancora, l’esperienza e il talento. Zaza detto Follia è stato buttato dentro al 120’ solo per calciare il rigore. Lui e non De Rossi, che Conte non ha fatto scaldare mai, ma il romanista l’avrebbe tirato pure azzoppato. Zaza doveva fare una cosa sola, l’ha fatta malissimo: 18 passettini di rincorsa in cinque metri, sembrava Fred Flinstone al bowling, come ricordato dai fotomontaggi spietati del web. Sperava che Neuer si muovesse prima: non si è mosso. «Ma io la rincorsa la prendo sempre così, e in allenamento li avevo segnati. Tutta la notte non ho dormito. Mi dispiace aver deluso gli italiani, ho sbagliato il rigore più importante della mia vita. Lo porterò sempre con me, ma cercherò di riprendermi. Un episodio non cancella tutto quello che abbiamo dato». Sui social impazza la “Zaza Dance” e persino Roberto Bolle, primo ballerino della Scala, lo ha canzonato: «Propongo una sfida: ai rigori vinco io, nel ballo forse lui». Pellè è stato la rivelazione del torneo, ma poi, davanti a Neuer, ha esagerato: “Ti faccio il cucchiaio”, con gesto della mano. Lo eseguirono, senza dirlo prima, Totti nel 2000 per spegnere Van der Sar, Pirlo nel 2012 perché Hart, secondo lui, “faceva troppo il fenomeno”. Solo che Pellè non è Totti né Pirlo, e ha calciato fuori, senza cucchiaio. Le telecamere hanno inquadrato la fidanzata Viky in tribuna: “Lo sapevo!”. Graziano non è rientrato con la squadra, è volato già a Londra. Prima di partire, quasi in lacrime, ha chiarito: «Non volevo offendere Neuer, in quel momento eravamo una nazione contro l’altra e io stavo facendo di tutto per segnare il rigore. Mimando lo scavetto volevo fare in modo che restasse fermo, si muoveva troppo. Lui non ha neanche sentito, a fine gara è venuto a dirmi ‘sei un grande’». Il suo rigore, il quarto per l’Italia, è stato quello cruciale e inizialmente era destinato a Giaccherini. «Conte ha chiesto chi se la sentiva e io ho detto che me la sentivo, purtroppo. Chiedo scusa all’Italia, a tutti quelli che mi vogliono bene, mi dispiace per loro più che per me. Ero arrivato che non sono nessuno e vado via allo stesso modo. Avessi segnato, ora sarei un fenomeno. Tornare in Italia? È un momento particolare, devo vedere, parlare...». Forse però era tutto scritto. In queste settimane, la squadra aveva ripescato una vecchia hit, Un’estate italiana, per festeggiare i successi, e Pellè si era immortalato in un video mentre cantava a squarciagola la canzone delle notti magiche. Quelle del ’90, dell’Italia di Schillaci che fece innamorare un Paese. La stessa che non prendeva mai una rete, ma poi uscì. Ai rigori.