La Stampa, 4 luglio 2016
Ruth Dureghello e Noemi Di Segni: per la prima volta nella storia due donne sono contemporaneamente alla guida dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità Ebraica di Roma
È un segno del tempo. Le donne avanzano e conquistano i vertici delle istituzioni ebraiche, locali e nazionale, rimarcando i loro diritti e portando la voce al femminile come protagonista. Ieri Noemi Di Segni è stata eletta Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Lei, 47 anni, nata a Gerusalemme (romana di adozione), sposata con tre figli, viene dal gruppo “Binah” (in ebraico conoscenza, intelligenza, saggezza), fondato nel 2012, che ha fatto della voce al femminile il suo cavallo di battaglia.
Di Segni, già assessore al bilancio dell’Unione nella precedente consiliatura, coglie l’eredità della prima donna presidente della stessa istituzione, Tullia Zevi, che ricoprì quel ruolo dal 1983 al 1998 e che firmò la storica intesa tra le comunità ebraiche e l’Italia nel 1987. «Tullia Zevi è una figura alla quale ispirarsi – dice Di Segni -, nel suo rigore dell’ebraismo e nel dialogo che teneva vivo con la società civile. Mi viene in mente il suo ritratto più noto, in cui la sua schiena dritta è come se rappresentasse l’orgoglio dell’ebraismo italiano. Ma per me l’eredità è anche quella di Renzo Gattegna, e del suo operato straordinario di questi 10 anni».
E per la prima volta nella storia due donne si ritrovano alla guida, contemporaneamente, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità Ebraica di Roma, quest’ultima presieduta dal 2015 da Ruth Dureghello, 50 anni, sposata e madre di due figli, con una laurea in Giurisprudenza. Dureghello, anche lei consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, prima di prendere il timone della Comunità Ebraica più numerosa, è stata assessore alle scuole per due mandati con il gruppo “Per Israele” politicamente distante da “Binah”.
Sul nuovo ruolo delle donne alla guida delle istituzioni ebraiche italiane però le presidenti, rivali in politica, offrono una visione simile. «Le comunità ebraiche e i loro governi sono stati poco frequentati da donne – dice Di Segni -. Oggi invece vince l’idea che la donna debba estendere le sue capacità oltre che dalla famiglia al lavoro, anche nella vita comunitaria, che riassume se vogliamo i primi due ambiti, perché si mettono le proprie competenze, volontariamente, a disposizione delle comunità». Una novità, forse, ma la tradizione ebraica è costellata di storie di donne leader, e di alleanze tra loro. «Quello tra Ruth e Noemi è un incontro preannunciato», dice la neo presidente dell’Unione, citando l’esempio biblico del Libro di Ruth, in cui si racconta la storia della bisnonna del Re David (Ruth), che emigra in Israele, e anche in momenti drammatici tiene indissolubile il legame con la suocera Noemi. «Nella Meghillà (rotolo, racconto) Ruth e Noemi sono due figure molto vicine e legatissime», conclude Di Segni. Un tandem preannunciato? Anche la presidente Dureghello, che ha voluto quattro donne nella sua giunta, coglie la novità della donna presidente: «A noi donne si chiede di mettere a disposizione le nostre competenze per la collettività».