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 2016  luglio 04 Lunedì calendario

Juno, così l’Italia e gli Usa si sono uniti per spiegare le origini del sistema solare e quindi anche la genesi della Terra

Giove non è per tutti. È il più grande, complicato e pericoloso pianeta del sistema solare, dove possiamo mandare solo sonde resistenti, in grado di raccogliere dati precisi, nel corso di brevi incontri ravvicinati. Satelliti che devono passare indenni attraverso il potente campo magnetico del pianeta e le tempeste gassose che ne sconvolgono l’atmosfera, sottoposta ad una pioggia di particelle impazzite ad alta energia. Queste sono solo alcune delle difficoltà di «Juno», una missione storica che vede ancora una volta Nasa e Asi insieme alla ricerca di informazioni fondamentali per spiegare le origini del sistema solare e quindi anche la genesi della Terra. 
Tra poche ore, quando la sonda si inserirà in un’orbita ellittica intorno a Giove, scopriremo se resisterà all’incontro ravvicinato con il gigante del sistema solare. Con un gusto Hollywoodiano per il trailer cinematografico è stato lo stesso capo della missione Nasa, Scott Bolton, a spiegare la filosofia della storica missione, che non a caso coincide con i festeggiamenti per l’Indipendenza degli Usa: «Get the data and get out», ha detto Bolton, riferendosi al terribile ambiente dove «Juno» opererà. Woody Allen avrebbe detto «Prendi i soldi e scappa». 
Ma come funzionerà questa «rapina scientifica» a 590 milioni di km dalla Terra? Nei suoi passaggi la sonda si avvicinerà a Giove all’altezza del Polo Nord per scendere poi rapidamente attraverso le fasce cariche di radiazioni, spingersi verso il Polo Sud, infine, a una distanza di soli 4184 km dal pianeta. Al di sotto delle nubi gioviane «Juno» troverà uno strato di idrogeno ad altissima pressione che agisce come conduttore elettrico. Si pensa che la rotazione veloce di Giove, combinata con gli effetti prodotti dall’idrogeno metallico, generi un potente campo magnetico attorno al pianeta, 20 mila volte più potente di quello terrestre, con elettroni, protoni e ioni che viaggiano quasi alla velocità della luce intrappolati al suo interno. In effetti «Juno» sta per incontrare un vero e proprio mostro del Sistema Solare, composto per i tre quarti da idrogeno allo stato liquido, circondato da un’atmosfera spessa e densa di idrogeno, elio e metano. La sua massa è 318 volte quella terrestre e la sua forza di gravità è tale da influenzare perfino le orbite dei pianeti vicini. La temperatura al centro del pianeta è molte volte più calda che sulla superficie del Sole e la pressione è decine di milioni di volte quella dell’atmosfera terrestre. 
«Juno» è quindi una grande sfida scientifica e tecnologica, a cui l’Italia partecipa con due strumenti all’avanguardia: «KaT», un esperimento di radioscienza che scruterà l’interno profondo di Giove, e il fondamentale «Jiram», una camera ad alta risoluzione all’infrarosso che fa anche spettrometria, realizzata da Leonardo Finmeccanica, con il «principal investigator» di Inaf, Alberto Adriani.
C’è un’altra grande sollecitazione a cui dovrà resistere «Juno»: è la radiazione di particelle cariche presente nelle vicinanze di Giove, l’analogo delle fasce di van Allen, ma più intense. Per capire: se sulla Terra siamo esposti a un terzo di «Rad»/anno («Radiation absorbed dose») e sulla Stazione Spaziale siamo esposti a 100 volte tanto, nell’arco della missione la sonda verrà esposta a 20 milioni di «Rad». Nessuna sonda è stata mai esposta a una tale quantità di radiazioni. 
Questa missione fa parte di una collaborazione per l’esplorazione e la scienza spaziale che lega sin dagli Anni 60 Stati Uniti e Italia. Vorrei ricordare, oltre al progetto per la costruzione e l’utilizzazione della Stazione Spaziale Internazionale in cui l’Italia è un partner privilegiato, le principali missioni scientifiche della Nasa in cui Asi ha partecipato. Tra queste, «Cassini», «Marsis», «Sharad/Mro», «Glast/Fermi» e «Ams-2». Oltre alle missioni scientifiche congiunte, in cui la comunità italiana gioca ruoli di primissima importanza, la partnership con la Nasa ha fornito una cruciale opportunità di crescita sia delle aziende sia dei ricercatori italiani. Lavorare fianco a fianco con l’agenzia spaziale numero uno al mondo ha permesso un salto di qualità immenso per il sistema-Paese. Si tratta di un guadagno sia per la capacità tecnologica sia per il nostro capitale umano. E la missione «Juno» non è certo l’ultimo capitolo di questa fondamentale collaborazione.