
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Dacca (Bangladesh) sono morti nove italiani. Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’Allestro, Maria Riboli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli, Simona Monti. All’Holey Artisan Bakery il cuoco è italiano, si chiama Jacopo «Jaco» Bioni, 34 anni, di Verona. S’è salvato perché al momento dell’assalto è riuscito in qualche modo a fuggire sui tetti. Un altro italiano che l’ha scampata è Gianni Boschetti, grossista di abbigliamento. È uscito un momento in giardino per telefonare, nel frattempo è arrivato il commando di assassini e gli hanno ammazzato la moglie e il cliente che aveva invitato a cena. Il direttore delle operazioni militari dell’Esercito, generale Nayeem Ashfaq Chowdhury, ha specificato: «Abbiamo recuperato venti corpi. La maggior parte con brutali ferite da arma da taglio. Probabilmente machete». Poi la premier Sheikh Hasina ha spiegato: «Uno dei terroristi è stato catturato, ferito e portato in ospedale. Altri sei sono stati uccisi. Siamo stati in grado di salvare 13 persone e non abbiamo potuto salvarne altre». Un testimone ha raccontato che i sette terroristi (se non sono otto) chiedevano ai clienti di recitare dei passi del Corano. Chi sapeva rispondere era salvo. Chi non sapeva rispondere, veniva fatto a pezzi a colpi di machete. I giapponesi hanno avuto sette morti. Le altre vittime straniere venivano dall’Argentina e da Ceylon. I bengalesi trucidati sono due. L’Holey Artisan Bakery è frequentato soprattutto da stranieri, e specialmente da italiani. La nostra ambasciata è a trecento metri.
• Questo dovrebbe significare qualcosa.
Andando a far massacri in un ristorante frequentato da stranieri, ci si garantisce una copertura internazionale del fatto. Vedo all’orizzonte problemi simili a quelli che avevamo noi all’epoca delle Brigate Rosse. L’Isis, che ha rivendicato subito la strage, ha assoluto bisogno della collaborazione dei media, i quali ampliando con i loro resoconti l’area dell’orrore, confermano ai musulmani che ci credono la forza del Califfo e tengono nel terrore il maggior numero possibile di paesi. L’aeroporto di Istanbul, il ristorante di Dacca...
• È però anche la controprova che sul terreno della guerra combattuta stanno perdendo.
Sì. La capitale del Califfato in Siria, Raqqa, è assediata dalle milizie curde, dai reparti di Bashar Assad e dai guerriglieri sunniti appoggiati da Usa, Arabia Saudita e paesi del Golfo. In Iraq, dopo Tikrit e Ramadi, gli islamisti hanno ormai perso il controllo di Fallujia. A Bagdad, negli ultimi giorni, sono stati uccisi almeno 300 uomini di Al Baghdadi. A Sirte (Libia) è questione di una settimana: la città sta per cadere nelle mani delle milizie di Misurata e del governo di Tripoli. Si prevede un bagno di sangue, con 300-700 tra i migliori combattenti del Califfato destinati a soccombere. La risposta di Al Baghdadi è nota, e la tragedia di venerdì sera a Dacca la conferma: da un lato spostarsi verso il deserto e i grandi laghi di Al Anbar. Dall’altro, riprendere con maggiore intensità le azioni terroristiche nel mondo.
• E per questo hanno bisogno dei media.
Negli anni Settanta, a un certo punto, i quotidiani tentarono un accordo per non parlare più delle Brigate Rosse, qualunque cosa combinassero. Non se ne fece niente, ma il bisogno di comunicare dei terroristi era evidente. Situazione analoga adesso: se gli organi di informazione di tutto il mondo s’accordassero per tacere sempre, per il Califfo sarebbe la fine. Naturalmente è uno scenario irrealizzabile. Però potrebbe succedere questo: che a forza di moltiplicare gli attentati, gli attentati stessi finiscano per esaurire il loro impatto emotivo. È come quando si ripete ininterrotamente la stessa parola: a un certo punto non si sa più che cosa significa. Cioè, per praticare in modo significativo il terrorismo diffuso, bisogna alzare di continuo la posta, perché l’assalto al ristorante di sette terroristi, se ripetuto all’infinito, nonostante i venti morti smetterà di fare notizia.
• Che cos’è il Bangladesh?
Uno stato ficcato in mezzo all’India e affacciato sul golfo del Bengala. Al 90% sono musulmani. Votano, hanno il parlamento, ma, insomma, si direbbe una democrazia in bilico. Su una superfichie che è la metà di quella italiana, abita il triplo della popolazione (160 milioni) per tre quarti distribuita nelle campagne. Ma Dacca ha 14 milioni di abitanti. A Dacca vivono 300 italiani, quasi tutti impiegati nel tessile. Il paese è in sviluppo, grazie anche alla crescita dell’India. Il terrorismo è forte.
• È qui che hanno ammazzato Cesare Tavella?
Sì, lo scorso settembre da un commando in motocicletta che gli ha sparato mentre faceva jogging. Anche quell’agguato venne rivendicato dall’Isis.
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