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 2016  luglio 03 Domenica calendario

Il tormentone dell’estate 2016 si chiama Vermut

Sarà l’estate del vermut o del gin tonic? O resisterà ancora lo spritz? Scegliere il cocktail che tirerà di più è un po’ come azzeccare il tormentone dell’estate. Il locale capace di puntarci diventa punto di riferimento. Il gin tonic attraversa un momento di grande successo. Basta guardare la bottigliera di qualunque bartender, non solo i fenomeni, per accorgersi che se non ci sono almeno 30 gin e una decina di toniche non sei nessuno. E al bancone i clienti specificano quale gin e quale tonica. Ma il boom si chiama vermut. Torino è la città dove è nato nel 1786 e dove il mito ha resistito alla crisi. E quando parliamo di crisi quella economica in questo caso non c’entra nulla. È una crisi di identità, di gusti e di sapori che ha spinto verso cocktail diversi più americani, caraibici o oggi inglesi. Oggi si assiste a un ritorno di italianità anche se il vermut, sia chiaro, non è solo una questione italiana perché se ne producono un po’ ovunque. Ma quelli italiani, anzi piemontesi, sono indiscutibilmente i migliori. 
Come è servito
Ma come verrà servito il vermut in questa estate 2016? A Torino sta prendendo piede il «vermuttino»: vermut rosso (la ricetta prevedrebbe l’Anselmo rosso con il suo sentore di pompelmo) con bitter al pompelmo e uno spruzzo di selz. «Una riscoperta del cocktail rinfrescante della tradizione torinese» spiega Michele Manzella, uno dei bartender torinesi che da anni scommette sul rilancio. Sempre con quello sguardo al passato che quando si parla di mixology è di gran moda, il vermut va alla grande anche liscio. Un consumo per palati appassionati che coinvolge sia il pubblico femminile che maschile che sembrava rimasto negli Anni 60. 
Ma la storia di questo prodotto ispirato dai vini all’assenzio è ovviamente molto più lunga e segnata da un cliente dal palato aristocratico e raffinato ed è per questo che torna protagonista oggi in linea con le pretese di un pubblico hipster alla ricerca di unicità. A tastare il polso al mercato sono anche le decine di etichette arrivate negli ultimi tre anni. Denis Zoppi, il Cracco dei bartender italiani, è ormai una star planetaria della mixology: «Gli imprenditori ci credono. Nel mondo ci sono realtà diverse. per gli Stati Uniti ad esempio è un grande valore. Perché cambi il mercato mondiale c’è bisogno che i grandi bartender creino cocktail di tendenza a base vermut». 
La ricetta 
Ma cos’è il vermut? Secondo le regole è un prodotto composto da almeno il 75% di vino aromatizzato con una gradazione non inferiore ai 14,5 gradi e questo vale sia per il bianco, che per il rosso che per il rosé. Il «Torino» ad esempio è un figlio del Moscato d’Asti e l’assenzio utilizzato deve arrivare da piante di Artemisia absinthumcoltivate in Piemonte. Ma sono dettagli perché non c’è ancora un vero progetto di tutela e le produzioni che dichiarano di metter in bottiglia un vermut classico arrivano anche dalla Polonia. Anche non va demonizzato tutto quello che arriva dall’estero perché ad esempio il tedesco «Belsazar», l’inglese «Sacred spiced» o il francese «Dubonnet» sono prodotti interessanti. Fatto sta che tutti fanno vermut. Forse è il prezzo del successo. 
E se il vermut sarà il boom dell’estate non bisogna dimenticare che anche negli anni più difficili, grazie allo straordinario lavoro di colossi come Martini o aziende più piccole ma coraggiose come Cocchi, è sempre stato protagonista sulle bottigliere di tutto il mondo. D’altra parte senza sarebbe difficile anche solo pensare cocktail come Negroni, Manhattan o Stormy Weather. Quindi alla fine è sempre stata l’estate del vermut ma mai come in questa si risentirà una frase che sembrava patrimonio dei nostri nonni: facciamoci un vermut.