Notizie tratte da: Bianca Cappello, Storia della bigiotteria italiana, Skira 2016, 160 pagine, 40 euro, 3 luglio 2016
Notizie tratte da: Bianca Cappello, Storia della bigiotteria italiana, Skira 2016, 160 pagine, 40 euroVedi Libro in gocce in scheda: 2362861Vedi Biblioteca in scheda: 2359361Parole 1 La parola bigiotteria dal vocabolo francese “bijou”, usato per indicare genericamente un gioiello
Notizie tratte da: Bianca Cappello, Storia della bigiotteria italiana, Skira 2016, 160 pagine, 40 euro
Vedi Libro in gocce in scheda: 2362861
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Parole 1 La parola bigiotteria dal vocabolo francese “bijou”, usato per indicare genericamente un gioiello.
Parole 2 L’oggetto che rientra nella produzione di bigiotteria anche definito monile, vezzo, gioia, gingillo, gioiello fantasia.
Famiglie La bigiotteria italiana è prevalentemente basata su imprese di famiglia di cui oggi molte sono alla seconda, terza o quarta generazione.
Asta Negli ultimi venti anni sono andate alll’asta molte famose collezioni di bigiotteria. Nel 1987, i bijoux de couture appartenuti a Diana Vreeland, caporedattrice di “Vogue America” dal 1963 al 1971, sono stati venduti all’asta di Sotheby’s a New York. I bijoux e i gioielli veri della scrittrice di romanzi rosa Barbara Cartland sono apparsi nell’asta di Sotheby’s di Londra nel 1995. Tra i pezzi una collana di diamanti veri del XIX secolo, che la scrittrice era solita accostare a un filo di perle a goccia di imitazione. Barbara Cartland amava mescolare il vero con il falso e diceva che, quando era in televisione, di fronte alle luci delle telecamere, i diamanti falsi davano lo stesso effetto di quelli veri. La vasta collezione della duchessa di Windsor, all’asta Sotheby’s di New York nel 1997: uno dei lotti più acclamati è stata una collana con orecchini a clip abbinati, firmata Coppola e Toppo, realizzata in Italia nel 1960, disegnata come una cascata di cristalli sfaccettati digradanti dall’azzurro pallido al blu scuro.
Alta moda Con la nascita dell’alta moda, la bigiotteria diventa complemento indispensabile: si pensi ai collari-collane di plastica trasparente con insetti policromi di Elsa Schiaparelli, alle catene dorate al collo e in vita e ai molteplici fili di perle finte di Chanel, e ancora, tra gli anni cinquanta e sessanta del Novecento, alle incessanti invenzioni in vetro di Murano: girocollo digradanti di perle di vetro a lume, di ogni forma e colore, in tinta unita o con ornamentazioni floreali oppure geometriche, con foglia d’oro o d’argento all’interno, tonde o oblunghe, con pagliuzze di rame (le avventurine, risalenti al secolo XVII), il finto corallo inventato tra il 1822 e il 1826 da Franchini, le perle giallo-oro di Giovanni Giacomuzzi (create nel 1866) e infine il falso giaietto prodotto dal 1874.
Strass La bigiotteria sembra imporsi nel secolo XVIII con l’invenzione degli strass, cristalli molto luminosi e simili ai brillanti, da parte del viennese Joseph Strasser nel 1740, utilizzati non solo su fibbie, bottoni, pettinini, ma anche su importanti parure riprodotte per evitare furti.
Ambulante 1 Nell’ultimo ventennio del XIX secolo, i fondi stanziati a seguito dell’Unità nazionale permettono la costituzione di un primo stabilimento per la produzione di bigiotteria a Casalmaggiore (Cremona), che si basa sulla lavorazione del placcato oro grazie all’intuizione di Giorgio Galluzzi, venditore ambulante di bigiotteria importata dalla Germania.
Ambulante 2 Giulio Galluzzi entra nel mondo della bigiotteria prima come rivenditore ambulante di merce proveniente dalla Germania, poi estende la sua attività alla riparazione e alla produzione di ornamenti in placcato oro. Il placcato oro, una sottile lamina metallica rivestita da una ancor più sottile lamina d’oro, è un’assoluta novità per l’Italia e per la prima volta viene realizzata da Giulio Galluzzi nel 1882, utilizzando una morsa da fabbro e un martello come laminatoio.
Belle Epoque Durante la Belle Epoque, il collo delle signore è quasi sempre coperto: sugli abiti accollati, i bijoux più usati sono le spille a cammeo, che vengono appuntate al centro del colletto a guimpe, oppure lunghe collane o sautoir, che arrivano fino sotto alla cintura incorniciando il busto, mentre, quando gli scolli sono ampi, le collane sono a strangolino, realizzate in minute conterie di vetro.
Mani di fede In epoca vittoriana e edoardiana sono di moda spille sentimentali a forma di cuore e i gimmel rings o mani di fede, anelli che riproducono due mani congiunte.
Lutto In epoca vittoriana e edoardiana anche la bigiotteria da lutto ha un sapore romantico: le spille in metallo vile smaltato di nero hanno forma di fiocchi, nodi, fiori non-ti-scordar-di-me e ghirlande di quercia, a simboleggiare la forza del legame che è stato interrotto solo in questa forma terrena.
Amuleti Nella sua forma più popolare, la bigiotteria si ispira al gioiello-amuleto riprendendo nei ciondoli le forme apotropaiche delle mani a scongiuro, il cornetto, il quadrifoglio, il ferro di cavallo, il gobbo ecc.
Cravatte La bigiotteria da uomo, oltre a qualche pendente religioso o scaramantico, comprende soprattutto le spille da cravatta poiché, tra il XIX e la prima metà del XX secolo, la cravatta è ricavata da una pezza di stoffa più grande di quelle usate attualmente e, per tenere a bada tanto tessuto, lo spillone è un ornamento funzionale in grado di sottolineare in modo elegante il nodo ben fatto.
Pietra paesina A Firenze all’inizio del Novecento vengono realizzate spille a cammeo di pietra paesina, un minerale diffuso sul territorio, di colore bruno con particolari disegni che richiamano appunto un paesaggio.
Lidel Nel 1919 Lydia De Liguoro fonda la rivista di moda “Lidel” che, in linea con i nascenti precetti del fascismo, porterà avanti, oltre a una campagna nazionalista, anche una fervente attività contro il lusso, identificato
con gli abiti e i gioielli provenienti da Parigi.
Pelle di pesce La lotta ai beni voluttuari è anche in linea con la corrente futurista che arriverà a redarre nel 1920 un Manifesto Contro il Lusso Femminile il cui concetto è già in parte contenuto in Il Vestito Antineutrale, pubblicato da Giacomo Balla nel 1913, in francese e in italiano, con l’intento di “colorare l’Italia di audacia e di rischio futurista, dare finalmente agli italiani abiti bellicosi e giocondi” e creare una moda “alla portata di tutte le borse delle belle donne, che in Italia sono legione”, realizzata con materiali poveri come gomma, carta, stagnola, canapa e pelle di pesce.
Sautoir Nel primo ventennio del Novecento, i sautoir (collane lunghe sino alla vita) sono spesso arricchiti da nappine realizzate ricamando con le conterie un piccolo sacchettino di juta, riempito di sabbia e segatura. In alternativa, si possono rivestire di conterie anche delle sagome in legno generalmente di forma sferica o ad anello. Al posto delle nappine, possono essere usate
delle perle di vetro a lume di maggiori dimensioni, generalmente a goccia. I soggetti di spille, pendenti e anelli si fanno semplici ma spiritosi e, accanto agli
uccelli esotici come tucani, pellicani e pappagalli, si rappresentano animali domestici come scottish terrier e levrieri, coniglietti e gattini. La vita quotidiana entra nella bigiotteria mostrando le nuove abitudini e i sogni degli italiani, la donna moderna è sana e sportiva e le sue spille raffigurano giocatori di golf, tenniste in gonnellino e calciatori che rincorrono il pallone.
Ferro Mentre nella moda la crociata antifrancese si muove verso la sperimentazione di nuovi tessuti italiani come la viscosa, i bijoux déco vedono l’innovativo impiego di metalli come il ferro, il nichel o il cromo.
Raggiere Con l’uscita della versione cinematografica dei Promessi Sposi, nel 1941, si assiste al ritorno degli spilloni per capelli e delle sperada o raggiere, le tipiche acconciature femminili della Lombardia nordorientale descritte da Manzoni.
Navi e pesci Sul Palazzo della Civiltà Italiana, costruito nel quartiere dell’Eur di Roma alla fine degli anni trenta, in tre righe in stampatello gli italiani sono descritti come “Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori” e proprio questi temi tornano come soggetti nelle spille, soprattutto le barche, le navi, le vele, le ancore e altri soggetti che fanno riferimento al mare come sirene e pesci.
Propaganda politica La propaganda politica entra in tutta una serie di spille il cui decoro sono i motti del duce, come “Io me ne frego”, forse una delle più celebri assieme alla parola “Pericolo”, al simbolo del fascio, al teschio, al ritratto di Mussolini e al colore nero. Questo clima politico e culturale si manifesta anche attraverso una serie di soggetti allusivi come i tralicci dell’alta tensione oppure anche la rivisitazione della falce e martello, usati dal Partito Socialista italiano fino dal 1919.
Perle di vetro Nel 1937 a Murano viene scoperto il segreto della realizzazione della misteriosa “Essenza d’Oriente”, la lacca usata per la perlatura delle perle di vetro fino ad allora gelosamente conservato dai francesi. Questa tipologia di perla è alla base del classico girocollo, sia con vaghi di uguale diametro che dégradé. La fermezza usata in questo periodo è semplice e a buon mercato, un gancino di filo metallico o un cilindretto con chiusura a vite. La produzione italiana di queste collane riscuote grande successo anche nel mercato americano e quelle destinate all’esportazione verso gli Stati Uniti vengono appositamente confezionate con una targhetta che ne riproduce la bandiera.
Plastica Durante la guerra la sperimentazione attorno alle plastiche è incentivata, poiché queste sono ritenute una valida alternativa a molti materiali pregiati. Per la produzione di bigiotteria, sono largamente usate la galalite, il rhodoid e il plexiglas, che vengono lavorati da blocco o lastra, il rodovetro usato per realizzare bracciali rigidi mentre le polveri di origine uro-feno-formaldeide e le resine cellulosiche sono ideali per lo stampaggio a caldo per produrre pietre e cammei di imitazione.
Carta, legno, piume Molti bijoux in questo periodo sono realizzati con i tessuti, con il feltro, il legno, la carta, la canapa, il galouchat (pelle di pesce), la paglia, il sughero, la terracotta, la ceramica e anche le piume.
Tuttavia il materiale più economico usato in questo periodo sono i fiori freschi, che vengono appuntati in mazzolini sui cappelli e sui colletti delle giacche. Il tema floreale è molto apprezzato e spille di fiori finti sono realizzate anche in seta, tulle, panno Lenci, piume e carta.
Dopoguerra Nell’immediato dopoguerra, l’Italia è una nazione distrutta, affamata, agricola ma con una forte voglia di tornare a vivere e le sfilate e i servizi fotografici di moda si svolgono comunque anche se a fare da
sfondo sono i cumuli di macerie e ruderi. In questi anni i bijoux sono colorati e fantasiosi, con grande utilizzo di perle veneziane e metallo dorato ma anche raffia, altra fibra vegetale, e pontova, materiale sintetico che si sostituisce pian piano alla paglia. Sui baveri dei tailleur si addicono spille eleganti e femminili con particolari leziosi come fiocchi, falsa filigrana di metallo e cabochon di vetro turchese di gusto vagamente settecentesco.
Anni Cinquanta Negli anni cinquanta al crescere del reddito delle famiglie, le spese destinate ai consumi “non essenziali” aumentano in misura maggiore rispetto a quelle “essenziali”. La classe emergente è schiva e conservatrice e le signore indossano di preferenza piccoli tailleur, gonne a palloncino e piccoli cappelli, che accessoriano con guanti, bottoni, cinture, calze, scarpe e soprattutto bigiotteria. In questi anni la produzione di bigiotteria è caratterizzata dal grande successo degli orecchini a mezza sfera in metallo, lanciati da Chanel, la cui superficie è movimentata da un caratteristico effetto satinato.
Collaretta Un modello in voga esclusivamente negli anni cinquanta e sessanta è la collaretta in tela leggera ricamata a mano con conterie e foderata di seta o raso, in tinta con la tonalità delle perle usate.
Conchiglie Un tipo di bigiotteria molto venduta negli anni Cinquanta è quella realizzata con materiali naturali come semi esotici, perle di legno e piccole conchiglie. Queste ultime probabilmente provengono dal mare Adriatico e sono poi forate e colorate a Bologna e infilate come conterie per realizzare bracciali, collane e orecchini, souvenir venduti nelle bancarelle e nei negozi per turisti a Venezia
Scaramazza Negli anni Sessanta Venezia propone le perle di vetro a imitazione delle pietre dure: soprattutto il turchese, il lapislazzuli, la malachite, il quarzo rosa, topazio, giada ma anche pietre inventate dai nomi fantasiosi come pompeiano, marmorino, arlecchino, scarabocchio; di forma sferica, a oliva ma più spesso “scaramazza”, ovvero caratterizzata da una forma irregolare.
Orecchini Nei primi anni del decennio, la moda impone labbra pallide, occhi enormi e capelli corti a caschetto che, lasciando liberi collo e orecchie, incrementano la produzione di orecchini e collane. Gli orecchini sono a clip con una boulle o chioccia, ornata con un filo di metallo ritorto e intrecciato in vario modo, chiamato cordellina, saldato sopra.
Maggiori produttori Nel 1963 la rivista americana “Women’s Wear Daily” riporta che i quattro maggiori produttori di bigiotteria in Italia sono Canesi, Coppola & Toppo, Luciana e Giuliano Fratti, ma sono moltissime le aziende e i laboratori attivi in questo periodo di cui a oggi sopravvive solamente il nome o poco più di una pubblicità su una rivista.
Forme spaziali Negli anni Sessanta le catene, piccole e grandi, vengono portate non solo come collane ma anche come bracciali indossati su entrambe le braccia, anche più modelli per braccio e, in inverno, persino sopra le maniche lunghe. Gli orecchini a bottone con chiusura a clip sono trasformati dalle perle di plastica in veri e propri fuochi di artificio e cascate. I colori seguono la moda e, dopo il bianco e il nero, esplodono il rosa acceso, il turchese, il giallo sole. Serie tv e film di fantascienza, come Star Trek (1966) e 2001 Odissea nello Spazio (1968), anticipano di pochissimo il primo allunaggio di Neil Armstrong (1969), influenzando decisamente la moda, i gioielli e la bigiotteria che si colorano d’argento e prendono forme spaziali e meccaniche replicando moduli in diverse scale.
Gipsy La collana lunga, stile gipsy, è la protagonista degli anni Settanta, composta di catene intervallate da elementi colorati e spesso geometrici, in materiali vari come il vetro, la plastica trasparente o colorata, ma anche con giochi di incastri, nodi, cilindri sagomati o dischi.
Chibicar In questi anni nasce Chibicar, la prima fiera di bigiotteria in Italia che sarà un punto di riferimento del mercato per molti decenni.
Mare Un filone di bigiotteria della seconda metà degli anni settanta si ispira alla nautica e al mare, rivisitando i simboli e i colori blu, rosso e bianco della Marina.
Animali Le spille degli anni settanta e ottanta sono spesse e pesanti, in fusione di ottone successivamente colorato a smalto. Spesso hanno forma di animali
come uccelli, rettili, cani, pesci ecc. In questo decennio e nel successivo gli smalti usati sono epossidici bicomponenti il cui uso è derivato dall’industria e dalle imbarcazioni.
Parure Negli anni ottanta la bigiotteria riprende la produzione, abbandonata da tempo, di parure o demi-parure sontuose e opulente, cariche di doratura, smalti, pavé di strass e grossi cristalli a imitazione delle pietre preziose.
Rosari Nasce nel 1985 il marchio Dolce&Gabbana, che reinterpreta i costumi e le tecniche tradizionali della Sicilia, proponendo una bigiotteria che richiama i gioielli dell’Ottocento italiano riscoprendo la filigrana, il micromosaico, le croci e i rosari.
Bigiottieri Alla fine del XX secolo la bigiotteria si riduce drasticamente nelle forme e nell’uso dei materiali sia come quantità che come ricchezza portando a una vera e propria decimazione dei bigiottieri.