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 2016  luglio 03 Domenica calendario

Perché i terroristi di Dacca hanno preferito la lama dei coltelli ai proiettili di un fucile

Potevano uccidere gli ostaggi con armi da fuoco, invece hanno preferito la lama, probabilmente un panga, il coltello asiatico. L’uccisione per sgozzamento corrisponde a un atto vissuto come purificatore. Tanto più se compiuto durante il Ramadan. In occasioni simili le vittime sono state fatte sdraiare sul fianco sinistro, la testa rivolta verso la qibla, la direzione della Mecca, e in quella posizione hanno subito il taglio della gola. Per i radicali questa drammatica pratica “rituale” non ha solo la funzione di sopprimere la vittima ma anche di “mondarla” dai “contaminanti abomini”. Una modalità di esecuzione che richiama, volutamente, la macellazione rituale, o il sacrificio del montone nella festa dell’Id al Kebir, secondo i testi classici da compiere “con le proprie mani”. Solo che nel Corano le vittime sacrificali sono animali e il loro sacrificio simboleggia l’assoggettamento all’obbedienza divina. Con la sostituzione della vittima animale con una vittima umana, assistiamo, invece a una drammatica torsione in cui violenza e sacro diventano inseparabili e indistinguibili. In una corsa a ritroso della storia del sacrificio che mira a eliminare l’elemento umano ritenuto perturbatore dell’ordine sociale. Sia esso uno straniero o chi, pure della stessa nazionalità, non condivide la totalizzante concezione del mondo dei sanguinari “sacrificatori”. A dimostrazione che la comunità combattente crea, sovranamente, ciò che ritiene “lecito”.